Un gioco dallo sviluppo difficile e connotato da una triste e quasi perversa ironia: si tratta di un titolo dal gameplay il cui fulcro è dettato dall’improvviso accadimento di un terremoto e nel 2011, quando il team era già alle prese con i lavori, proprio un terremoto ne causò la sospensione. Ve lo anticipavamo poco tempo fa, Disaster Report 4 Summer Memories è riuscito a oltrepassare qualsiasi ostacolo e dopo l’uscita nel 2018 in esclusiva giapponese, ora è pronto per arrivare anche da noi il 7 aprile su Steam, PlayStation 4 e Nintendo Switch. Abbiamo provato il titolo di Granzella e NIS America proprio sulla portatile della casa nipponica, per proseguire e rafforzare un fil rouge tutto giapponese.
Lo sconquasso del dolore
Si apre il sipario sulle note di un tema natalizio, ci compaiono diverse domande sullo sfondo di uno schermo scuro e illuminato dai soli fiocchi di neve, tristi e freddi. Questi primi quesiti non prevedono risposte facili da dare, soprattutto per coloro che non si sono mai trovati nella condizione di dover esperire un terremoto, o ancora peggio fa riaffiorare nella propria memoria dei ricordi dolorosi e pieni di panico e terrore. Cosa faremmo se all’improvviso un terremoto sconquassasse letteralmente la nostra città e, per conseguente metafora, anche la nostra vita? Possiamo scegliere una delle diverse opzioni che ci vengono mostrate, dopodiché dovremo selezionare se desideriamo che il nostro avatar sia maschio o femmina. Nel nostro caso, scegliamo un avatar femminile, il cui nome preimpostato è Yuko Ichikawa, ma possiamo cambiarlo come meglio crediamo, così come i suoi tratti fisici. Nel corso della personalizzazione però possiamo scegliere solo alcuni tratti del viso (sempre e solo mantenendo rigorosamente una fisionomia giapponese), le tonalità epidermiche, il colore e il taglio dei capelli. Fatto questo, siamo pronti per l’avventura?
Miracoli e dannazioni
Ci troviamo nella città di Hisui, cominciando il gioco in medias res a bordo di un autobus di linea affollato e improvvisamente sconvolto da uno degli eventi naturali più drammatici e purtroppo parecchio frequenti in Giappone: il terremoto. La scossa tellurica è davvero molto forte, tanto da mandare fuori strada i veicoli in carreggiata e provocare parecchi danni. Noi però ne usciremo miracolosamente illesi, tanto da riuscire a farci largo tra i rottami del veicolo e cominciare a vagare nella città come se nulla ci fosse accaduto. Sin da questi primissimi momenti, osservando da vicino la grafica, notiamo nel dettaglio parecchie sbavature tecniche nella definizione dei capelli, così come i contorni dell’avatar si sdoppiano muovendosi, ma approfondiremo questo aspetto poco più avanti. Da un punto di vista di gameplay, la storia ci porta a intrecciare il nostro destino con diverse persone, ciascuna delle quali viene raccolta in una sorta di schedario nel nostro menu; non tutti gli abitanti incontrati però saranno fondamentali allo svolgimento della storia. Man mano che visiteremo i diversi punti cittadini, ci troveremo a perlustrare aree perlopiù costituite da incroci, dove gli unici momenti di vera tensione saranno legati alle improvvise scosse telluriche, provocando la vibrazione della console e il crollo di interi palazzi, o parte di essi, oltre al collasso della strada. In questo modo, verrà messa a rischio la nostra vita, aumentando eventualmente il nostro livello di stress. Per ridurre quest’ultimo, potremo però recarci ai diversi punti di salvataggio, unica àncora di salvezza in una città distrutta e in fiamme, mentre cerchiamo di dare un senso al nostro vagare per i quattro angoli di ogni “dungeon”.
Il dovere morale della scelta
Sì, perché le dinamiche di gioco non si sono rivelate al massimo dell’originalità e del coinvolgimento: ci troviamo costretti a girovagare per ogni area della città che ci viene proposta, rimanendoci piuttosto a lungo e spesso vagandovi come peripatetici senza una meta, aspettando che l’IA ci mostri nuovi scenari e nuovi dialoghi. Non è bastato parlare con chiunque e interagire con oggetti e veicoli che ci capitavano sul percorso; l’esplorazione diventa davvero frustrante e su 30 ore abbondanti di gioco, quelle di “esperienza ludica” effettiva sono davvero poche, rivelando una struttura narrativa e un gameplay piuttosto scarni e deludenti. Se vogliamo cercare di dare un senso a questo gioco, possiamo tranquillamente affermare che le scelte personali del giocatore costituiscono il perno attorno al quale ruota l’intera storia: dai dettagli del proprio avatar e dalla selezione del suo nome, fino alle scelte morali che siamo chiamati a compiere spesso e volentieri, le quali ci attribuiscono o tolgono dei punti (notate bene che anche le bugie che riteniamo a fin di bene sono causa dell’aumento della nostra immoralità). Chiariamo un fatto: quale che sia la nostra scelta, questa non andrà a impattare sulla trama, ma solo sul punteggio “morale” che andiamo a raccogliere.
Un gioco “traballante”
Una feature di gioco che invece non è affatto opzionale, ma spesso obbligatoria per procedere nella storia, è l’interazione con oggetti e persone, sia per mettere alla prova la nostra personalità e darci (o toglierci) punti, oppure proprio per raccogliere indizi e completare side quest, per la verità non troppo secondarie, perché saranno l’unico motore in grado di farci continuare nella storia. Le interazioni dialogiche possono richiedere pochi secondi, nella misura di una o due battute, oppure diventare vere e proprie richieste di aiuto e assegnazioni di compiti da svolgere. Anche in questo caso, non sono mancate delle imperfezioni: il doppiaggio è presente nella sola lingua giapponese, motivo per cui la maggior parte dei giocatori necessita dei sottotitoli (disponibili in inglese), ma a volte abbiamo ascoltato battute di NPC senza che avessimo cominciato una conversazione con loro e privi di sottotitoli. Questo è uno dei piccoli, grandi difetti di questo gioco: possiamo scegliere se giocare con telecamera frontale, in prima persona, o mantenendo la visuale alle spalle del nostro personaggio, una scelta che talvolta viene impostata automaticamente in alcuni angoli o luoghi dagli spazi ristretti, senza poterla cambiare a nostro piacimento. Le problematiche tecniche non si possono purtroppo esaurite con questa svista: ne possiamo snocciolare diverse, a partire da un frame rate complessivamente abbastanza basso e da una risposta del motore di gioco poco reattiva, motivo per cui i comandi risultano talvolta recepiti con lentezza e osserviamo un blocco piuttosto prolungato ogni volta che si passa dall’azione alle sequenze animate. Manca fluidità, una pecca unita a parecchi bug grafici, come il clipping tra persone e altri elementi di gioco, oltre a forti problematiche rese evidenti da glitch frequenti e un lavoro svolto poco accuratamente nei dettagli delle persone e dell’ambiente circostante. La modalità touch? Questa sconosciuta.
Disaster Report 4 Summer Memories è uno dei classici esempi di giochi “che non ce l’ha fatta”, un’edizione dalla lunga gestazione (anche forzata), ma che non ha saputo portare sullo schermo della nostra console i frutti che ci saremmo attesi di cogliere. Dopo così lungo tempo, avremmo desiderato vedere qualcosa di più, almeno nell’accuratezza tecnica, così come la lentezza del gameplay ci porta a desiderare l’acceleratore di gioco come in Final Fantasy VIII Remastered, ma questo dono è stato evidentemente riservato a un’altra produzione giapponese.