Nel corso dell’attuale generazione di console, abbiamo assistito a molti successi e fallimenti, titoli con un’ottima partenza nelle prime settimane post-lancio che hanno subito un netto calo, o altri casi in cui dei titoli con una partenza poco lusinghiera si sono ripresi nei mesi o anni successivi. Il pubblico da qualche anno a questa parte è difficile da conquistare in partenza, figuriamoci poi se quest’ultima è risultata deludente, e riprendersi per molti titoli e software house risulta una sfida addirittura più ardua che sviluppare il gioco stesso. Dopotutto, dare un motivo valido al pubblico per tornare in un determinato videogioco, soprattutto se quest’ultimo propone una modalità online o che si focalizza unicamente su di essa, non è per niente semplice. Il supporto post-lancio e il suo andazzo sono determinanti per garantire un’esperienza di gioco a lungo termine, gli MMO ne sono un esempio lampante, così come gli sparatutto competitivi, e quando i contenuti aggiuntivi, gratuiti o meno che siano funzionano, possono garantire una rapida ripresa o addirittura un successo spropositato.
Dunque, viste le novità degli ultimi giorni, esploriamo quei casi in cui i videogiochi sono riusciti a risollevarsi dalle ceneri o che non hanno mantenuto il successo ottenuto in partenza, colando a picco come una stella cadente.
Dalle stalle alle stelle: parola d’ordine rinascita!
Ogni anno siamo abituati a vedere tanti titoli ottenere un grande successo, sia commerciale che critico, raggiungendo raramente l’unanimità. Ciò accade anche con quei titoli protagonisti di scandali, settimane di dibattiti, rimanendo al centro dei riflettori per ragioni tutt’altro che positive. Pensate alla campagne marketing realizzate in pompa magna per un determinato videogioco ( principalmente per gli AAA), le quali cercano di riscuotere il maggior successo mediatico possibile. Un percorso pubblicitario quasi aggressivo, ingigantito il più delle volte per accaparrarsi qualche utente in più fino a raschiare il fondo del barile, casi in cui addirittura si è arrivati anche a “mentire” o ritrattare quanto di ciò annunciato per il proprio prodotto. E quando ciò accade, la folla va da zero a inferocita in un millisecondo, stroncando anche prima della effettiva pubblicazione ufficiale un determinato prodotto. In questa generazione di console ne abbiamo viste di cotte e di crude, scenari amari per titoli che promettevano un certo potenziale, rimasto inespresso a causa di un lancio poco eloquente. Meritato o meno, vi sono stati in questi anni che dal proprio fallimento commerciale sono riusciti a riscattarsi egregiamente, merito soprattutto di un supporto determinato a rimediare agli errori commessi in partenza: ad oggi, possiamo definirli come risorti dalle proprie ceneri.
Alcuni di essi muoiono, lasciandosi andare al proprio destino tanto da chiudere i propri server precocemente o da interrompere il supporto post-lancio, altri invece non conoscono la parola “arrendersi”, e si rimboccano le maniche per non gettare alle ortiche anni di lavoro. Solo pochi titoli sono riusciti a riemergere dall’abisso del fallimento, tornando in auge oggi giorno con risultati incredibili. Uno tra questi è Tom Clancy’s Rainbow Six Siege di Ubisoft, il quale nonostante un lancio poco incoraggiante, non ha impedito al team di sviluppo di rifarsi negli anni successivi, proponendo a conti fatti uno dei migliori supporti post-lancio mai visti in questa generazione. A quasi cinque anni dal suo approdo, lo sparatutto competitivo oggi conta la bellezza di 55 milioni di utenti attivi, con cinque stagioni di contenuti gratuiti che han permesso ad Ubisoft di ottenere un successo incredibile. Oltre al presente, il futuro riserva grandi aspettative: un supporto stagionale che continuerà anche su PlayStation 4 e Xbox Series X, con tanto – per volontà degli sviluppatori – di inserire le funzionalità cross-play per il titolo.
Cosa dire invece di No Man’s Sky. Il titolo di Hello Games ha suscitato non poche polemiche al suo lancio, per via di una campagna marketing giudicata ingannevole dagli acquirenti. Sebbene in partenza avesse diviso i fan, tra chi ha apprezzato la versione vanilla e chi invece, ne è rimasto indignato, oggi Shean Murray ha finalmente corso ai ripari, con un silenzio a dir poco tombale riguardo al da farsi prima di ogni annuncio legato ad un aggiornamento. No Man’s Sky Next è stato il primo e grande passo, che ha portato all’interno del titolo una grande quantità di contenuti capaci di rivoluzionarlo. Poi seguì l’update Beyond, l’introduzione della modalità VR, senza dimenticare che l’esperienza di gioco ora può essere vissuta in compagnia insieme ad un amico in cooperativa. Il grande silenzio, il trambusto generato al suo lancio, son serviti ad Hello Games per capire i suoi errori e trarne insegnamento da essi, riuscendo in questo modo a rifarsi e prendersi una rivincita proponendo ad oggi un prodotto incredibile. Un chiaro esempio che delinea il titolo di questo editoriale: “Dalle stalle alle stelle”.
Final Fantasy XIV Online oggi rappresenta uno dei maggiori successi di casa Square Enix, nonostante il suo debutto sia stato quasi una tragedia per l’azienda nipponica. Perché a conti fatti, l’MMORPG arrivò inizialmente su PC con gravissimi problemi: il motore grafico non ottimizzato, un netcode disastroso e una quantità di bug davvero preoccupante. Tale fallimento, che portò alle dure critiche della stampa, obbligarono all’allora presidente Yoichi Wada a scusarsi pubblicamente, licenziando in seguito gran parte del team originale, insieme al responsabile principale del progetto: Hiromichi Tanaka, colui che diede vita a Final Fantasy XI. Con l’arrivo di Naoki Yoshida, Final Fantasy XIV arrivò in una versione 2.0 intitolata “A Realm Reborn”, che permise al noto MMORPG di riscuotere un successo spropositato a cui seguirono diverse espansioni, e gli elogi da parte della critica non sono tardati di certo ad arrivare. Ad oggi, dal fallimento iniziale, Final Fantasy XIV rappresenta uno dei prodotti di punta dell’attuale Square Enix, con un supporto post-lancio capace a riscrivere il destino di un titolo che sembrava ormai arenato.
Più sono grandi e più rumore fanno cadendo
Troviamo però anche titoli la cui partenza è stata ottima, ma che purtroppo non sono riusciti a mantenere quel successo ottenuto al momento del lancio, perdendo una continuità che normalmente ci si aspetterebbe. Tante sono le produzioni che perdono la loro utenza qualche giorno dopo che sono state pubblicate, e sul lungo andare sono diventate delle città fantasma virtuali. Oggi, il giocatore tende ad acquistare e consumare in poco tempo il videogioco acquistato, un’attesa durata anni che culmina in una manciata di ore: il successo accumulato in partenza non può far campare di rendita un determinato prodotto. Sicuramente si tratta di un fenomeno meno tragico di quello narrato poco fa, a cui però non possiamo assolutamente voltare le spalle: economicamente è quasi un pugno nello stomaco. I titoli che traggono maggior successo il più delle volte offrono contenuti gratuiti introdotti man mano attraverso update piuttosto esosi. Il concetto di “Stagione” si è esteso in quasi tutti i videogiochi competitivi, dai picchiaduro agli FPS, garantendo un rodaggio assicurato per la pubblicazione di nuovi contenuti. Overwatch è un esempio lampante, ma anche l’appena convertito Call of Duty: Modern Warfare trae forza proprio da una pubblicazione su base stagionale dei contenuti scaricabili. Ciononostante, avere un supporto post-lancio pianificato e solido non è sinonimo di successo assicurato, e alcune volte può causare molti più danni quelli fatti in partenza.
Uno tra questi è stato sicuramente Call of Duty: Black Ops 4, una papabile rivoluzione per il brand che abbandonò nell’ultima iterazione sviluppata da Treyarch la modalità campagna, favorendo una struttura always online. Con la concorrenza che puntava sul battle royale, Black Ops 4 ha proposto una sua versione, con la quale ha supportato alla stregua introducendo novità estetiche ad ogni stagione. Eppure, tale supporto post-lancio, consolidato con nuove mappe, non è bastato ad attirare il pubblico e mantenere la sua utenza, poiché non convinta dell’offerta proposta per via dell’obbligo di acquistare un Season Pass, il cui costo rappresentava una spesa non indifferente per il giocatore. Così, con una pubblicazione di contenuti che pian piano scemava in skin poco eloquenti, dal successo critico e commerciale, Black Ops 4 è giunto alla deriva.
Respawn Entertainment in un certo senso sa benissimo cosa vuol dire essere una stella cadente. Nonostante Apex Legends sia stato acclamato da pubblico e critica, è impossibile non notare come la sua popolarità sia calata negli ultimi mesi. Da papabile GOTY per molti e killer di Fortnite, il battle royal ha perso un po’ di smalto, ma mai quanto un’altra produzione del medesimo studio, un qualcosa che – personalmente – fa piangere un po’ il cuore. Titanfall 2 fu uno sparatutto di grande pregio, da una parte abbiamo i veterani ex Infinity Ward che han congegnato un ottimo gunplay, dall’altra, troviamo una campagna giocatore singolo e una modalità multigiocatore a dir poco divertente. Peccato però che lo sparatutto con i robottoni non sia riuscito a mantenere la sua utenza: purtroppo non bastano i continui aggiornamenti, solo qualche anno più tardi, con l’arrivo di Apex Legends, l’interesse verso Titanfall 2 ebbe un flebile picco, per poi spegnersi del tutto qualche settimana dopo.
Destiny sicuramente è uno dei maggiori esponenti dei game as a service e il suo successo ha spinto diversi sviluppatori a realizzarne una loro versione. Prima tra tutti Ubisoft con il suo – allora – promettente The Division. Un mix di tanti generi, dall’MMO all’action-rpg fino al third person shooter, con un open world affascinante situato a New York. La riproduzione fedele dello scenario condito dal setting post-apocalittico ha fatto innamorare molti, ma una strana creatura purtroppo minacciava quella bellezza quasi ammaliante: l’endgame. Come finiva la quest principale, l’ingresso alla Zona Nera, l’area di gioco riservata al PvP era purtroppo l’anello più debole dell’intera produzione. Un susseguirsi di azioni, giri e loot ripetuti poco accattivanti, la cui ha portato l’utenza ad abbandonare The Division prima di quanto previsto. Non bastarono due espansioni per riabbracciare la propria utenza: Ubisoft Massive dovette lavorare su un rework del gioco.
Dalle Stalle alle stelle, e viceversa, rappresenta come un videogioco in realtà non muore sempre per colpa di una scarsa campagna pubblicitaria o valutazioni negative da parte della stampa specializzata. Un videogioco muore definitivamente quando il suo creatore decide di abbandonarlo. Anthem tra tutti rappresenta infine questo paragrafo: il disastro iniziale, la cancellazione di tutti i contenuti previsto dopo il suo lancio, il rumoroso silenzio di BioWare e infine, l’appena annunciato “remake” del gioco, sono fasi che titoli come No Man’s Sky, Final Fantasy XIV e Rainbow Six Siege hanno attraversato ed oggi, vantano di un successo non indifferente. Certamente, ciò non vuol dire che il revamp di Anthem sarà un successo assicurato, ma data la condizione in cui riversava, un annuncio del genere fa ben sperare.