Resident Evil 3 Recensione: ucci ucci, sento odor di S.T.A.R.S.

Resident Evil 3

Nella situazione paradossale che viviamo costantemente oggigiorno è impossibile non guardare la saga Resident Evil con occhi diversi. L’embrione del progetto Capcom nasce difatti da una truculenta immagine della realtà e da un’implosione di avidità. In stati di costante criticità morale, ove le regole e la quotidianità sono soffocate per un bene unico, fuggono silenziose le ombre che albergano in ognuno di noi. La verità emerge, mentre l’inconfutabile natura di ognuno si manifesta, palesandosi alla luce del Sole. Resident Evil non è solo stato il fenomeno horror del mondo videoludico, ma è anche un’angosciante riflessione sull’ambizione e la crudeltà del mondo moderno. Insicurezza e cupidigia hanno alimentato la fiamma nera che pian piano ha divorato il mondo, e con essa l’edace metamorfosi delle umane virtù. Così la normalità viene fagocitata dalla soffocante mancanza si libertà. Volevo aprire la recensione proprio così questa volta, visto che, per un crudele scherzo del destino, Resident Evil 3 è chiamato in causa in un momento storico così delicato. Un fittizio spunto di riflessione certo, ma il motore immobile che smuove gli avvenimenti della saga non è forse verosimile? Oltre il videogioco, attualità e cultura potrebbero riflettere su quello che potrebbe essere, scrutando al di là della romanzata apocalisse zombie. La vera entropia nasce dalla paura della gente, e la paura, come ci insegnano gli eroi di casa Capcom, può smascherare delle mostruosità latenti in istituzioni e persone. Ma non vi tedierò con i miei soliti sproloqui, solo riflessioni. Siamo quindi giunti ad uno dei titoli più attesi dell’anno senza dubbio, oltre che ad essere un baluardo di nostalgia e amore incondizionato per moltissimi fruitori del genere horror. La prova largamente superata del remake del secondo capitolo è diventata difatti un nulla hosta per il publisher per proseguire con la meritata restaurazione delle prime opere che hanno reso il franchise famoso in tutto il mondo. La formula è stata testata e ha funzionato, ma sarà stata sufficiente questa volta? Noi abbiamo provato la versione PlayStation 4 e questo è il risultato.

Resident Evil 3Signor Nemesis, ma lei ha l’autodichiarazione?

Storicamente Resident Evil 3 si è sempre ritagliato un posto speciale nel cuore degli appassionati, ora merito di un’intelaiatura narrativa in grado di soddisfare molti dei quesiti canonici del brand, ora merito di protagonisti che rasenta il leggendario. Impossibile non infatuarsi dell’integerrima risolutezza della poliziotta Jill, paladina dall’inossidabile dedizione alla giustizia e padrona di una testardaggine salvifica. Parallelamente, e in maniera del tutto impensabile, le azioni e lo scalpitante coraggio di Carlos, mercenario assoldato dall’Umbrella, godranno di una meritata risonanza in questo capitolo. Sebbene egli non sia il vero e proprio protagonista di questo episodio, Capcom ha deciso di dargli giustizia. Rimasto negli anni nell’ombra di Jill, ora il combattente – ve lo assicuro – otterrà la sua meritata redenzione. Abbandonata quella che si può definire la sequenza ciclica degli eventi, ossia la prospettiva di due personaggi in un medesimo scenario – come fu per il capitolo precedente -, l’opera sceglie una conformazione ibrida. Ciò per fortuna ha scongiurato le mie paure, dato che avrei scommesso in un ennesima esplorazione ciclica effettuata a turno dai protagonisti. Quello che a tutti gli effetti passò agli atti come una nota di demerito per lo scorso remake, ora culmina in un contesto più elaborato. Addio, dunque, agli scenari sempre uguali in cui non vi erano mai grossi novità da intraprendere. Gli eventi che vedono Jill e Carlos al timone sono perlopiù personalissimi e altamente godibili, convergendo in esplorazioni congiunte solo in alcune aree specifiche. Insomma, una conformazione ibrida del gameplay ha giovato di gran lunga nel regolare flusso degli eventi, scongiurando quella monotonia latente che aveva fatto storcere il naso ad alcuni. Un terrificante avventura a tutto tondo dunque, che, come ogni storia degli orrori che si rispetti, gode della straziante e angosciante presenza di uno degli antagonisti più amati – e odiati – del brand: il Nemesis. L’irriducibile colosso dell’Umbrella, plasmato da un’ineluttabilità degna – anche per stazza – del buon Thanos, è un essere tremendamente maestoso. La sua rigenerazione e continua mutazione del genoma sono frutto dell’idea per forgiare l’arma finale: un mostro alacre che non conosce riposo. La fuga e lo scontro sfiancante con la creatura sono alla base delle vicende di Resident Evil 3, poiché l’unico scopo della nascita di un tale abominio è lo sterminio degli S.T.A.R.S. (un reparto di polizia speciale). La snervante caccia all’uomo non ci permetterà di reagire per la maggior del tempo, pertanto dovremmo vestire il manto della preda. Signor Nemesis, la prego un attimo di pace. Ma almeno ce l’ha l’autodichiarazione? In giro c’è il virus T.

Resident Evil 3: tra me e la safe room è nata una tensione amorosa

Parliamoci chiaro: se siete qui per il survival-horror è anche per l’inebriante alchimia tra elementi enigmistici e l’immancabile battisoffia. A giocare un ruolo fondamentale è il consueto e squisito level design, ristrutturato ad hoc per il remake. Sbirciare oltre una porta arrugginita o svoltare l’angolo di un cupo corridoio, lasciano ancora un’ondata di brividi senza eguali. Ad ogni tonfo del Nemesis e strizzante urla di non morto rimane vitale mantenere il sangue gelido se volete aver cara la pelle. Qualora si riesca a liberare una determinata zona, non è detto che gli zombie rimangano lì per sempre. Magari siete concentrati ad agguantare l’ultimo pezzo del puzzle che vi manca, e i cari amanti del cervello decidono di alzarsi per fare uno spuntino. Spiacevole, soprattutto perché le munizioni, così come decreta il mantra di casa Capcom, sono il bene più prezioso, siccome carta igienica ai nostri tempi. Ed è proprio in questi momenti che l’esplorazione si evolve. Posti che prima godevano di un’insolita calma piatta, ora brulicano di nemici, e dovrete pagare ogni risorsa con il sangue. Un escamotage intrigante, che rende sicuramente più galvanizzante l’esperienza, ma alla lunga lascia scivolare lo spettro della paranoia nelle nostre menti. Ogni sventurato cadavere ora potrebbe celare una minaccia velata, e il gioco vi educa sempre al peggio, molto spesso anticipando i comportamenti. Poetico, senza dubbio, ma snervante se ricercate un lettura minuziosa dell’ambiente circostante. D’altronde ogni micro area custodisce gelosamente oggetti essenziali per la sopravvivenza e risolvere dei piccoli puzzle è la chiave del successo per sfoggiare l’arsenale degno di un sopravvissuto. Ogni strumento ha la sua utilità, e rinunciarvi perché avete poco spazio o credete che sia superfluo non è mai un’azione ripagata. Il conto è salato e mina pesantemente l’esperienza, in particolar modo durante le run più complesse. È impensabile sorvolare sulla ricerca di utensili capaci di farvi da lascia passare per molte serrature o contenitori particolari. L’elemento enigmistico è però annacquato da un gameplay decisamente più action è spettacolare, che preferisce ingolosire il fruitore con un cocktail di ambascia e cruda adrenalina. C’è quindi solo da gioire della svolta intrapresa dal brand? Beh, atmosfera e design sono resuscitati dal vetusto passato del brand e sono sicuramente ora più gloriosi che mai, ma l’intelligenza artificiale è rimasta ancora la stessa titubante di un tempo. Sebbene quegli sconclusionati movimenti da non morto siano piuttosto realistici, talvolta alcuni di loro si trascinano impacciati tra gli stretti corridoi, specialmente i cani. Non fraintendete: questo terzo capitolo è un più che degno remake della serie, figlio delle virtù maturate dal publisher lo scorso anno, che sicuramente l’hanno reso un esempio per il mercato globale. Ma se da una parte il fascino tecnico e il restalying accattivanti dell’opera siano la cassa di risonanza perfetta per il plateale ritorno degli eroi del passato, la gestione degli spazi è abbastanza costretta in certi stilemi. L’aspetto puzzle è vittima di un limitante uso contenutistico, che non permette a tutti gli scenari di risplendere per varietà ed interesse. Gloria ai rompicapi da dirimere con il fiato di zombie sul collo, per poi accorgersi di avere il pezzo sbagliato nella borsa. Che gusto ci sarebbe ad azzeccare subito, no?!

Adoro gli escape room con gli attori… se non vogliono mangiarti

Immaginate per un attimo di partecipare a un escape room e di poter scegliere se partecipare attivamente o essere il mastermind, ossia l’uomo alle telecamere. Solo che siete in un sala molto più grande, con il tempo fissato a un dodicesimo del normale, e il vostro avversario è onnipotente. Ci siete? Queste sono le premesse di Resident Evil Resistence, il nuovo folle comparato multigiocatore di casa Capcom. L’organizzazione della lobby è di base molto simile a quella sperimentata in Dead by Daylight. Quattro sopravvissuti, un killer – o meglio il sorvegliante – silenzioso con tecnologie in grado di sguinzagliare zombie e un cronometro incessante. Solo che qui non puoi chiedere aiuti, ma solo pura collaborazione. Da un lato il manipolo di sopravvissuti dovrà scovare affannosamente dei pezzi per risolvere i puzzle che bloccano l’accesso alle varie stanza che conducono all’uscita, mentre il cattivo di turno dovrà difendere centimetro dopo centimetro la loro avanzata. In ogni area non vi è solo la disperata caccia al tesoro di turno, ma si possono reperire oggetti utili per sopravvivere alle mosse del nostro nemico invisibile. Non solo cure e munizioni, ma anche dei particolari crediti potranno essere accumulati per poi spenderli nei piccoli checkpoint, ove rifornirsi. I nemici che vi ostacoleranno sono due: il tempo e il playet che cercherà di tenervi in pugno con tutte le risorse a sua disposizione. L’orologio è però un prezioso alleato per il cattivone di turno. Ogni creatura, trappola e mossa in grado di recare danno o rallentare l’operazione per la risoluzione degli enigmi, ghigliottinerà secondi vitali dal tempo della partita. Il mastermind ha però il pieno controllo di ogni zona. Egli è il Grande Fratello della vostra partita e saprà tutti i vari spostamenti, controllando telecamera. Così come una grande escape room, i partecipanti dovranno collaborare per unire le forze contro un nemico effimero e in grado di minare – letteralmente – le strategie del gruppo, facendo spawnare creature aberranti e manipolando i sistemi di difesa della struttura. La modalità tutto sommato dona un’aggiunta notevole all’uscita di Resident Evil 3, promuovendo un’esperienza potenzialmente infinita, affiancata al tenebroso solipsismo tipico della serie. Se da un lato le partite risultano assai divertenti e gratificanti, sia dall’una che dall’altra parte, le richieste sulla lunga tratta mi sono apparse un po’ ridondanti e meccaniche. Insomma, sana goliardia cooperativa, sgomitando tra zombie putrefatti e un’atmosfera magnetica. Una deliziosa impresa che vi concederà di mettere in gioco il vostro ingegno e gioco di squadra, se amate gli escape room – come me – o se adorate adorate avvinghiarvi a un pizzico di sano sadismo ludico, sfoggiando una bella risata malvagia…come me. Tutto dipende da quanto vi sentite altruisti in quel momento.

Così come il re Mida mitologicamente trasformava tutto ciò che toccava in oro, così Capcom ha operato per resuscitare la filosofia delle proprie pietre miliari. Il processo di ringiovanimento solcato con il lampante successo del secondo capitolo ha indicato al brand la strada giusta per ascendere nel mercato videoludico moderno. La strategia ha funzionato, e ora Resident Evil 3 si mette in discussione per glorificare e rivalutare alcuni elementi lasciati in penombra tanti anni fa. La protagonista, Jill, si conferma la risoluta eroina che merita un capitolo così importante, capace di affascinare ed intrigare per carisma e coraggio. Da ammirare il decisivo cambio di marcia effettuato con Carlos, non più rilegato nella cornice del personaggio minore, trova ora la possibilità di riscattarsi. Il level design sublime è ormai una garanzia inscindibile e, unito a un’atmosfera traboccante di battisoffia, impreziosisce un comparto tecnico poeticamente truculento. Un peccato per la profondità di gameplay, strettamente ancorata ad un lavoro integralista e di minuziosa ricostruzione, tanto da risultare soffocata in alcune occasioni. Piuttosto deludente l’intelligenza artificiale e l’eccessiva linearità ostentata in alcuni segmenti esplorativi, già evidenziati nel remake del 2. L’aggiunta di Resistence, la modalità multigiocatore, è una piacevole sorpresa, capace di variegare l’esperienza di un’utenza ora più che mai esigente. Sebbene le azioni possano alla lunga risultare ridondanti, l’esperimento ne esce a pieni voti, ora merito di un sistema cooperativo brillante e galvanizzante, ora merito del delirio di onnipotenza da sfoggiare in qualità di mastermind. Un egregio lavoro a tutto tondo lascia ancora una volta infatuare gli appassionati storici della serie certo, ma il restayling ha regalato un’inaspettata maestosità all’icone dell’opera: dal irrefragabile Nemesis, sino alla testarda Jill. Nel paradossale periodo in cui viviamo perfino la surreale catastrofe del virus T non sembra essere un visione così fittizia in fondo, no? Se c’è una cosa che potrebbe ricordarci Resident Evil 3 è che l’avidità umana richiama il prezzo più alto: l’abiura di se stessi, tramutando il mondo in una landa solipsista. Forse il videogioco è il medium più potente ora come ora. E per fortuna.

VOTO: 9

Sebbene abbia un nome così letterario, sin dalla tenera età egli matura un interesse per il genere RPG e quello fantasy, al punto tale da sognare di farne parte. Avete presente quei bambini che emulano l’onda energetica? Ecco, il suo sogno è invece quello di entrare nella realtà virtuale per lanciare lui stesso magie ai suoi nemici! Se non gli piace qualcosa, attenti, vi farà assaggiare la potenza degli elementi!