Spirit of the North Recensione

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Rilassatevi, prendetevi qualche minuto affinché possiate leggere questa storia che incontra l’elemento emotivo e spirituale duro e puro che anche i videogiochi riescono talvolta a trasmetterci. Quella di Spirit of the North è una favola che ci avvolge nei turbinii dei cristalli di ghiaccio e dei fiocchi di neve che cadono sulle terre desolate di un mondo ignoto e senza nome, aprendoci le porte a una dimensione senza nome, senza tempo, senza identità. Sono proprio queste precise scelte stilistiche imposte da Infuse Studio che ci hanno permesso di vivere un’esperienza in un mondo ovattato e dall’alto tasso esplorativo che solo gli action platformer in terza persona à la Journey ci consentono. Peccato però che Spirit of the North non sia del tutto all’altezza di un capolavoro come quello appena citato. Scopriamo insieme perché.

Segui il tuo spirito

Spirit of the North, come suggerisce il titolo, riprende la mitologia legata alla volpe e ai suoi significati per le culture norrene, senza dimenticare l’importanza attribuitale dall’ideologia giapponese. Non a caso, l’animale protagonista di questo gioco ci ricorda in parte anche il lupo bianco e dalle striature magiche e colorate in Ōkami, per quanto chiaramente il gameplay e la storia siano abbastanza divergenti tra questi due titoli. Iniziamo allora il nostro viaggio in una landa desolata e totalmente ricoperta da un manto nevoso immacolato, una coltre bianca e vergine dove le tracce della nostra volpe sono le prime ad aprire una pista, tra qualche lastra di ghiaccio, rocce imbiancate e grotte da esplorare. Questo è il primo di una serie di paesaggi naturali, selvaggi e incontaminati la cui bellezza è davvero incontrastata; dalle lande ghiacciate si passa in un attimo alla foresta contornata da pozze d’acqua da cui forti geyser ci permettono di raggiungere punti elevati e ponti naturali fatti di pietre e sassi segnano il cammino. Tutto questo allo scopo di seguire il nostro spirito guida, un’altra volpe fatta di mistero inconsistente e qualche linea bluastra a definirne i tratti, affinché possa volteggiare nel vuoto e indicarci la strada. Il nostro compito sarà risvegliare la magia e il potere di antichi sacerdoti e di simboli arcani incisi nella pietra, al fine di attivare meccanismi per aprire varchi e proseguire tra un capitolo e l’altro, indugiando dall’alto di un dirupo o nuotando in ampie pozze d’acqua per ammirare il lavoro partorito dalla fantasia degli sviluppatori.

La nostra buona stella

Diventiamo così padroni di noi stessi partendo per un viaggio destinato a liberare vecchi saggi e stregoni, solo riportando loro il bastone magico che gli spetta, oltre a riportare l’equilibrio nella dimensione terrena in cui ci muoviamo, il tutto seguendo una traccia rossa che solca il cielo per indicarci la via, proprio come una pennellata che funge da bussola. Assisteremo anche al nostro ritorno in vita, più forti e “magici” di prima, grazie all’antico potere in cui è immerso ogni singolo nodo strutturale della storia. Non siamo sempre accompagnati dallo spirito della volpe che ci indica la strada, ma non per questo verremo abbandonati nel bel mezzo del nulla: come la libellula di Spyro veglia sempre alle sue spalle, così una piccola sfera di luce sarà sempre sopra il nostro capo per darci qualche suggerimento su dove ritrovare sorgenti magiche, come i fiori a cui dovremo abbaiare (sì, una volpe che abbaia, sarà forse per effetto della magia?) per assimilare il loro potere magico e donarlo alle rune incise nella roccia, oppure semplicemente indicarci la strada da seguire man mano. A differenza del draghetto viola sopracitato però, qui non dovremo fare i conti con parecchie azioni da ricordare, combinazioni, bonus vita da accumulare, game over o altri tesori: tutto è stato concepito ai fini della vera e propria esperienza immersiva nella natura e in questo viaggio dai tratti esoterici, proprio come se al posto della volpe ci fosse il corvo di Vane o il ragazzino di Rime, anche grazie alla serenità che sa infondere e per l’immediata capacità di imparare i comandi.

Una volpe un po’ impacciata

La nostra volpe dovrà risolvere parecchi puzzle per passare da un capitolo all’altro, da un panorama all’altro, salvando i progressi di giochi grazie a eleganti portali o angoli dove sono stati appesi degli acchiappasogni che ben si accostano al tone of voice della storia. Se i puzzle sono parecchi, lo sarà in parte anche la ripetitività del gameplay, che dopo un po’ di tempo che ci dedichiamo a perlustrare il territorio di un capitolo, rischierà di scadere nella noia. Tolti questi aspetti però, ci imbarchiamo in un viaggio magico, dolce e fatto della bellezza genuina che possono scaturire solo aggiungendo un pizzico di ingenuità, buoni sentimenti e mistero a pixel e fps. Purtroppo però è proprio guardando a questi parametri che i risultati non riescono ad essere eccellenti: spesso la texture di alcuni dettagli paesaggistici evidenzia spudoratamente le griglie di costruzione degli elementi naturali. Vediamo quindi il reticolo di linee e quadrati sottesi a una lastra di ghiaccio, i dettagli poco smussati e ancora un po’ grezzi dei lineamenti della nostra volpe o ancora il nostro movimento non sarà costantemente fluido, anzi. Abbiamo notato parecchi bug e qualche difetto di movimento nella corsa e nell’arrampicata su speroni, rocce e altri tipi di appigli sui quali il nostro animale non si muove in modo naturale, anzi. Se da un lato le sue zampe non poggiano bene sui rilievi del terreno o rimane mal aggrappato alle sporgenze di esigue dimensioni, d’altra parte riconosciamo la cura e il dettaglio nella varietà dei movimenti, quando si scrolla di dosso l’acqua dal vello rosso uscendo dall’acqua o si acciambella su se stesso se lasciamo il gioco in standby. Al netto delle imperfezioni tecniche, il comparto artistico di Spirit of the North è davvero meritevole di nota, sia sul lato grafico, sia grazie alla composizione di una colonna sonora che in alcuni passaggi ci ricorda Andromeda, composta da Terry Devine King.

Il pregio di questo titolo risiede nella sua capacità di saper comunicare emozioni forti, sorpresa e coinvolgimento sin dall’inizio, catturando il giocatore alla ricerca di indizi, oggetti e suggerimenti, ma la probabilità niente affatto remota di perdersi negli spazi labirintici e tutti uguali tra loro dei paesaggi in cui esploriamo, oltre alla legnosità a tratti dei movimenti della volpe vanno a inficiare quella che poteva essere un’esperienza totalmente fluida e soddisfacente di un gioco che merita in ogni caso di essere provato.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.