Skully Recensione: forze e debolezze dell’argilla

Skully

Cosa succederebbe se decidessimo di mettere insieme le trasformazioni di Knack e la possibilità di muoversi in una versione sferica di se stessi come in Metroid, il tutto condito da elementi platforming e puzzle ambientali? È sicuramente questa la domanda che si sono fatti i ragazzi di Finish Line Games, studio di sviluppo indipendente che ha avuto modo di farsi conoscere dal grande pubblico col l’avventura grafica Maize, piena di enigmi e personaggi folli. L’assurda, quanto originale, domanda di cui sopra si è successivamente trasformata in qualcosa di realmente concreto: Skully. Titolo che, stando alle premesse, avrebbe potuto regalare al genere platforming quella ventata di aria fresca fatta di idee semplici legate strettamente ad un level design così ben studiato da farle risaltare in tutto il loro potenziale. Purtroppo, però, alcune scelte stilistiche hanno finito per minare anche quel che di buono era presente nel gioco pubblicato da Modus Games.

Skully

Skully: rotolando verso sud

Il puzzle platform di Finish Line ci porta su un’isola paradisiaca, la cui naturale bellezza non è stata intaccata dal genere umano. Non tutto è oro ciò che luccica, poiché le divinità di questa isola (quattro fratelli il cui dovere è quello di proteggere l’ecosistema della stessa, grazie anche ai loro poteri legati ai principali elementi della natura), per un motivo che verrà mano a mano svelato, hanno cominciato una diatriba familiare che rischia di portare alla distruzione la loro stessa casa. Confinati ormai ciascuno nel proprio territorio, i quattro fratelli continuano a infastidirsi cercando di prendere poco a poco il sopravvento sui territori degli altri. L’unica divinità, di nome Terry, stanca di questa lite infinita sfrutterà il potere dell’argilla incantata per riportare “in vita” un teschio (il nostro Skully) che possa aiutarlo nell’ardua impresa di far pace con i propri fratelli. Ed è proprio qui che l’avventura del nostro rotolante amico può iniziare.

L’elemento principale su cui si fonda la maggior parte dell’esperienza di gioco è proprio la capacità del nostro Skully di, in quanto teschio, rotolare in giro per la mappa e saltellare sulle varie piattaforme che andranno ad ostacolare il nostro cammino. Il rotolare rappresenterà non solo la meccanica più articolata e ben strutturata dell’intera produzione, bensì anche la più “difficile” ludicamente parlando. La presenza di accelerazione, fisicità e dello sfruttamento del momentum durante i salti rende il “semplice” rotolare una continua gestione e previsione di ciò che dovremo affrontare sul nostro cammino. Tra piattaforme di varia grandezza e angolazione, in movimento o meno, con continui elementi esterni che potrebbero far perdere aderenza al nostro teschietto argilloso, le nostre rotolate sapranno rendere il viaggio tra i vari ecosistemi ricco di varietà e pericoli tanto da arrivare a sfiorare la frustrazione. Quest’ultima sapientemente gestita grazie alla presenza di checkpoint a forma di pozzanghera di argilla, utili non solo a salvare la partita e ricaricare la vita del nostro protagonista, messi strategicamente dopo ogni fase platform che potrebbe risultare in un lancio del controller dalla finestra tale da guadagnarsi la medaglia olimpica. Fosse stato per noi, il titolo avrebbe potuto contare anche solo su questa feature per ottenere risultati più che discreti. Purtroppo con la presenza delle varie trasformazioni iniziano ad intravedersi anche i primi problemi strutturali.

Skully

Forme d’argilla ludicamente decadenti

Sbloccabili tutte entro la prime due ore di gioco, le tre trasformazioni di Skully rappresentano l’anima action e puzzle della produzione di Finish Line Games. Il nostro teschietto potrà sfruttare ogni pozza di argilla per immergersi e scegliere quale forma utilizzare in base alle sue abilità. Ogni trasformazione, infatti, presenta caratteristiche uniche che la rende differente dalle altre: la prima forma concederà a Skully la possibilità di distruggere determinati muri e monoliti che proteggono nuove zone o celano passaggi segreti, oltre al poter sconfiggere dalla distanza i mostri, prevalentemente acquatici, che potrebbero ferire mortalmente il teschio il quale potrà uscire e rientrare nei corpi dalla forma argillosa ogni qualvolta lo desideri e per i più svariati motivi, che siano di progressione o di risoluzione di enigmi. La seconda forma potrà sfruttare una rincorsa, utile a superare con estrema velocità e slancio i baratri troppo grandi, e la possibilità di muovere con la magia determinate piattaforme orizzontalmente per risolvere i puzzle ambientali. L’ultima forma, quella più utile a conti fatti, ha la capacità di muovere le piattaforme di cui sopra verticalmente e di usare un comodo doppio salto. In tutta questa situazione, si aggiunge la possibilità, e necessità, di poter creare solamente tre forme, senza limitazioni specifiche sulle singole, da condividere fra tutti i checkpoint. Tale scelta viene sfruttata specialmente per i puzzle più avanzati ove sarà necessario sfruttare le abilità di più forme contemporaneamente. In caso non si possa più creare altre forme, si può sempre cancellare tutte quelle già esistenti tramite il comando apposito senza nessun tipo di penalità.

Se sulla carta la possibilità di sfruttare questo trio di trasformazioni può sembrare utile a variare l’approccio e la ripetitività di alcune situazioni, in pratica risultano solamente un’operazione atta ad inserire forzatamente l’elemento rompicapo che non sarebbe esistito altrimenti (data la scarsa interazione di Skully sferico). Nonostante ciò, i puzzle risultano comunque aggirabili, il più delle volte, sfruttando le caratteristiche della rotolata di Skully e alcune falle del level design. Perfino l’inserimento di nemici risulta del tutto inutile e fastidioso, data la loro scarsa IA e un aggro inesistente nei confronti del giocatore. Tanto che alla fine sarà molto più semplice e veloce superarli grazie alla mobilità della rotolata invece di sconfiggerli uno ad uno con la trasformazione apposita, che sarà lenta sia nei movimenti che negli attacchi.

Skully

Argilla che comincia a sciogliersi

Come riferito poc’anzi i puzzle ambientali, feature importante dell’offerta ludica, peccano incredibilmente nella loro riuscita per colpa di alcuni difetti legati al level design, i quali svelano un’altra problematica che affligge il prodotto: le mappe. Per quanto il titolo riesca a difendersi discretamente sul fronte della varietà (sono presenti ben 7 ecosistemi differenti) alcuni scenari e livelli presentano intoppi strutturali proprio a causa della stessa e della troppa libertà concessa dai movimenti di Skully. Ogni livello, infatti, presenterà ogni sorta di insidie e darà al giocatore una moltitudine di zone da esplorare da far venire i capogiri. Se da un lato abbiamo sezioni platform ben ragionate che richiedono attenzione da parte del giocatore, dall’altra abbiamo momenti in cui l’unica cosa da fare è muoversi da un lato all’altro della zona senza troppi sbattimenti, su piani completamente pianeggianti, o leggermente collinari, in cui spostarsi liberamente tra alberi e rocce per scoprire e raccogliere i fin troppo numerosi collezionabili. Soprattutto nei livelli iniziali, sarà possibile sfruttare i salti e le accelerazioni di Skully per arrampicarsi praticamente ovunque. Una situazione che risulta pensata appositamente dal team di sviluppo, data anche la presenza di collezionabili nascosti in luoghi impensabili, ma che si riflette negativamente sulla già accennata struttura dei livelli date le numerosi occasioni in cui ci siamo ritrovati a poter superare intere porzioni di mappa solamente perché spinti dal completismo. I numerosi muri distruttibili dalla prima forma d’argilla potranno così essere superati facendo solamente qualche salto ai loro lati, e i puzzle che richiederebbero l’uso delle piattaforme semoventi potranno ingegnosamente essere superati con dei salti sui generosi geodata delle rocce poste lì accanto. Il tutto senza dover mai usare altre forme se non quella sferica.

Parlando del comparto tecnico e artistico, il gioco di Finish Line Games sfrutta l’Unreal Engine 4 proponendo una pulizia grafica impressionante, arricchita da uno stile grafico che ricorda molto le creazioni fatte con la plastilina o con l’argilla (data la natura di Skully) ma che risulta sottotono e poco ispirata se si va a guardare una gestione delle luci quasi assente e degli asset ambientali che sembrano riciclati da altre produzioni o comprati dagli appositi store. La presenza di collezionabili potrebbe essere l’unico motivo per rigiocare l’avventura del nostro teschietto (che di norma si aggira sulle 5 ore) ma il loro numero eccessivo e la mancanza di un sistema di progressione del personaggio finiscono col renderli fini a se stessi, a meno che non siate curiosi di sbloccare tutti i bozzetti preparatori messi come extra dal team di sviluppo. Narrativamente il titolo sfrutta scene di intermezzo che utilizzano un effetto che va tra lo stop-motion e le diapositive per i momenti più importanti, relegando i dialoghi di contorno alle situazioni in game in cui il mood è più calmo. Nonostante la trama non spicchi per originalità e la regia sia praticamente assente, i dialoghi riescono molte volte ad avere quel guizzo di umorismo e follia che il team di sviluppo ha saputo regalare più volte nelle iterazioni precedenti ma che, in Skully, risultano essere più sottotono e col freno a mano inserito.

Purtroppo Skully di Finish Line Games si rivela essere un puzzle platform riuscito quasi a metà. La meccanica della rotolata così tecnica, profonda e ottimamente ragionata deve scontrarsi con la natura schizofrenica dell’intera offerta videoludica fatta di scenari platform da manuale e un level design che permette di saltare intere porzioni di mappa; trasformazioni varie con abilità uniche che risultano inutili, il più delle volte, per via di puzzle ambientali mai ostici e facili da “rompere” e presenza di nemici e collezionabili completamente fini a se stessi che spezzano il ritmo di una narrazione poco originale ma abbastanza folle da riuscire ad accompagnare i giocatori per tutte e 5 le ore utili ad arrivare al finale.

Marco è nato e cresciuto con i videogiochi grazie alla sorella maggiore che lo faceva giocare col suo Gameboy Color. Si è appassionato definitivamente al medium dopo aver finito il primo Metal Gear Solid insieme al padre, il più bel ricordo legato a quello che è diventato uno dei suoi giochi preferiti. È un lettore appassionato di Dylan Dog. Studia recitazione e doppiaggio da circa 10 anni. Dicono faccia un'ottima imitazione di Gatto Silvestro.