In molti in questi giorni stanno notando similitudini tra il Coronavirus e la piaga Corrupted Blood che colpì la popolazione di World of Warcraft 15 anni fa. Nel lontano 13 settembre 2005, infatti, venne rilasciata un’espansione di WoW, con alcune aree accessibili solo ai giocatori più esperti, tra cui quella da cui ebbe inizio l’epidemia che coinvolse accidentalmente tutta la community: la piaga Corrupted Blood, un debuff del drago Hakkar inserito proprio in quell’espansione. L’incantesimo di Hakkar era in grado di indebolire progressivamente i personaggi per condurli poi alla morte; il debuff però doveva concludersi con l’uccisione del boss. Purtroppo, a causa di un bug, tutti coloro che avevano combattuto contro il drago Hakkar rimasero infetti e divennero veicolo involontario della malattia, che in breve tempo divenne una pandemia, e uccise buona parte della popolazione di WoW.
L’epidemiologa Nina Fefferman, dell’Università del Tennessee e il dr. Eric Lofgren, della Washington State University, che studiarono all’epoca la pandemia del videogioco e sono in prima linea adesso nell’epidemia di Covid-19, hanno rilasciato alcune dichiarazioni in merito alle somiglianze tra realtà e videogioco. Ovviamente nel 2005 nessuna vita fu realmente in pericolo, a differenza di adesso, ma quello che gli studiosi vogliono mettere in luce è il comportamento sociologico alla base di questi eventi.
Alcuni giocatori durante la piaga Corrupted Blood decisero di non entrare affatto nel gioco e mettersi in “quarantena”, coloro che avevano capacità curative crearono dei centri di emergenza per aiutare la popolazione virtuale, altri invece sottovalutarono il rischio e continuarono a giocare diffondendo ancora di più il virus, che si estese anche agli animali e agli NPC gestiti dalla CPU, che furono i “soggetti asintomatici” del gioco. C’è da dire anche che anche in questo caso i più colpiti furono i personaggi più deboli; i personaggi più forti infatti ebbero solo un brutto raffreddore. La Blizzard tentò con ogni mezzo di risolvere il bug ma fu costretta a chiudere i server colpiti e riportare il gioco a prima del rilascio dell’espansione, cosa che purtroppo non è possibile fare nella vita reale per la pandemia di Covid-19. Nina Fefferman ha dichiarato che:
“Quel che accadde in World of Warcraft, dopo la pandemia, fu una lunga sequenza di accuse alla software house per la gestione dell’emergenza e recriminazioni reciproche sui comportamenti tenuti durante il contagio. E così la rabbia ruppe amicizie che duravano da anni. Se guardo al mondo di oggi, vedo già i semi di un risentimento generazionale e fra Paesi, segno di quel che probabilmente ci aspetta in futuro”.
Ricordiamo a tutti i giocatori di World of Warcraft che è fino al 20 aprile è disponibile un bonus 100% XP.