C’è davvero qualcosa dopo la morte. C’è un Limbo che può essere Inferno o Paradiso, modellato dai ricordi di una vita. Semplice, ma non banale, come tutte quelle degli altri. Una vita di sacrifici, di amore, di dolori e di gioie. E poi, ancora, di dolori. Quelli più atroci per un marito, un padre, un uomo. Arise: a Simple Story, opera magna di Piccolo Studio, mette sul piatto, prima ancora che il suo essere videogioco vero, una personalissima interpretazione del concetto di post mortem. Lo fa con originalità e, soprattutto, meravigliosa delicatezza cucendo addosso ad una vita qualunque, meglio: ad una storia semplice, un impianto ludico di tutto rispetto. Arise, pur non rinunciando mai alla narrazione, rifugge i dialoghi e sposa arti e poesia, ma anche un gameplay sorprendentemente solido, capace di cambiare spesso registro in appena 4 ore di esperienza. Arise è una delle più belle sorprese del 2019, perla preziosa di un panorama indie che rischia l’inflazione di idee e meccaniche. Pericolo scongiurato da una direzione carismatica, che rende la semplice vita del protagonista una gemma di valore assoluto.
Vita e Morte di Tizio
Il protagonista di Arise è morto. La scena iniziale, con una pira ardente, non lascia spazio a particolari interpretazioni. Quello che accade dopo, invece, si affida ad una lettura sicuramente interessante che vede l’anziano risvegliarsi in un limbo innevato. Una sorta di hub principale utile per raggiungere, in una sequenza prestabilita, 10 diverse location per altrettanti ricordi di vita da “superare” prima del commovente finale. Dall’infanzia alla giovinezza, dall’età adulta sino alla vecchiaia. Un viaggio, quello dell’anziano, che ripercorre i momenti belli e quelli tristi di una vita lunga, difficile, a tratti idilliaca. Ora, l’originalità dell’opera non risiede certo nel soggetto, in vero piuttosto abusato, quanto nel modo in cui la vicenda viene narrata. L’assenza di dialoghi impreziosisce i vari checkpoint e i disegni da raccogliere a mo’ di collezionabili, per altro abilmente nascosti nelle varie aree. Impreziosisce anche un gameplay che ad ogni ricordo cambia ritmo, situazioni ludiche e generi, spaziando dal platforming classico alle arrampicate in stile Uncharted incastonate, però, in concetti legati allo spazio e al tempo da gestire tramite l’analogico destro. La levetta si rivela, infatti, utile alleata nel superare diversi e generalmente riusciti puzzle ambientali, sempre legati alle particolarità estetiche e morfologiche delle diverse aree.
Per questo, al netto della relativa brevità dell’avventura, Arise riesce a stupire di continuo il giocatore, solleticandone i sensi e persino stimolandone il ragionamento. Difficile, in questa sede, descrivere nel dettaglio alcune particolarità del titolo senza entrare nel campo minato degli spoiler. Doveroso sottolineare, invece, come i ricordi dell’anziano vengano rappresentati attraverso un forte simbolismo, alle volte coraggioso e altre delizioso se non addirittura drammatico. Momenti, splendidi momenti, raccontati da colori, disegni e soprattutto musiche. La colonna sonora, firmata da David Garcia, riprende quelle sensazioni già toccate dal compositore con Hellblade e Rime, superando per emotività e intensità la qualità dell’ascolto.
Se fino ad ora si è voluto mettere in risalto le incredibili qualità artistiche della produzione appare doveroso, in un repentino cambio di tono, mettere in guardia chiunque sia allergico ai tocchi fiabeschi e delicati sfoderati da Arise: a Simple Story. È vero che le meccaniche, di volta in volta, richiamano un qualsiasi platform moderno piuttosto che l’Uncharted di turno. Ma è anche vero come alcune sezioni possano riportare alla mente le dinamiche già apprezzate in Limbo piuttosto che in Inside. Così come è innegabile che la qualità di un gameplay tanto vario quanto derivativo non riesca mai a raggiungere le vette toccate dalle fonti di ispirazione più o meno esplicate nel corso dell’avventura. La necessità di plasmare i controlli e la fisica in situazioni sempre varie ha chiaramente costretto Piccolo Studio a intraprendere la strada della semplificazione.
L’esperienza complessiva, per quanto di pregevole fattura, pecca sporadicamente in coerenza, incapace di approfondire idee che spesso mostreranno solo accenni di genialità. In tal senso, le tante “morti” dell’anziano saranno spesso causate da un’errata lettura delle distanze e della prospettiva, ma anche dalla mancata chiarezza su ciò che si può fare e cosa, invece, proprio no. Limiti genetici di una piccola produzione capace, comunque, di sfoderare il talento degli artisti della software house. Le aree sono semplicemente splendide nel raffigurare i ricordi di vita. I colori, il disegno, gli effetti. Tutto contribuisce a rendere Arise una gioia visiva che scalda il cuore o, al contrario, lo pugnala, sempre con delicatezza, spesso con cattiveria narrativa. Mai, davvero mai, con distaccata banalità. I piccoli difetti del gioco, infine, si mescolano a quelli stessi pregi già raccontati, rendendo la semplice storia di Piccolo Studio una delle più belle sorprese di questo 2019. Se davvero c’è qualcosa dopo la morte, non mi dispiacerebbe fosse quel qualcosa raccontato da Arise.
Arise: a Simple Story è una lettura originale della vita e della morte, dell’amore e del dolore. Persino del gameplay plasmato attorno allo spazio e al tempo. Tempo, maledetto tempo, scandito dagli anni e dalle esperienze. Quelle ludiche e artiche di una produzione breve, solida, ben ritmata. Un’opera delicata che merita di essere giocata da chi cerca originalità e bellezza. Arise: a Simple Story, è vita per un mercato geneticamente votato al riciclo. Non sempre così ben riuscito.