I videogiochi non vanno in quarantena

Un periodo difficile, particolare e unico (ci auguriamo), quello che stiamo vivendo. Sta durando da settimane e non abbiamo ancora notizie certe su quando l’isolamento forzato e la quarantena per via del coronavirus possano concludersi. Non tutti abbiamo la stessa capacità di adattamento alla situazione, temporanea ma sempre più reiterata nel tempo e sappiamo anche quanto sia difficile riuscire sopportare la quotidianità all’interno delle mura domestiche, soprattutto per coloro che non sono abituati a convivere con il silenzio. Che fare, dunque? Si tratta di una “rivincita” dei nerd e della loro stereotipata e presupposta facilità a stare sempre in casa con le proprie console o un PC? Non è quello che intendiamo, ma una cosa è certa: i videogiochi hanno un forte aspetto terapeutico e non è affatto il momento di mandarli in quarantena, almeno loro!

Videogiochi in quarantena: fai la tua parte, gioca a casa

Non lo sosteniamo solo noi, amanti dei videogames e pronti a tenere alto il baluardo videoludico, ma anche fonti ufficiali quali nientepopodimeno che l’OMS (ve ne parlavamo anche in questo articolo).L’Organizzazione mondiale della sanità sostiene proprio che i videogiochi possano rivelarsi terapeutici, oltre che un passatempo utile e benefico durante la quarantena. A sostegno di questa tesi, lo stesso ente ha lanciato la campagna #PlayApartTogether, al fianco dell’industria dell’intrattenimento. Almeno per questa volta i genitori non dovranno sentirsi in colpa vedendo i propri figli trascorrere qualche momento in più di fronte allo schermo, certo sempre con parsimonia e rispettando le giuste tempistiche, ma si tratta sicuramente di un diversivo per far trascorrere più velocemente l’isolamento a casa propria. L’iniziativa è stata supportata da 18 nomi dei “big” del settore, quali Activision Blizzard, Amazon Appstore, Twitch, Riot Games, YouTube Gaming e altri ancora, per ricordare che in questo momento specifico l’isolamento è sì fisico, ma è tempo che le capacità delle piattaforme ricordino proprio adesso cosa sono in grado di fare: unire le persone a distanza, grazie alle modalità multiplayer online e i servizi di chat e streaming che stanno connettendo milioni di giocatori, ora più che mai.

L’OMS ha lanciato la campagna #PlayApartTogether per promuovere l’isolamento e rimanere a casa videogiocando.

I due volti del gaming

Certo, è bene tenere i riflettori accesi sia su questo tema, che sull’altro lato della medaglia: la questione del “gaming disorder“, problematica sollevata sempre dall’OMS circa due mesi fa. Questo disturbo è stato inserito all’interno della classifica nota con il nome di International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems. Ripensamenti? Passi indietro? Facciamo attenzione e poniamo i “distinguo” che ci consentono di affrontare la questione delicata con il giusto raziocinio e il peso dovuto: da una parte si tratta di affrontare un vero e proprio disturbo, legato agli eccessi e alla dipendenza dai videogames. Per citare in maniera quasi semplicistica, ma chiara, un detto proverbiale, “il troppo stroppia”, e vale anche in questo caso. Ma con le dovute precauzioni e le giuste misure, anche le piattaforme contemporanee possono…”giocare” un ruolo molto importante proprio adesso che la dimensione digitale consente di alleviare il peso di quella reale, spesso così sconfortante. Un’ulteriore dimostrazione di quanto sia fondamentale mantenere questo equilibrio? Ray Chambers, ambasciatore dell’OMS per la strategia globale, ha addirittura esortato editori e sviluppatori per incoraggiare il proprio pubblico nel rispetto del “physical distancing” e di altre misure di sicurezza, come l’igiene delle mani, con l’obiettivo di far diventare anche i publisher e le software house dei veri e propri testimonial a favore del sano divertimento tra le mura domestiche.

I servizi online e multiplayer offerti dalle piattaforme gaming stanno facilitando l’isolamento di tante persone.

La rivincita della “piazza virtuale”

La pandemia causata dalla diffusione globale del virus Covid-19 sta avendo sicuramente tantissimi impatti sulla società e sull’economia, ma non mancano i risvolti psicosociali da indagare, anche in campo gaming. In questo momento, la pandemia sta evidenziando in quale misura il settore videoludico non sia solo un momento di sfogo, divertimento, appunto entertainment, o di rappresentazione di sé. La “piazza virtuale” tanto additata e contrastata ai tempi delle prime insorgenze di forme virtuali di incontri e chat diventa adesso la salvezza di tantissimi utenti, che riescono così a mantenere contatti anche a distanza, grazie all’intero sistema di social network e di condivisione virtuale. L’incontro tra reale e virtuale prosegue e assottiglia ancora di più il confine grazie all’iniziativa dell’industria italiana di settore, attraverso l’attivazione di una raccolta fondi a favore della Croce Rossa, supportata da editori, sviluppatore e streamer. L’iniziativa, attiva fino allo scorso venerdì 3 aprile, consentiva di fare donazioni virtuali a chi fosse alle prese con i propri giochi preferiti, il tempo di un click, dimostrando come i videogiochi in quarantena abbiano più di un valido motivo per essere utilizzati.

Anche i giocatori sono stati esposti alla donazione di fondi alla Croce Rossa Italiana nelle loro sessioni di gioco.

Imparare giocando, anche in isolamento

Non ci si ferma nemmeno in questo momento, almeno per chi può disporre di strumentazioni in grado di sfruttare appieno i servizi offerti da piattaforme e-learning come Unity, la cui modalità Premium è a disposizione in modalità gratuita per tre mesi offrendo un programma educativo ricco di corsi, esercitazioni, sessioni live e lezioni online per avvicinarsi al mondo della programmazione in codice. Il training è iniziato lo scorso 23 marzo e conta una durata di circa sette settimane, con l’obiettivo di “creare consapevolezza e incentivare le persone a rimanere nelle loro case, giocando e creando giochi”, stando a quanto ha affermato l’azienda stessa sul suo portale. Non è l’unica realtà ad essersi attivata: anche Riot Games ha elaborato un curriculum gratuito per la progettazione di giochi online dedicato a studenti delle scuole medie e superiori, riuscendo a intrecciare intrattenimento e educazione, in un’ottica di puro edutainment.

Unity ha messo a disposizione la propria piattaforma gratuitamente per avvicinare gli utenti al coding durante la quarantena.

Le testimonianze parlano da sole: i videogiochi e la tecnologia a loro supporto stanno dando il meglio delle loro capacità, grazie anche al sostegno di una rete internet che è riuscita a sostenere le ingenti richieste di questo periodo e dando dimostrazione di quanto possano davvero essere un mezzo di comunicazione vero e proprio, che merita di essere introdotto a pieno titolo nelle forme di socializzazioni virtuali e negli studi relativi a questa branca sempre più ampia della sociologia e del mondo virtuale. La dimostrazione che giocare possa essere molto più di un semplice passatempo, riuscendo addirittura a salvare la vita in situazioni particolari, allontanandoci da una realtà non accessibile al di fuori della nostra casa.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.