Shin Megami Tensei V Recensione: “Dio è morto”

shin megami tensei V recensione

In questa recensione la mia missione è comunicarvi quanto Shin Megami Tensei V segni il ritorno, nel più roseo dei modi, della serie JRPG Atlus. Del resto, il successo di Persona 5, della sua versione Royale e poi di Persona 5 Striker (pur se diversissimo in termini di gameplay) avevano già dissodato un terreno fertile in partenza per un nuovo Shin Megami Tensei. Fertile anche perché, negli ultimi anni, il genere ha vissuto e sta vivendo un rinascimento inaspettato e solidissimo. Non solo, come ci si potrebbe attendere, quando al JRPG vanno sommandosi elementi estrapolati da altri generi e sotto generi più moderni, quali l’action, lo strategico o il card game. Ma, anche, quando il JRPG si palesa nella sua forma più classica e in un certo senso vetusta; quasi antiquata. Quando bussa alle porte della nostalgia ed entra nei nostri cuori dalla via preferenziale, scavata per lui dai titoli che lo hanno preceduto.

Una doverosa premessa questa, perché Shin Megami Tensei V non è, non vuole, non deve essere innovativo. Non ha bisogno di presentarci un nuovo modo di interagire con il bestiario al quale siamo abituati e che ci accoglie a braccia, chele, tentacoli e via dicendo aperti, per “abbracciarci”. E, quando glielo lasciamo fare, abituati ai caldi abbracci dei giochi più moderni e permissivi, ci stritola, ci morde, e ci tiene avvinti a sé nel più possessivo dei modi. Un amore tossico? No signori e signore: un JRPG come pochi altri sul mercato. 

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Shin Megami Tensei V: l’apocalisse è arrivata

Shin Megami Tensei V non mente mai. A partire dalla trama, infatti, ogni esponente della saga mette subito in chiaro che dobbiamo dimenticare la scanzonata atmosfera dei Persona; ovvero, titoli nati dalla costola (biblicamente e videoludico ente parlando) dei primi Megami Tensei (lett. Divinità Reincarnata in giapponese), divenuti poi Shin Megami Tensei (Nuova Divinità Reincarnata). Fedele al significato del suo nome, infatti, la saga di Shin Megami Tensei ha da sempre puntato al cielo, e anche più su: a Dio/agli Dei, e alle sue/loro dimensioni narrative. Laddove Persona si concentra sulle esperienze dei suoi protagonisti umani, dei quali sviscera, analizza e racconta la vita fin nel più piccolo “slice of life”, Shin Megami Tensei esplora invece la sfera divina e demoniaca. La stessa che nei Persona è data quasi per scontata nel suo essere soprannaturalmente potente, inarrivabile e “scontata”. 

Una simile consapevolezza mistica ha però un prezzo, identico in ogni Shin Megami Tensei. Che sono tutti in egual modo titoli che non si curano del potenziale umano, puntando il 100% sul misticismo e sulla religione. Su apocalissi, fine del mondo (a partire dal Giappone, si intende), vissute con gli occhi di protagonisti liceali con il peso dell’esistenza tutta da sopportare stoicamente; meglio se stando anche un po’ zittini, per non rovinare l’atmosfera con le grida agonizzanti tipiche di quell’età. “Son ragazzi, che vuoi farci. Conquistano o devastano il mondo, crescono in fretta”. Argomenti che, pur adattati e veicolati attraverso uno stile artistico squisitamente anime e nipponico, anche quando distorti e “diluiti”, insomma, conservano una inalienabile pesantezza di fondo. Che non tutti gli stomaci videoludici riescono a digerire con eguale rapidità. Se possedete il metabolismo giusto, però, vi renderete conto del perché Shin Megami Tensei sia da sempre nella top 3 dei più amati JRPG in Giappone. Un’info ribattuta da tutte le testate dall’annuncio di Shin Megami Tensei V ad oggi, ma per una buona ragione. Perché difficilmente, da noi, Shin Megami Tensei è noto e apprezzato quanto un Final Fantasy o un Dragon Quest. E indovinate chi altro c’è nella succitata top3 del Sol Levante?

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Due #5 a confronto

Così, giusto per prendere “i quinti arrivati” di ogni schieramento: Shin Megami Tensei V e Persona 5 appartengono allo stesso genere. Condividono il bestiario di nemici/demoni e mostri da combattere e/o assoldare, fondere e via dicendo. Si tengono per mano, persino, nel design di ambientazioni, animazioni e nella nomenclatura tecnica di magie, attacchi, oggetti e via discorrendo. Ma non potrebbero essere giochi più diversi tra loro. Concentrati su ritmi del tutto opposti, imposti da metodi di approccio da parte dei giocatori a loro volta dettati da fattori caratterizzanti dei due giochi. L’uno (Persona 5) ti sprona a impiegare il tuo tempo nel miglioramento dei personaggi e dei loro equip. Tramite grinding, certo, ma anche, meno usualmente per i JRPG puri, coltivando le loro relazioni interpersonali. Immergendoti nella quotidianità del Giappone moderno; nei suoi neon, nella tecnologia, e facendoti zigzagare dentro menù e interfacce grafiche uniche, pop, artistiche persino. Giochi a Persona 5, e ti senti giovane fra giovani: facile.

L’altro (Shin Megami Tensei V) concentrato sulla lotta invisibile tra forze del bene e forze del male. Mai terreno, realistico o “giornaliero”. Piuttosto, immerso nel tempo sospeso che caratterizza i capisaldi dei JRPG; e votato, dunque, a farti spendere ore ed ore nelle operazioni di grinding, livellamento, miglioramento del tuo team. Solo in secondo luogo, del personaggio principale, che passa quasi da protagonista a “veicolo del divino”, perdendo le caratteristiche che lo rendono identificabile come essere umano fin dai primissimi minuti di gioco. Il tutto, senza mai farti dimenticare che “less is more”. Pragmaticamente, dunque, spingendoti a considerare le interfacce utente per niente più di quel che sono: un modo di esercitare il tuo controllo (o di manifestare la perdita di esso) nel corso delle molte sfide che ti vengono lanciate contro a ritmo sincopato. Giochi a Shin Megami Tensei V, e improvvisamente sei tornato indietro nel tempo. I giochi sono difficili, Dark Souls non esiste ancora, e Mario se la batte con Sonic alla pari (e talvolta perdendo pure). 

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Shin Megami Tensei V: un magnifico protagonista

Non sono solito, parlando di JRPG o RPG di sorta (titoli story driven per definizione) fare spoiler di alcun tipo. Non avrebbe senso né in ottica di noncuranza verso lo spoiler stesso, né come strumento per “invogliare” a proseguire nella trama. A maggior ragione se, come in Shin Megami Tensei V, un torrente di lore, non trama, aulico e sontuoso di citazioni alla religione, alla Cultura letteraria e storica con la C maiuscola, ti fa dimenticare di star affrontando uno dei più ludici tra i JRPG presenti sul mercato. E, pure, fa passare la trama spicciola in ultimo piano. In questo, dove Shin Megami Tensei IV aveva forse calcato la mano con più (troppa?) “modernità”, Shin Megami Tensei V riesce perfettamente. Nel ricostruire una mitologia credibile che sommi sacro e profano, spiritismo e cattolicesimo senza soluzione di continuità, e con grande eleganza e rispetto per le fonti originali e la loro caratura. 

A perderci, in questo contesto tanto elevato, è semmai la parte di trama più “terra terra”. Sempre se non si entra, però, nell’ottica citata qualche paragrafo più su. E non si guarda al design del protagonista, intento a salvare il mondo da una probabile apocalisse NON come uomo; ma come mero strumento divino. Depersonalizzato, senza voce e doppiaggio, neutro in tutto: persino nell’apparenza estetica estremamente androgina. Un protagonista meraviglioso, perfetto per Shin Megami Tensei V e la sua lore. Più importante, va ripetuto, della “trama effettiva”, in cui si tuffa, invece, Persona e la sua “leggerezza”. Il protagonista di Shin Megami Tensei V, infine, è un topoi in cui tutti possiamo riconoscerci, e in cui nessuno si riconoscerà, volutamente, fino in fondo. 

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Cattur-ehm convincili tutti

Shin Megami Tensei V è un’altalena. Costantemente in bilico tra altissimi picchi narrativi, intrisi di elevazione culturale, morale e religiosa. Centellinati, distribuiti con parsimonia, però, dentro un impasto ludico dalla consistenza variabile: non Newtoniana. Ovvero, tanto più forte ci scagliamo contro di esso, tanto più duramente risponde e si indurisce, impedendoci di scalfirlo. L’unico modo per penetrarlo è capire che ogni mossa durante le battaglie a turni va ponderata attentamente; e non ci sono nemici di serie A, B e C: solo degni avversari. Mostri, demoni e angeli provenienti dalle più svariate mitologie, che, come vi ho già anticipato, costruiscono un nutritissimo bestiario (oltre 200 diverse creature) che dobbiamo sia sconfiggere, che “reclutare”. E per riuscire nella prima impresa, la seconda è fondamentale. Dimenticate gli eroi della luce, il team di ladri gentiluomini più cool del mondo, la squadra di avventurieri che si scoprono compagni piano piano, mentre incedono verso il comune avversario che li opprime. Shin Megami Tensei è DECISAMENTE più pragmatico. Voi, il protagonista, siete il burattinaio; i vostri alleati, i mostri che convincete a far parte della vostra squadra, i burattini. Non alleati, non amici, non colleghi: elementi sacrificabili, punto e a capo. Prima lo capite, meno vi affezionate ai mostriciattoli come fossero Pokémon, prima e più velocemente arriverete ai titoli di coda di Shin Megami Tensei V senza perdere capelli, sudore, sangue e lacrime. 

Potete fonderli per creare mostri più potenti, estrarre la loro essenza mistica per potenziare il vostro protagonista o altri mostri con nuove mosse. In generale, potete disporre di loro, i mostri del vostro team, con piena libertà. Nella fase immediatamente precedente, però, dovete trovarli nel mondo di gioco, mentre vagano selvatici, in piena vista, in un overworld liberamente esplorabile. Un mondo mai dendridico o eccessivamente ramificato. Piuttosto, “largo e lungo”, ampio, altimetricamente stratificato come mai nessuno Shin Megami aveva fatto prima. E, soprattutto, denso di side quest, oggetti e forzieri; panorami che, nella loro semplicità tecnica, restano comunque il più delle volte super evocativi. Ogni incontro con un team di mostri selvatici è una sorpresa: a volte attaccherete per primi, a volte il turno inizierà da loro. E, altre volte, quei bastardelli vi chiederanno in pegno denaro per “lasciarvi in pace e andarsene”. Il bello, in queste situazioni, è quando la situazione si ribalta: da che sono loro, i mostri, ad avere il livello più alto, chiedendovi dunque soldi in quantità perché consci della loro superiorità. A quando, timidamente, la cifra richiesta scende in proporzione con la vostra forza. Arrivando al punto che quasi leggete la disperazione nel nemico di turno mentre, stoicamente, vi chiede “il pizzo” solo  per evitare di perderci la faccia. Ma sa già che voi siete perfettamente in grado di strappargliela via con un sol colpo (la faccia). 

Tuttavia, non sempre rifiutare l’offerta di un mostro si volgerà a vostro vantaggio. In mancanza di Pokéball, schede di memoria SD e Digivice vari, l’unico modo che avrete di far squadra con un mostro nemico è parlare con lui, e convincerlo a passare dalla vostra parte. Ma se in Persona 5 (per citarne uno) questa meccanica era quasi accessoria, o comunque importante senza mai essere davvero centrale, in Shin Megami Tensei, quindi anche nel V, è l’unico modo che avete di costruire una squadra. Di più: una squadra davvero utile, obbligatoriamente diversa di volta in volta per sconfiggere i mostri più duri. Quindi Boss e mini Boss. Ci vorrà tutta la vostra capacità di immedesimazione nella mentalità dei mostri che desiderate per capire quale opzione di dialogo, tra le tante e tutte diverse proposte, è quella che vi porterà al momento del fatidico sì: entrerò nel tuo team. Ma anche se la dialettica fallisce, a volte basterà “ungere gli ingranaggi”; ovvero corrompere i mostri più avidi con PM, PV, oggetti o denaro. Ah, dannato capitalismo!

DIFFICILE significa DIFFICILE

“Diamine, questo Shin Megami Tensei V sembra difficile” sembrate dirmi attraverso le pagine di questa recensione. Oh, non sapete quanto. Il punto è che la serie, già dagli albori, dovette distinguersi dai contendenti sul piano ludico. E pensò di farlo attraverso un’implacabile morsa di difficoltà. Il risultato, ai giorni nostri, è un concetto di “difficile” che oscilla continuamente tra l’artificiale e l’organico; proponendo, quindi, mostri che anche quando li colpiamo sfruttando le loro debolezze hanno una mole di punti vita gargantuesca, tale da rendere gli scontri dei giochi di resistenza psicofisica. Non perderò tempo, quindi, cercando di convincervi che siete voi quelli sbagliati; che non dedicate abbastanza tempo e attenzione al gioco, che “eh se seguiste la strategia tot è tutto così facile!”; non è così. Shin Megami Tensei V è un vero figlio… dei suoi predecessori. Non perdona gli errori, nemmeno una mossa sbagliata. Le debolezze elementali, infatti, sia per voi che per gli avversari diventano One Hit KO nell’Overworld, e l’unico modo di abbattere i Boss al termine delle sezioni di trama. E non è solo una questione di moltiplicatore dei danni; il fatto che ogni colpo “superefficace” sferrato o subito aumenti di 1 i turni a disposizione di alleati o nemici ne è l’ennesima riprova. 

Infine, Shin Megami non permette di sfruttare “il team che vuoi” per ogni sfida; invece, ti impone di capire quale sia la combinazione adatta a ciascuna, pena la sconfitta. Non provate a rusharlo, non pensiate di essere più tosti di lui: non lo siete. Nessuno lo è. Piuttosto, arrendetevi al fatto che il bello di Shin Megami Tensei è proprio la sua capacità di piegarvi al suo volere, di darvi soddisfazione come e quando lo vuole lui. Di raccontarvi la trama più succosa solo dietro al “paywall” di un Boss talmente forte che le ore di gioco schizzeranno da 100 a 1000; e quel pulsante di “abbassa la difficoltà” scegliendo tra 4 distinti livelli sembrerà una panacea. Ma in Shin Megami Tensei, tutto è magnificamente probante. Se giocate a DIFFICILE, ad esempio, e nel corso della partita diminuite la difficoltà per affrontare un boss ostico, per la run in corso non potrete più tornare a giocare in difficile. Gli Dei vi guarderanno dall’alto in basso, mentre prendete quel calendario e li enumerate uno ad uno. Consci che hanno vinto loro, e voi avete perso. Volete davvero dare loro questa soddisfazione?

Shin Megami Tensei V è un gioco straordinariamente conservativo, duro a cedere terreno alla modernità, restio persino a fornire alcuni elementi tipici di “life hack” che contraddistinguono gli ultimi JRPG a turni rilasciati in tempi recenti. Dovete “sbatterci il grugno”, divertirvi mentre lo fate, e ringraziare Atlus per non aver ceduto alle facili lusinghe di chi ha portato Persona V tanto in alto nel panorama videoludico moderno. Non è facile: molti si arrenderanno ancor prima di cominciare, allontanati dalla difficoltà proibitiva, o dalla  ripetitività di fondo che fanno parte di Shin Megami Tensei come la farina del pane. Li capisco, ma mi dispiace per loro.

Piattaforme: Nintendo Switch

Sviluppatore: Atlus

Publisher: Nintendo, Atlus, SEGA

Si perdono picchi di design inarrivabili nella caratterizzazione estetica, ma anche morale, dei mostri che incontriamo; una trama e soprattutto una lore dura da digerire, ma anche misteriosa, mistica, aulica. Si perdono, pure, una colonna sonora che spazia dall’acid jazz al rock, quasi metal, per sfondare nel pop, al Jpop e al “Canto corale religioso” senza soluzione di continuità. Sempre, però, sottolineando con efficacia il momento ludico o narrativo che stiamo affrontando. Si perdono uno dei più tecnici e stimolanti JRPG del 2021, capace di rivaleggiare a carte scoperte con mostri sacri di passato e presente. E persino con quel Persona V che sembra tanto divino e intoccabile. Di fronte al vero JRPG divino, alla nuova divinità che non ha bisogno di essere nuova per far piegare le ginocchia dei fedeli,  soltanto chi è duro di cuore può resistere. E no, non ho sbagliato a scrivere “puro”. Intendevo proprio “duro”.

VOTO: 8.8

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.