In un momento complicato e punteggiato di rinvii nella produzione videoludica, Square Enix non molla il colpo e arricchisce le sue saghe più longeve. Aprile è un mese importante per la software house nipponica: dopo l’uscita di Final Fantasy VII Remake, è ora il momento di Trials of Mana, in versione remake in alta definizione del terzo capitolo della serie Mana. Originariamente edito per SNES con il titolo di Seiken Densetsu 3 in solo territorio giapponese nel lontano 1995, arriva dal 24 aprile su Steam, Nintendo Switch e PlayStation 4. Avevamo provato poco tempo fa la versione demo per voi, ma ora abbiamo tra le mani il prodotto completo, provato proprio sulla console di casa Sony, la quale ha dimostrato ottime prestazioni per restituirci un gioco di ruolo nipponico dal gusto classico.
Trials of Mana: spade magiche e divinità in pericolo
Ritorniamo a scoprire un’avventura dal sapore fiabesco, come tutte quelle che connotano il franchise dedicato a Mana, percorrendo ancora una volta gli ampi spazi dei regni che sussistono grazie al potere della Dea Mana. Quest’ultima si è trasformata in un grande albero per custodire al meglio il suo potere immenso, dopo essere riuscita a tenere lontani da sé i nemici, i cosiddetti Benevodos, otto esseri bestiali sconfitti proprio nel momento in cui la dea ha forgiato la potente Spada di Mana, rimasta conficcata nelle radici dell’albero. Ma che fine hanno fatto queste bestie? Una volta sconfitte, sono state imprigionate in otto pietre magiche, l’oggetto del contendere di tanti potenti, al fine di impossessarsi di un potere immenso (tranquilli, questa volta non si tratta di pietre da incastonare in un guanto. Nessun universo sta per smaterializzarsi).
Il primo nodo cruciale della trama è dunque chiaro e ci viene esplicitato ancor di più durante l’incontro con il padre della luce, in originale “Priest of Light”: guidando uno dei sei personaggi a nostra disposizione (di cui vi daremo ulteriori dettagli a breve), ascoltiamo quanto ci racconta il saggio anziano, in concerto con una Fata, la quale spiega che l’albero di Mana sta morendo e dunque il Santuario che protegge il nostro mondo è in evidente stato di pericolo. Un’ulteriore conseguenza della sua morte sarebbe il risveglio dei Benevodons e la distruzione del mondo è prossima. Obiettivo: andare al Santuario, estrarre la Spada di Mana dalle radici dell’albero sacro e salvare il mondo prima che sia troppo tardi. A questo punto, qualora vi steste chiedendo quale sia il legame cronologico con gli altri titoli della serie, precisiamo che questo non dovrebbe essere un sequel dell’originale Secret of Mana; stando a quanto dichiarato dal creatore della serie Koichi Ishii, ricordiamo che i giochi dedicati a Mana non si svolgono nello stesso mondo, dunque il legame tra loro si fa decisamente lasco. Possiamo però suggerirvi che Heroes of Mana risulta essere un prequel diretto di Trials of Mana, svolgendosi 19 anni prima della storia che abbiamo ora per le mani.
Il ritorno di un grande classico con Trials of Mana
Anche questa volta si va ad attingere dal pozzo senza fondo che rappresenta quel vasto filone narrativo fantasy. Trials of Mana ci consente un ritorno al passato apportando alcune migliorie evidenti rispetto al titolo originale, sicuramente restaurato e svecchiato con buoni risultati, a partire dalla presenza di battaglie in tempo reale, una nuova e abbastanza accurata grafica in 3D e un gameplay rinnovato, conservando al contempo la storia che i giocatori giapponesi hanno conosciuto nella versione originale di venticinque anni fa. Come vi anticipavamo, subito all’inizio del gioco possiamo selezionare tre di sei eroi, i quali combattono contro le forze del male in maniera sempre diversa, ognuno con le proprie abilità e caratteristiche. La storia dei loro destini è chiaramente intrecciata, consentendoci di incontrare in ogni caso tutti i personaggi previsti, a prescindere dalla composizione del nostro party. Verremo inoltre a conoscenza del background di ciascuno, ampliando la narrazione in modo interessante e ricco. Uno dei pregi di questo titolo non è solo dettato dalla narrazione davvero approfondita (talvolta fin troppo), ma anche la sua versatilità e la possibilità di plurime run che ci consentono ogni volta di calibrare il nostro party a seconda delle nostre necessità, o semplicemente della curiosità per la storia di ciascun personaggio.
Il racconto dunque cambia parzialmente a seconda dei protagonisti selezionati, in quanto i personaggi non scelti verranno sì incontrati progressivamente, ma solo come NPC. La trama rimane invece invariata a seconda del livello di difficoltà impostato. Come avranno osservato i giocatori della versione demo, oltre a poter importare i progressi fatti in questa versione nel gioco finale, senza perdere i salvataggi pregressi, vi sono quattro diversi livelli di difficoltà, che possiamo cambiare in qualsiasi momento dal menu di impostazioni e che appunto non inficiano in alcun modo lo storytelling. Partiamo allora per questo viaggio, ma non prima di aver formato la nostra squadra: tra Duran, Angela, Kevin, Charlotte, Hawkeye e Riesz, ognuno appartenente a categorie diverse, la nostra scelta è ricaduta su Duran come personaggio principale, Riesz e Hawkeye come secondari. Questa distinzione permane nei momenti in cui non abbiamo necessità di combattere, dunque spostandoci all’interno di villaggi ad esempio, mentre visualizziamo l’intero party durante l’esplorazione dei diversi dungeon, dove possiamo addirittura scambiare il controllo del personaggio.
Procrastinazione e personaggi a tutto tondo
Ci è consentito di scegliere tra diversi personaggi affinché possiamo impostare un party equilibrato e dalle statistiche fra loro sinergiche, come la propria resistenza, l’intelletto, le classi di appartenenza e quant’altro. In questo modo, se faremo scelte oculate, potremo affrontare ancor più facilmente le battaglie, già di per sé parecchio fluide e non troppo articolate. Infatti, per quanto possiamo utilizzare attacchi speciali e arricchire man mano il nostro menu di abilità speciali, i combattimenti si sono sempre rivelati piuttosto sfidanti, ma per nulla difficili da terminare con la nostra vittoria, anche quelli con i vari boss che incontriamo. Il sistema ATB ci permette di incrociare i vari nemici senza interrompere ogni volta il flusso di gioco, grazie anche alla possibilità di evitare i combattimenti random e fuggire qualora non avessimo la necessità o il tempo di affrontare questi scontri. Il levelling dei personaggi avviene in modo piuttosto agile, grazie all’ottenimento di cospicui punti esperienza dopo ogni scontro, così come di oggetti e denaro, tutti elementi ritrovabili anche nelle frequenti urne e forzieri del tesoro. I combattimenti risultano essere uno dei principali elementi caratterizzanti Trials of Mana, accanto a una narrazione davvero completa dettata da sequenze dialogiche abbastanza lunghe, prolisse e (fortunatamente) saltabili. Proprio nelle conversazioni, notiamo l’uso di un linguaggio piuttosto forbito e quasi d’altri tempi, come si addice a un racconto fantasy del resto, per dare spessore e personalità a ogni personaggio che incontriamo.
Precisiamo anche che non disponiamo di localizzazione italiana nemmeno stavolta, come nel recente lavoro di Final Fantasy VII Remake, ma anche nel caso di Trials of Mana possiamo impostare il doppiaggio in inglese o giapponese, con plurime opzioni linguistiche per i sottotitoli. Per quanto apprezziamo il lavoro di caratterizzazione delle identità di ogni personaggio, grazie a dialoghi talvolta pleonastici, ma sempre precisi e accurati sia dal punto di vista del doppiaggio, sia delle battute, ammettiamo che si tratti di interruzioni davvero troppo frequenti. Questo dettaglio fa sì che, accanto a un gameplay piuttosto lento e privo di tensione, il contenuto vero e proprio di Trials of Mana rischi di scadere nella noia: le sequenze narrative infatti passano da un dialogo a un flashback, a ulteriore dimostrazione dell’approfondimento dedicato a ogni personaggio, procrastinando continuamente l’azione effettiva. Quest’ultima infatti, proprio a causa delle costanti frammentazioni, ci offre la possibilità di giocare con il party completo solo dopo diverse ore di gioco e, di fatto, è dettata solo da qualche scontro casuale e dal girovagare da uno scenario all’altro, spesso come se fossimo senza meta e senza seguire una logica apparente.
Una lentezza più che lunga, smisurata
La lentezza di gioco si traduce anche nella difficoltà di ottenere trofei, presenti in quantità piuttosto esigua e conquistati piuttosto lentamente. A proposito di azione, un’ulteriore interruzione è dettata dai flashback, momenti opzionali in grado di approfondire la storia dei personaggi aggiuntivi, ma solo se lo desideriamo. Si tratta di brevi capitoli dove non possiamo salvare i progressi, non terremo con noi eventuali oggetti raccolti e allunga la trama di circa mezz’ora o un’ora. A differenza di questi momenti, l’autosaving è contemplato, così come la possibilità di ristoro e salvataggio (o caricamento) presso le frequenti statue di Mana disseminate sul percorso. Ma questa lentezza si traduce in un gioco infinito? Purtroppo o per fortuna non è così: Trials of Mana è completabile in circa 25-30 ore e, a conti fatti, l’unione di un gameplay lento e di un tempo di gioco così ridotto, sono indizi di un lavoro dettato più dalla volontà di portare anche in Occidente un titolo inedito, che dalla cura effettiva di un lavoro ben fatto, anzi “rifatto”. Abbiamo almeno il supporto e la compagnia di amici? Purtroppo no: notiamo alcune assenze importanti, ulteriori fattori che concorrono a porre paletti nella piena accettazione e godibilità di questo nuovo lavoro. Direttamente dalla testimonianza di Shinichi Tatsuke e Masaru Oyamada, i producer della serie Mana, è stato comunicato in una loro intervista che la co-op locale rimarrà una grande assente in questo titolo. Per quanto sia una delle caratteristiche del capitolo per Super Nintendo, lo stesso Tatsuke ha spiegato che le impostazioni della telecamera in questo titolo non consentono tale modalità, trattandosi di un gioco concepito in sola modalità single player. Altra assente è la modalità cooperativa online, per lo stesso motivo, tagliando un po’ le gambe a un gioco già abbastanza claudicante di per sé, considerando anche una ulteriore mancanza: i DLC aggiuntivi, ad oggi non contemplati.
La bellezza salverà il mondo (?)
Ci viene in aiuto almeno il comparto tecnico e artistico? Da questo punto di vista siamo piuttosto soddisfatti! Square Enix si è profusa in una cura nel dettaglio anche visivo e stilistico, rendendoci un gioco senza bug grafici di alcun tipo, curando soprattutto le immagini in primo piano, per quanto rimanga evidente l’aspetto fittizio di scenari e personaggi, oltre a restituire panorami in lontananza dalle forme un po’ più poligonali, ma nel complesso accettabili. Non dimentichiamo nemmeno la resa dei movimenti di elementi naturali, come quelli dei corsi d’acqua, tra i più difficili da realizzare, così come la variazione di colore delle schermate a seconda che si tratti della narrazione attuale oppure di flashback. Piacevole anche l’alternanza giorno-notte, con la distinzione dettagliata nelle diverse fasi delle ventiquattro ore. Siamo rimasti però abbastanza delusi dalla mancata interazione completa con tutti gli elementi naturali presenti in Trials of Mana: ad esempio non possiamo rischiare di cadere nel vuoto o di entrare in acque profonde, dunque non abbiamo una risposta fisica verosimile con l’ambiente circostante, oltre al fatto che possiamo saltare anche da altezze sconsiderate senza riportare alcun danno fisico. Il tutto viene corredato da una colonna sonora purtroppo parecchio ripetitiva e monotona, ma disponibile anche in versione originale, per riassaporare le melodie “old school” del primo decennio di Square.
Complessivamente, Trials of Mana è sì un remake nelle forme e nei colori, ma questo svecchiamento si rivela spesso assente nella resa anacronistica di un gameplay spesso noioso e lento, senza contenuti di vero spessore e che riesca ad appassionarci sinceramente a quanto accade ai nostri eroi. La distanza con questo mondo ancora purtroppo fittizio non riesce a convincerci del tutto; la cura quasi spasmodica per i dettagli avrebbe dovuto, e potuto, riversarsi anche sugli elementi cardine del gioco, quali vera tensione narrativa, ritmo più audace e sostenuto e qualche taglio nei momenti di tergiversazione. Trials of Mana denuncia più una volontà di marketing e di rispolverare un classico per renderlo accessibile anche al mercato giapponese, che un vero amore per questo titolo.