Mosaic Recensione

Mosaic

Mosaic | L’insostenibile leggerezza dell’esistenza umana ai giorni nostri viene raccontata in maniera poeticamente crudele e spietata dal nuovo lavoro dei creatori di Among the Sleep. Krillbite Studio ci racconta con una parabola e una serie di metafore il significato della vita contemporanea in Mosaicnuova avventura indie che sa cogliere le sfumature e le emozioni più essenziali della vita e le ripropone in una serie di frammenti di vita che vanno a comporre, difatti, un “mosaico” unico.

Meglio un giorno da farfalla…

Il risultato che otterremo da questo ci darà parecchio su cui riflettere, a partire dalla nostra routine quotidiana. Métro, boulot, dodo, dicono i francesi: ossia prendere i mezzi, lavorare, dormire. Niente di diverso accade in Mosaic, dove un uomo da poco trasferitosi in una città grigia come la sua stanza e in perenne atmosfera crepuscolare, vive nella totale atarassia, senza provare alcun interesse per vedere i suoi vecchi amici, poca costanza e impegno sul lavoro, nessuna risposta ai messaggi che riceve sul suo smartphone. Quest’ultimo rappresenta però un pilastro portante sia ai fini del gameplay, sia a livello simbolico nell’ossatura narrativa: avremo sempre a disposizione l’icona del telefono in alto a destra sullo schermo, soprattutto quando ci troveremo nella dimensione “reale” e banale. Sì, perché Mosaic mette subito in chiaro la netta distinzione tra mondo concreto e mondo onirico, tra l’incedere lento e pesante del nostro protagonista e il suo fluttuare morbido e leggero in un mare di colori che gli frullano per la testa. Ma cosa vuol dire tutto questo?

Scopriamo man mano il senso di questo gioco quando durante il secondo giorno di vita ordinaria, l’uomo trova nel lavandino di casa un pesce. Parlante. No, il protagonista non sembra aver assunto sostanze stupefacenti o voler dare voce alle idee non convenzionali dei developer, niente di tutto questo. Come dicevamo, sono tutti singoli pezzi di un mosaico che, presi singolarmente, non significano nulla, ma riescono ad assumere senso solo incastrandosi man mano tra loro. Così, lo stesso giorno, l’attenzione del nostro protagonista viene catturata da un punto giallo sfavillante nel grigiume infinito della metropoli: una farfalla, che vola sulle note di un’aria cantata da un tenore e che viene improvvisamente triturata dopo pochi minuti da un condotto di aerazione. “Ed è subito sera”.

Mosaic

…che un’intera esistenza da uomini

Noteremo che saranno i colori, gli elementi naturali e la luce ad attirare l’attenzione di un giovane ormai catapultato nella monotonia brutale e abbrutente di un mondo che non ha più stimoli da dare. Ha avuto più senso il volo incerto e meraviglioso di una farfalla che l’esistenza di uomini piccoli e disinteressati al prossimo, addirittura voltando le spalle e fissando un punto nel vuoto o il proprio telefono, senza guardarsi, senza mostrare il minimo interesse a quanto li circonda. Notiamo inoltre che le persone intorno a noi non hanno nemmeno un volto e indossano tutte lo stesso abbigliamento. La totale spersonalizzazione del mondo tocca livelli critici importanti quando scopriamo di non avere un nome, ma siamo un numero. Certo, si tratta pur sempre di cifre precise, di una sequenza unica che ci identifica, ma sappiamo bene a quali tristi realtà fa riferimento l’attribuzione di un numero al posto di un nome e di un cognome. Una realtà che Mosaic riprende e ci sbatte senza mezzi termini sotto gli occhi, mentre portiamo il nostro individuo da una parte all’altra della città semplicemente tenendo premuto il tasto sinistro del mouse e cliccando di quando in quando delle icone poligonali a seconda delle azioni che dovremo compiere. I comandi da imparare sono praticamente inesistenti: dovremo solo cliccare opzioni e azioni sullo schermo, ma non si tratta di compiere scelte decisive ai fini dello svolgimento del gioco. Il messaggio è univoco e costantemente ripetuto: il mondo fa schifo, la società è ormai muta e cieca al prossimo e il bello è qualcosa di distante e lontano, che sembra non poterci più appartenere.

Mosaic

What a wonderful world

Siamo in preda agli orrori di un mondo manipolato dal sistema, dove senza telefono siamo persi, le uniche forme di comunicazione umana sono i messaggi ricevuti a cui non diamo risposta, e i pochi contatti con le persone sono gli estranei che l’applicazione Love, paragonabile a un qualsiasi social network di incontri, ci propina. Attenzione, il match è possibile solo con persone di genere opposto al nostro. Un altro schiaffo alla libertà di espressione, di sentimento e di attrazione sessuale, anch’essa dominata da logiche restrittive immotivate. Se la vita sociale e la nostra percezione del mondo circostante è qualcosa di opprimente e tristemente omologato, il lavoro è un’attività anch’essa schematica e fin troppo routinaria, per quanto ogni giorno di lavoro rappresenti una sorta di level up del puzzle che dovremo andare a risolvere. Dovremo costruire esagoni con delle cellule prodotte da piccole casette alla base del sistema, in modo da creare un percorso che, grazie al nostro lavoro, si possa fornire del nutrimento al nucleo centrale del sistema, aggirando ostacoli e inglobando la resistenza al sistema, la quale deve essere annientata e ingabbiata nella rete che andiamo a realizzare. L’obiettivo del gioco sembra essere quello di appoggiare in toto un sistema che non fa altro che distruggere la libertà e i diritti umani, ma c’è dell’altro. Solo spegnendo a uno a uno i reattori e i quadri elettrici che troviamo in giro per la città, solo allontanandoci dallo schermo dello smartphone e rivolgere lo sguardo verso la luce naturale e la vita vera al di là degli schemi, potremo riscoprire la bellezza di un mondo che può ancora appartenerci.

Mosaic è una vera e propria parabola del mondo contemporaneo, dove la quotidianità è fatta ormai di cervelli atrofizzati e pensieri critici anestetizzati, l’indefinito fa parte della comunità di appartenenza e il sistema ci domina e ci controlla con le sue regole. Anche il linguaggio usato non è indifferente: ci viene richiesto di “conformarci”alle regole di una app di incontri, non abbiamo alcun potere di scelta, siamo schiavi di una dimensione dove rischiamo di farci schiacciare dagli altri e di cadere vittime di una monotonia alienante. Basta davvero poco però per risvegliarci da questo torpore e riprendere saldamente le redini della nostra vita, e Mosaic riesce a insegnarcelo, a modo suo.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.