Nelle puntate precedenti, The Last Dance aveva portato lo spettatore a conoscere l’altro lato della medaglia d’oro di Michael Jordan, affrontando le accuse che nel corso del 1993 gli vennero rivolte, da quelle che lo ritraevano come un despota fino a quelle legate al gioco d’azzardo. La storia, con gli episodi 7 e 8, disponibili da lunedì 11 maggio, non può che ripartire da lì. Avvicinandosi al finale, la docuserie Netflix inizia a tirare le fila del discorso, addentrandosi sempre più nelle fasi più complesse per gli eroi protagonisti: la squadra dei Chicago Bulls.
Con The Last Dance si racconta la storia di come una squadra inizialmente minore sia arrivata a scalare i vertici della disciplina, vincendo per ben cinque volte il campionato NBA nell’arco temporale dal 1990 al 1997. L’ultima danza che dà il nome alla serie vede il celebre team calcare per un’ultima volta il campo, alla caccia del sesto titolo. Rinominata così dal coach Phil Jackson, la stagione del 1997/98, è infatti l’ultima a vantare quella che è stata definita la formazione più imbattibile di sempre. Al termine della competizione, come già anticipato negli scorsi episodi, Jackson sarebbe stato sostituito, con il conseguente abbandono dello stesso Jordan.
Il ritiro del campione
Con tre titoli NBA vinti, Michael Jordan era in cima al mondo, e con lui anche i Chicago Bulls. Nonostante ciò, il 1993 è stato senza ombra di dubbio l’anno più difficile per il celebre cestista, il quale, dopo le dure controversie che ne hanno intaccato l’aura da divinità, è stato costretto a confrontarsi con la morte del padre. Tale evento, avvenuto inaspettatamente, ha significato per Jordan il momento in cui era bene fermarsi e riflettere su quanto stava accadendo in e attorno a lui. Nella settima puntata si racconta dunque, attraverso la ritmata alternanza tra interviste e video di repertorio, dell’evento che segnò quell’anno e l’intero mondo del basket: la star annunciò il suo ritiro.
Vedendo il precedente episodio, questo ne risulta essere la diretta conseguenza. La scomparsa del padre è solo l’ultimo di una serie di eventi che hanno minato sempre più la pazienza dell’atleta, il quale, intervistato a riguardo, afferma di non aver più avuto stimoli nel competere nell’NBA. Per Jordan ha così inizio un nuovo inaspettato periodo della sua vita, quello come giocatore di baseball. Da sempre sua passione, il campione si dedicò a tale disciplina per circa diciotto mesi, e pur senza eccellere in questo sport, fu sempre circondato dai fan, i quali lo avevano seguito anche in questa nuova avventura.
L’episodio si divide a questo punto in due, seguendo da una parte la nuova carriera di Jordan, dall’altro ripercorrendo la stagione del ’93/’94 dei Chicago Bulls. Perso il loro leader e motivatore, la squadra sembrava destinata a perdersi. A farsene carico è stato allora Scottie Pippen, da sempre spalla dell’atleta e ora con la possibilità di prendere in mano la partita. Caratterialmente molto diverso da Michael, Pippen racconta di aver voluto essere più comprensivo negli errori dei suoi compagni, ma un clima più disteso non aiutò il team, che seppur ottenne ottimi risultati, mancò di conquistare il quarto titolo consecutivo. In quel momento, il futuro tanto di Jordan quanto dei Bulls appariva più incerto che mai.
Tornare a vincere
Particolarmente aderente a Il viaggio dell’eroe di Vogler da un punto di vista narrativo, in The Last Dance dopo il momento più difficile per Jordan giunge l’occasione per rialzarsi in piedi. I primi segni di speranza si verificano quando questi viene visto in diverse occasioni allenarsi con i Bulls, lasciando presagire un suo possibile rientro in scena. L’annuncio tanto atteso alla fine arriva, con l’atleta che si limita a dichiarare “I’m Back“. Il suo ritorno è la notizia che i fan di tutto il mondo aspettavano da tempo, e lasciata da la mazza da baseball, Michael è pronto a indossare nuovamente le sue Nike Air Jordan.
Subentrato in corsa in una stagione, quella del ’94/’95 non particolarmente entusiasmante, Jordan ricorda le prime gravi difficoltà nel riprendere il pieno controllo di sé. Come viene qui raccontato, l’allenamento svolto per il baseball era molto lontano da quello richiesto per il basket, cosa che lo ha indebolito e reso mento performante del solito. I problemi non sono finiti, dunque, ma è proprio a questo punto che la serie pone nuovamente al centro il suo tema più forte: il gioco di squadra. Freschi di una nuova formazione, che include ora anche l’agguerrito Dennis Rodman, i Bulls tornano ad avere un leader che con la sua motivazione riesce a coinvolgere quanti gli stanno intorno.
La stagione del 1995 terminerà con una sconfitta, ma sarà anche l’evento che spingerà Jordan ad alti livelli, diventando una cosa sola con il suo team. Tra allenamenti, interviste e copertura mediatica, viene preparato il grande ritorno dei Bulls, che nella stagione del ’96/’97 daranno nuovamente il massimo, arrivando in finale e vincendo il loro quarto titolo, proprio nel giorno del Father’s Day. Per Jordan, che dedica la vittoria al padre, non potrebbe esserci gioia più immensa. Allo stesso tempo, riportati al 1998, la finale NBA della tanto celebre ultima danza ha ufficialmente inizio.