El Camino | Torniamo con la mente agli anni di Felina, agli anni di Breaking Bad. Che dir si voglia sul messaggio finale della serie, la mente ideatrice di Vince Gilligan riuscì effettivamente a mutare la sua visione in realtà: aveva inquadrato Walter White, un qualunque Mr. Chips della società odierna americana, e l’aveva trasformato nello Scarface ideale, ora capace di compiere qualsiasi atrocità in nome del riformato impero della droga. Il cammino della metanfetamina blu, tuttavia, non si chiuse con un siparietto colorato e la garanzia di un giorno migliore. Anzi, indubbiamente ci fu un solo associato, ormai inerme e ridotto a una complicità passiva, che ancora si trovava al fianco di White nella conclusione del racconto. Jesse Pinkman fu una vittima di Heisenberg, così come lo furono Gus Fring e Mike Ehrmantraut prima di lui, ma l’ironia della sorte è che Pinkman non decadde nel corpo, bensì nello spirito. Nascondendosi ogni volta dalla vita criminale, Jesse stava solo confermando a sé stesso di non volersi più amalgamare alle guerre tra i cartelli della droga, o agli omicidi efferati. Quel che voleva, in fondo, era la felicità; una ricerca della felicità che abbiamo seguito insieme al tenace Heisenberg in Breaking Bad e che, in El Camino, arriva finalmente a una conclusione, stavolta insieme a un eroe irriconoscibile.
El Camino: dove ti porta l’universo?
El Camino è sicuramente un film difficile, nei toni e nelle vicende che deve trattare. A Breaking Bad Movie non si cura infatti di spingere una nuova storia per acclimatare gli spettatori al mondo della serie televisiva originale, ma ricomincia esattamente in medias res, con il nostro barbuto Jesse Pinkman che è appena fuggito dalla gang di Jack e che si ritrova, suo malgrado, a nascondersi da una delle cacce all’uomo più tese nella storia di Albuquerque. In tutto questo, ricordiamolo, Jesse è l’unico testimone in vita e al momento è sia vittima che carnefice; risulta tale perché è ormai distaccato dal decantato regno della “Baby Blue”, ma allo stesso tempo non può slegarsi da una vita macchiata di crimini sanguinosi. La fuga di Jesse è diretta, sì, ma è anche metaforica. La genialità di Vince Gilligan in tutto ciò è che gli altri personaggi di El Camino saranno la diretta conseguenza del finale di Breaking Bad: nessuno ormai teme il giovane compagno di Heisenberg, e nessuno vuole aiutare Jesse a ritrovare la sua libertà; in un certo senso, l’intera Albuquerque è il vero nemico.
La prigionia di Jesse in El Camino non finirà con la fuga dalla banda di Jack.
Ma se Albuquerque è riuscita a farsi odiare così tanto dai suoi protagonisti, in un modo lo deve anche ai bei ricordi ai sogni infranti dei suoi criminali. Per ovvie ragioni non faremo citazioni dirette, ma El Camino contiene non solo dei rimandi, ma così tanti flashback da attentare ai sentimenti dei fan più sfegatati di Breaking Bad… nel bene e nel male. Quello che ha voluto fare Vince Gilligan nel cammino di redenzione del nostro Pinkman, in fondo, è stata l’unione degli ultimi puntini. Con certi flashback si intuiscono gli atteggiamenti dietro ad alcuni personaggi, mentre altre scene rivelano degli escamotage che Jesse dovrà sfruttare pur di fuggire dalla caccia all’uomo di Albuquerque, ma un dubbio rimane: era davvero tutto necessario? In parte sì, in parte no. Il problema di El Camino è che, rimanendo ancorato alle tonalità da serie televisiva, non riesce a intrattenere come i migliori episodi di Breaking Bad. Il paragone è inevitabile e il film, come se fosse un’icona vetusta, crolla davanti agli standard fissati negli anni scorsi dal team di Vince Gilligan. Ciò non toglie nulla alla qualità effettiva della fotografia e alla regia impeccabile di El Camino, ma rimane il tarlo dello spettatore che, tra un flashback e l’altro, non può che domandarsi come andrà a chiudersi la storia, in molte occasioni rallentato da un buco nero di ricordi e malinconia forzata.
La recitazione di ogni personaggio in El Camino è esattamente la stessa di ben 5 anni fa: identica nella forma, perfetta nella sostanza.
Ma se c’è un grande punto di forza nel lascito di Breaking Bad, così come negli ultimi episodi di Better Call Saul, è la magnifica cinematografia della serie. Ogni inquadratura di El Camino è stata ideata per trasmettere un sentimento elaborato allo spettatore, che sia il time lapse sulle autostrade del Nuovo Messico, la soggettiva sugli oggetti per regalare una nuova forma al loro movimento o altre tecniche estremamente ingegnose su alcune scene topiche del film. El Camino è gestito evidentemente dallo stesso team che ci aveva tenuti incollati allo schermo con Breaking Bad, e lo si nota andando a vedere il nome di Marshall Adams, già affermato per aver diretto la cinematografia di Vivi libero o muori. La stessa direzione viene inoltre accentuata da una colonna sonora assolutamente azzeccata, che unisce delle tracce dedicate a Jesse Pinkman con alcuni brani incisivi e unici nel loro genere. Dal già citato road trip ad alcuni sprazzi da neo-western, passando per lo stile tipico di Breaking Bad, El Camino è una lettera d’amore a tutto ciò che gli appassionati hanno visto a partire dal lontano 2008, chiudendo il cerchio narrativo ed emotivo con una cura tecnica fuori dagli schemi.
Come ogni studio della trasformazione, El Camino è l’esempio perfetto di cosa succede quando si vuole tramutare una formula da serie televisiva in un film nudo e crudo. La vicenda di chiusura di Jesse Pinkman è sicuramente utile nel grande schema di Breaking Bad, ma finisce per essere una storia dimenticabile; perfetta nella tecnica e nel racconto effettivo, ma assolutamente mediocre nel ritmo. I fan di Breaking Bad rimarranno ovviamente soddisfatti, ora consapevoli di aver visto anche il “Felina” di Jesse Pinkman, ma tutti gli altri spettatori si troveranno davanti a un film fin troppo legato al suo passato da serie, che rallenta le vicende e annoia lo spettatore e che, nel suo essere esageratamente malinconico, finisce per bloccare in più occasioni la storia di Jesse Pinkman; che sia giunta a conclusione è ovvio a tutti, ma sappiamo in cuor nostro che si sarebbe potuto far di più.