L’inevitabile ascesa dell’esport nel mondo videoludico è ormai inesorabile. Non che sia un concetto nuovo certo, ma il flusso mediatico da esso generato è diventato la cassa di risonanza perfetta per il suo percorso di legittimazione. Bisogna anche dire che per anni il processo d’evoluzione della game industry, e nella fattispecie in ambito esport, è stato schiavo di un processo di bigottismo e falsa velleità. Dicembre 2019 verrà certamente ricordato come il mese in cui gli “sport elettronici” non solo hanno lanciato segnali importanti da tutto il mondo, ma anche perché – finalmente – essi saranno trattati da oggi in poi come sport normalissimi, merito dell’accesso al medagliere ufficiale e a tutto il rito di premiazione dedicato. Dall’Asia all’Italia rimbalza così la galvanizzante idea che qualcosa di buono stia maturando, e a sancirlo è l’asse ESL-Vodafone-Comicon. Due enti su tre che si nutrono da anni del fattuale entusiasmo, che ha permesso all’esport di ritagliarsi la sua fetta di gloria nei contesti ludici più affermati in territorio nostrano. Nasce così l’EsportFest: la prima edizione di quel che è, a tutti gli effetti, l’inno trepidante dell’esport e la festa dedicata a tutti coloro che sono coinvolti, anche in senso lato, nel settore. La sede dell’evento è stato il maestoso Palazzo dei Congressi di Roma, nel quale, tra diatribe, appariscenti introduzioni e una valanga di ospiti d’onore, si è rotto il ghiaccio per quello che (speriamo) sarà l’inizio del futuro nel settore.
Il suggestivo weekend in compagnia dei protagonisti dell’esport vede sul grande palcoscenico allestito interminabili gare di pura venatura agonista, e non è tanto per dire. Le fasi finali di ogni torneo disputato, da League of Legends a Rainbow Six Siege, passando per Clash Royale e Crash Team Racing, ammutoliscono i caster per la spettacolarità delle gare e le interminabili sfide al cardiopalma, mai scontate. L’atmosfera elettrica emanata nell’onusta hall centrale dell’evento è tangibile, complice anche un duetto ben riuscito tra le luci pirotecniche e la bravura dei presentatori. Via discorrendo l’affluenza delle persone ha iniziato a veicolare l’entusiasmo dell’evento per tutta la location, ora merito di un tripudio di tornei aperti al pubblico e non, ora grazie a un menù di giocatori competitivi ed influencer degni di nota. Ciò che maggiormente ha suscitato il mio interesse è lo scopo della presenza di tali personaggi: non rilegati alla mera funzione di trascinatori di masse, ma capaci di elargire consigli davvero sentiti e professionali sul palco. Da interviste live, si passa così a consigli pratici e i rigidi dettami che rendono un atleta professionista tale. Fiorisce così nella mia mente l’idea che non si tratti solo di un luogo di appariscente intrattenimento e marketing, ma anche un eccellente banco di prova e lavoro per chi vuole mettersi alla prova o semplicemente captare consigli utili da chi ce l’ha fatta per davvero. Decisamente stimolante, sotto ogni punto di vista.
Il mondo competitivo videoludico ha risposta alla chiamata alle armi dell’EsportFest, riempendo la zona addebita per l’evento. I team di tutta l’Italia che conta hanno avuto la possibilità di reclamare un proprio spazio e farsi pubblicità attraverso un piccolo stand. In questi venivano sbandierati i vari giocatori e gli stemmi delle squadre. Uno scenario indiscutibilmente agguerrito, che ha permesso ai più di ritagliarsi una fetta di visibilità, in quella che a tutti gli effetti è il palcoscenico esport più ambito della nazione. L’intensa affluenza che segue l’evento è anche frutto della lieta partecipazione di personaggi pubblici di spicco tra campioni e influencer, tra cui nomi del calibro di Pow3r, Cydonia, i Mates, Dragoneddy e molti altri ancora. Il fine della loro adesione all’evento non è solo ancorato al mero utilizzo marketing dei singoli, ma alla loro esperienza sul campo come veterani del panorama videoludico streaming e non. La serie di interventi che intercorrono tra una breve intervista live e l’altra ha come filo conduttore una missione: la necessità di forgiare mentalmente e fisicamente i campioni di un domani.
Fulmini a ciel sereno anche fronte dello streaming, grazie a una serie di annunci davvero succulenti. Primo tra tutti emergono ulteriori dettagli sulla piattaforma digitale targata Vodafone, partner ufficiale dell’evento. La compagnia telefonica ha annunciato al pubblico, e fatto provare lo stesso weekend, un servizio di gaming simile a quello proposto da Stadia, ma con sostanziali differenze. Il servizio è stato pubblicizzato con il nome di Game Now, e ad ora si trova ancora in una fase di beta, ma con ottime prospettive future e un obiettivo verticale all’ambito ludico nel settore dei giovani. Presentato in una versione prettamente embrionale alla Milan Games Week, il servizio vanterà la possibilità di giocare in streaming a una connessione 5G fissa e con supporto cloud gaming. Al fronte di un input lag davvero irrisorio, Game Now si presenta un’esperienza da lodare sul fronte mobile, anche se ad ora i 60 fps promessi sul multipiattaforma sono ridotti a 30 per poter testare l’efficacia del prodotto su larga scala. Non era presente un parco titoli così allettante a primo impatto, ma ci è stato più volte specificato che si tratta di un briciola in confronto al supporto di cui godrà il cloud al momento del suo perfezionamento. Siamo indubbiamente fiduciosi di come il connubio tra streaming e connessione 5G targata Vodafone potrebbe sopperire alle evidenti lacune infrastrutturali che soffocano l’evoluzione del servizio in alcune zone dell’Italia. Unica eccezione per quanto riguarda costi e catalogo, ad ora alquanto acerbi.
Alla chiusura dell’EsportFest non mi nascondo dal dire che ho un pizzico di aspra tristezza, dovuta al fatto che fino ad ora eventi del genere sono apparsi in maniera drammaticamente sporadica. Non si tratta di celebrare l’apodittica facciata di marketing, indubbiamente di grande fascino grazie a volti noti del settore, né tantomeno la magnetica atmosfera riprodotta sul palco al rintoccare di ogni competizione, no. Il messaggio che prima di tutto dovrebbe filtrare al mondo videoludico e non, è l’occasione inconfutabile di poter costruire uno stabile ponte comunicativo tra i protagonisti del mondo dello streaming e il pubblico: uno scambio di opinioni e confronto sull’emergere insieme a livello internazionale e divenire un vanto per la propria nazione. All’ennesima querula provocazione sul fatto che questi non siano veri sport, vi invito a fare un passo indietro per inchinarvi al progresso. Ma forse sono un sognatore?