The Outer Worlds Recensione Switch: verso l’infinito e… basta!

The Outer Worlds

Nell’epoca in cui la tecnologia ha raggiunto traguardi impensabili e l’evoluzione scientifica continua a rivestire un ruolo sempre più dominante, c’è sempre meno spazio per concetti più ā€œromanticiā€ e sociali.

Tutto ciò ĆØ un miracolo, direbbe qualcuno, riferendosi magari alla possibilitĆ  di parlare col proprio smartphone o di comandare con il semplice battito delle mani una sterminata schiera di luci invisibili disseminate in una casa degna dei migliori sci-fi. Un miracolo della tecnologia, aggiungeremmo, poichĆ© nei miracoli, quelli ā€œveriā€, credono sempre meno persone, in una generazione sin troppo lontana dal concetto di comunitĆ  e di unione sociale, e sempre più ā€œschiavaā€ di rapporti fondamentalmente a distanza in cui messaggiare sembra quasi più soddisfacente di un caloroso abbraccio.

Per fortuna, di miracoli tecnologici ce ne sono stati tanti negli ultimi anni, tra cui spicca, per ogni buon videogiocatore, quello compiuto da Nintendo con la sua console ibrida per eccellenza: Switch. Parliamo (ma lo sappiamo giĆ ) infatti ad una console che vi permette di giocare sia da casa sia in giro, senza dover interrompere la partita, ma anche semplicemente spaparanzati sul letto o sul divano, prima della doccia o dopo, in quello che a tutti gli effetti ĆØ diventato uno step successivo per l’industria e un nuovo modo sempre più in voga di fruire del videogioco.

the outer world switch

Stavolta però Nintendo, da sempre fautrice di innovazioni e piccole rivoluzioni, non si ĆØ ā€œchiusaā€ in se stessa ma, anzi, ha da subito dimostrato di volersi approcciare al mercato in modo più aperto. Ciò si ĆØ convertito in una presenza di prodotti ā€œterze partiā€ decisamente più massiccia e variegata rispetto al passato, tra cui spiccano diverse opere che non sono state semplicemente adattate alla macchina ma, anzi, studiate apposta per potersi esprimere su un dispositivo sĆ­ incredibilmente ispirato e innovativo ma tecnicamente arretrato rispetto alle altre console di attuale generazione.

The Outer Worlds: il paradiso dei porting

E, in alcuni casi, il miracolo ĆØ avvenuto davvero. Basti pensare al porting di prodotti quali DOOM o The Elder Scrolls V: Skyrim, ma anche ai vari capitoli della saga Wolfenstein, o il più recente The Witcher 3, la cui venuta e soprattutto l’ottima riuscita erano un qualcosa di difficilmente immaginabile. Per tali ragioni, ma non soltanto, quando si ĆØ iniziato a vociferare dell’arrivo di un titolo come The Outer Worlds, un prodotto quasi miracoloso per nascita, evoluzione e sviluppo, sulla console dei miracoli, appunto Nintendo Switch, il cuore dei fan più affezionati all’ibrida di Kyoto e al lavoro di Obsidian Entertainment ha iniziato a battere all’impazzata. Giocare ad uno dei titoli più interessanti e fieramente autoriali della scorsa stagione con la comoditĆ  della mobilitĆ ? Grazie a Virtuos ĆØ finalmente possibile, ma con tanti piccoli (e grandi) compromessi.

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Com’era facilmente intuibile, cosƬ com’è successo con altri porting illustri, adattare un simile prodotto all’hardware di Nintendo Switch non era una missione facile e probabilmente non lo sarĆ  nemmeno in futuro. Certo, non stiamo parlando di un prodotto strepitoso dal punto di vista tecnico nemmeno sui lidi più ā€œdotatiā€, ma parliamo, in ogni caso, di un’opera che per il genere di appartenenza fa dell’interazione ambientale, della vastitĆ  dell’esplorazione, e di conseguenza anche della qualitĆ  di quest’ultima, uno dei suoi punti fermi più importanti. Nella sua forma ā€œbaseā€, per chi non lo sapesse, e anche nella sua versione Switch, The Outer Worlds ĆØ un fiero esponente degli RPG vecchio stampo, un videogioco che vuole essere un videogioco nella sua fruizione ma allo stesso tempo un’opera in grado di raccontare una storia meravigliosa o, per meglio dire, di costruire un immaginario stratificato e incredibilmente ricco dal punto narrativo. In questo, The Outer Worlds ĆØ un perfetto discendente di opere come Fallout: New Vegas, da cui il titolo in questione eredita buona parte di quei tratti che ne hanno sancito un successo ancora vivo e pulsante ancora oggi. In The Outer World la parola ā€œferisceā€ più di ogni altra cosa, e lo si può imparare a proprie spese, poichĆ© il concetto di libertĆ  sembra essere il cuore pulsante di un’opera che fa proprio della sua potenza narrativa il piatto più ricco della portata.

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LibertĆ  di azione, libertĆ  di creazione di esplorazione sono dunque i capisaldi della produzione che però non ci offre quello sconfinato mondo tipico dei Fallout vari, ma ci mette a disposizione porzioni di mondi ben più striminzite in termini di estensione geografica ma incredibilmente pregni dal punto di vista della densitĆ  demografia. In ogni angolo si nasconde qualcosa per cui valga la pena ā€œperdereā€ tempo, ogni persona ha un dialogo e i tanti membri che comporranno la nostra squadra esplorativa avranno, di conseguenza, tanto da dire e le loro bellissime e articolate storie da esplorare, che in piena tradizione Obisidian sembrano superare per qualitĆ  e appetibilitĆ  anche quella principale.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

Tutto questo non cozza, come potrebbe sembrare, con un combat system ed una parte ā€œgiocataā€ deficitaria, anzi. The Outer Worlds riesce a difendersi più che bene sotto tutti i punti di vista e, anche per questa ragione, eravamo incredibilmente curiosi di saggiarne la resa sulle ben più modeste potenzialitĆ  tecniche di Switch. Sia chiaro, non abbiamo mai avuto dubbi su quanto sarebbe stato bello poter giocare ad un titolo simile comodamente seduti in metropolitana o più semplicemente ā€œlontaniā€ dalla televisione, ma le nostre preoccupazioni erano tutte riservate all’aspetto tecnico e grafico della produzione. E, purtroppo, ne avevamo tutte le ragioni. Se dal punto di vista ludico e narrativo il gioco non perde nĆ© acquista nulla dalle sue controparti più ā€œblasonateā€, da un punto di vista meramente grafico il passo indietro ĆØ decisamente evidente. Numeri alla mano, in veritĆ , il titolo assicura una resa vicina ai 1080p in versione ā€œdockedā€ e 720p in modalitĆ  portatile con un frame rate sui 30fps tutto sommato stabili, che almeno sulla carta offrono una visione delle cose in fin dei conti poco veritiera.

Tali numeri, infatti, legati probabilmente ad una gestione ā€œfurbaā€ che si basa su un upscaling più o meno esplicito nascondono una veritĆ  dei fatti ben lontana da quello che sembrerebbe un porting più che valido dal punto di vista della qualitĆ  visiva. Se vi state chiedendo se sia veramente cosƬ brutto da vedere su Switch la risposta ĆØ, probabilmente, ā€œnĆ¬ā€. Texture, modelli poligami, espressioni facciali, oggetti di scena, uniti ad un aliasing troppo marcato (specialmente in docked) offrono un quadro complessivo difficile da ignorare e, oggettivamente, risulta impossibile non tenerne conto nella valutazione complessiva del porting stesso. Il downgrade grafico rispetto alle altre controparti, insomma, ci ĆØ apparso, oggettivamente, troppo evidente, a causa anche della natura del titolo, non esattamente miracoloso dal punto di vista dell’estensione e della potenza grafica nemmeno sulle console più blasonate. Abbiamo avvertito una pigrizia troppo marcata, per certi versi, perchĆ© immaginiamo che, forse, qualcosina in più sotto questo aspetto, probabilmente, la si poteva fare e certamente ce lo saremmo aspettati.

Un Joy-Con ĆØ per sempre

Le novitĆ  della versione Nintendo Switch di The Outer Worlds, comunque, non finiscono qui. Un po’ come da tradizione, l’anima shooter del titolo viene ā€trasferitaā€ nella console, la quale ci permette di mirare con i sensori di movimento dei Joy Con e del Pro Controller. Inutile dirvi che, anche stavolta, il lavoro ĆØ stato svolto soltanto a metĆ  perchĆ©, in tutta onesta, abbiamo deciso di smettere dopo pochi minuti di usufruire di tale possibilitĆ  a causa di una resa effettiva decisamente poco familiare e soprattutto scomoda.

La versione Switch di The Outer Worlds arriva sul mercato con una duplice faccia: da un lato quella dello splendido gioco di ruolo coniato da Obisidian Entertainment dall’altra quella di un prodotto eccessivamente rimaneggiato dal punto di visto tecnico, persino per lo standard delle conversioni ā€œnintendareā€. Complice anche il prezzo pieno al lancio, dunque, il nostro consiglio ĆØ quello di provarlo su altre console (qualora fosse possibile) ma, nel caso contrario, rimane un titolo imperdibile per la sua importanza narrativa e strutturale, ma che vi richiederĆ  di chiudere un occhio (e forse anche tutti e due) dinanzi ad un comparto tecnico decisamente sottotono.

Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.