Quando fai questo lavoro da tanti anni, sai bene che ci sono delle recensioni difficili, spiazzanti, che ti trovi a rimandare il più possibile, per l’ovvia ragione di voler sfuggire al compito di guardare dentro l’abisso. Perché sai che ciò che vedrai non ti piacerà, ma soprattutto che ti turberà, facendoti sentire in colpa. So bene che persino ora, mentre i caratteri si compongono sullo schermo, sto tergiversando, e infatti vi avverto: questa non è la classica recensione “tutto e subito”, che va dritta al punto e vi dice che il titolo analizzato è valido o deprecabile, né tantomeno uno di quegli articoli infinitamente lunghi e noiosamente descrittivi, che vi raccontano per filo e per segno ogni elemento dell’opera recensita, evitando solo il racconto (proibitissimo) di quanto accade a livello di trama. Aggiungo, in totale sincerità, che neppure correre a guardare il voto numerico finale vi aiuterà più di tanto perché, credetemi, Fire Emblem Engage è un titolo che necessita di essere spiegato correttamente affinché possiate realmente capire se fa per voi oppure no. Già, proprio così: a prescindere dal voto. Quindi, tanto vale cominciare. Sarà doloroso, ma va fatto.
Fire Emblem Engage: l’abito rivelatore
Guardando la copertina di Fire Emblem Engage, con il suo protagonista, Alear, dai capelli metà blu e metà rossi, ho avuto subito il timore che fosse in arrivo un maremoto stilistico/contenutistico. Avete presente Fire Emblem Awakening, il capitolo più anime e leggero della trama? Quello con personaggi più sopra le righe e una trama meno seria e drammatica rispetto agli standard della saga a firma Intelligent Systems? Ecco, quella era la sensazione. È in arrivo una nuova svolta in quella direzione, probabilmente motivata dall’avvento di un numero smodato di nuovi fan della serie, meritatamente conquistati da quel monumentale capolavoro che risponde al nome di Fire Emblem Three Houses (a proposito, qui potete leggere la mia recensione). Del resto, mai nella storia ultratrentennale di Fire Emblem (il primo capitolo risale al lontano 1990) una singola uscita aveva venduto quasi 4 milioni di copie, un fatto rilevante, tanto più perché gli elementi di interazione sociale tra personaggi e i loro coinvolgimenti sentimentali furono un aspetto non secondario nel determinare il successo dell’opera. L’elevatissima qualità della stessa (sia benedetta Kou Shibusawa, divisione di Koei Tecmo che ha sviluppato il gioco in tandem con Intelligent Systems) ha fatto il resto, generando un livello di amore e attesa attorno alla saga senza precedenti. Bello e spaventoso, dal punto di vista di un fan storico. E infatti…
Si usa dire che “l’abito non fa il monaco”, tuttavia qui è evidente che l’abito svela la natura del monaco, e questo monaco è decisamente differente dai suoi “colleghi” che avevamo avuto la fortuna di incontrare nel passato, anche recente. Uscendo fuor di metafora, dovete sapere in modo netto che darete addio al Fire Emblem più serio, drammatico e – anche stilisticamente – sobrio, per abbracciare un Fire Emblem più giovanilistico, che si rivolge a un pubblico diverso compiendo scelte tutto sommato coerenti col nuovo target, ma, ahimè, deludenti per la vecchia guardia, quella abituata alla grandeur tragica di un Path of Radiance, tanto per fare un esempio significativo.
Una storia discutibile
Avvertenza rassicuratrice per chi conosce poco lo scrivente: non ho alcuna intenzione di svelarvi alcunché della trama di Fire Emblem Engage, perché non mi interessa, non trovo che sarebbe utile e, da ultimo, non ritengo che porti con sé tematiche così interessanti, forti o rivoluzionarie da meritare una menzione in questa recensione. Ciò non significa che non tratteremo del valore della storia, dell’ambientazione e dei personaggi del gioco, trovandoci al cospetto di una saga da sempre fortemente narrativa. Purtroppo, è proprio la nostra visione storica a danneggiare Engage, ed è per questo che, qualche riga addietro, abbiamo sottolineato la deliberata decisione di spostare il focus su un pubblico diverso, in gran parte fatto di (molto) giovani e neofiti della serie arruolati da Three Houses.
Sebbene qualche spunto ci sarebbe anche, dimenticate i toni gravi, a tratti oscuri, che la serie di Fire Emblem aveva sempre portato tra noi, accompagnandoci in avventure a doppio strato di lettura: una, più superficiale, per chi si accontenta di concentrarsi sulle battaglie e sugli amori dei nostri eroi; l’altra, più profonda, per chi vuole cogliere le implicazioni psicologiche, sociali, politiche e religiose che generalmente un Fire Emblem affronta, sempre in modo delicatamente sfumato, garbato. Qui il nostro alter ego, Alear, che potremo avere in versione maschile o femminile, è il leggendario Drago Divino, svegliatosi improvvisamente dopo 1000 anni di sonno, ovviamente destinato ad affrontare la sua malvagia controparte. Nessuno spoiler: è il primo istante di gioco, e altro da noi non saprete. Il punto è che trama e personaggi sembrano davvero usciti pari pari da un anime leggerino per ragazzi molto giovani, con totale negazione di ogni tentativo di realismo o di impostazione di tematiche complesse e solide. Nelle trame belliche non si percepiscono più intrighi o strutture politiche, né vediamo più eserciti e quadri intermedi. Sovrani, principi e principesse sono come bambini che, da soli, giocano alla guerra, e ciò risulta un po’ difficile da digerire per i veterani… della saga come della vita. Capite bene che, con una trama davvero prevedibile e semplice, dialoghi spesso cheesy e personaggi estremamente bidimensionali nella loro caratterizzazione (il mio premio di personaggio peggio riuscito va senza dubbio al super nemico finale, un inutile chiacchierone senza capo né coda che non affascina, non si fa odiare e ha motivazioni, come vedrete, assurde e risibili), Fire Emblem Engage sposta di forza la nostra attenzione sul puro gameplay: battaglie tattiche e, in linea con Three Houses, esplorazione e interazione con il Somniel, l’equivalente dell’Accademia del titolo precedente.
Fire Emblem Engage: l’Arte della Guerra
Il momento in cui, equipaggiati i nostri personaggi e disposti sul campo di battaglia, diamo il via alle ostilità, è anche il momento in cui torniamo a essere felici e a goderci un’esperienza di gioco che resta sempre incredibilmente appagante, a tratti persino entusiasmante, proprio come Intelligent Systems e Nintendo ci hanno abituati da diverse decadi. Sul piano della gestione del gameplay tattico di combattimento, Engage non delude le aspettative, mettendo insieme come di consueto alcune prudenti ma sempre interessanti innovazioni e tanto rispetto – almeno in questo ambito! – della gloriosa tradizione della serie. Fire Emblem Engage è in tal senso un campione di coinvolgimento, che vi appassionerà in scontri all’ultimo turno, facendovi perdere la cognizione del tempo e portandovi inevitabilmente a lunghe notti in compagnia della vostra fidata Switch. Rispetto a Three Houses, resta un approccio più easy per i meno abili ed esperti (restate sempre liberi di opzionare un gameplay più punitivo, s’intende), in primis grazie alla reiterata possibilità di riavvolgere tempo e turni, se lo desiderate (a livello “facile”, senza limitazioni d’uso); una scelta a mio parere positiva, perché spalanca la porta a tutti i potenziali fruitori interessati, ovviamente con la speranza che ciò non consolidi in eterno la formula story driven light di questo episodio.
L’innovazione più importante, tuttavia, è costituita dalla presenza degli Emblemi, eroi leggendari incorporati in altrettanti anelli magici: equipaggiate questi anelli ai vostri personaggi ed essi, in battaglia, saranno in grado, per pochi turni (ma rinnovabili facendo uso di specifiche caselle sul territorio), di fondersi con il loro emblema (“Emblem, Engage!”) acquisendo poteri extra decisamente straordinari, oltre che un nuovo look fusion. A voi starà la decisione di quali coppie creare. Questa meccanica di gioco, fondamentale in Fire Emblem Engage, sostituisce i leggermente più marginali battaglioni di supporto di Three Houses, e dobbiamo dire che risulta molto stimolante e ben congegnata. Il nostro unico dubbio, che però non riguarda in alcun modo il gameplay dell’opera, è sempre legato alla storia e all’ambientazione: gli Emblemi sono infatti i personaggi principali dei vari Fire Emblem del passato, dal Byleth di Three Houses a figure come Marth e Roy. Ecco, vedere queste figure leggendarie ridotte a essere delle specie di Pokémon contenuti negli anelli ci ha lasciato un po’ perplessi: non si sarebbe potuta trovare una giustificazione più epica e seria per la loro presenza? Certamente sì. Il punto è che, ancora una volta, ciò non interessa in alcun modo alla maggioranza dei nuovi giocatori della serie, quindi… perché farlo? Noi, però, restiamo amareggiati.
Vita da Somniel
La ragione del successo senza precedenti di Fire Emblem Three Houses è stata certamente il Garreg Mach, il monastero-accademia all’interno del quale si svolgeva la vita del nostro alter-ego professore e le sue interazioni con tutti i personaggi del gioco, a partire dai capi delle tre fazioni presenti nel gioco. Il Garreth Mach diventava in un attimo una vera e propria casa, un luogo del cuore, dove vivere emozioni, svolte di trama, avventure e divertimento, operando continue scelte, piccole e grandi, destinate a trasformare la nostra esperienza e il nostro destino, in termini politico-militari ma anche amicali e sentimentali. Pensate alla scelta della fazione con cui schierarvi, una decisione che altera radicalmente l’intero gioco (quasi equivalente ai tre diversi e distinti Fire Emblem Fates, ma in un unico enorme titolo… e dove le alternative sono in realtà quattro!), ma anche al momento del ballo, o a tutti i singoli dialoghi, sempre caratterizzati da piccole scelte che permettono di creare maggiore feeling con questo o quel personaggio. Il monastero era perfettamente integrato con il mondo di gioco, con la trama e con tutti i nostri personaggi, quasi fino a essere un co-protagonista di Three Houses… e tutto ciò era stupendo, appagante, straordinario. In Fire Emblem Engage, purtroppo, il Somniel, una specie di palazzo magico comparso al centro della mappa, è solo un hub di snodo del gioco che non fa quasi nulla per giustificare la sua esistenza in game, finendo per risultare posticcio e poco sentito, un luogo fittizio e statico, neanche lontanamente affascinante come il suo predecessore, vuoto di sottotrame narrative e drammaticamente privo di scelte.
Eccola, infine, la più grande carenza di Fire Emblem Engage, paragonato al suo maestoso predecessore: non si sceglie mai nulla, piccolo o grande che sia. Si tratta di una decisione degli sviluppatori, ce ne rendiamo conto, probabilmente legata a un target che ha altri interessi (il supporto online alimenterà abbondantemente la linfa vitale del titolo, tra contenuti aggiuntive e sfide varie), però rivendichiamo il diritto di avvertirvi che, se appartenete a chi Fire Emblem lo ha vissuto da ben prima di Three Houses (e magari dal primo semplice Fire Emblem arrivato in Occidente su Game Boy Advance), sarete terribilmente delusi… dal Somniel, dai personaggi, dall’impianto narrativo del gioco e, in definitiva, da tutto Fire Emblem Engage. Aggiungo inoltre una nota personale: c’è il rischio che anche un neo-giocatore, rapito dalle meraviglie di Three Houses, possa restare deluso, perché lo stacco tra i due titoli, fatto salvo per il combattimento tattico a turni, sempre impeccabile, è davvero marcato, persino in termini visivi, sia tecnici che soprattutto artistici.
Piattaforme: Nintendo Switch
Sviluppatore: Intelligent Systems
Publisher: Nintendo
Fire Emblem Engage è l’ennesima conferma che il duo Intelligent Systems-Nintendo è campione di titoli tattici a turni, quindi preparatevi a una lunga e avvincente epopea fatta di scontri sapientemente costruiti e bilanciati, questa volta caratterizzati dalla presenza degli Emblemi, gli eroi dei precedenti Fire Emblem che potrete associare ai vostri personaggi per conferire loro poteri speciali e nuove abilità sul campo di battaglia. Ciò che purtroppo manca in questo capitolo della lunga saga fantasy della casa di Kyoto è quella composta e drammatica serietà che rendeva i suoi titoli adulti, profondi e davvero emozionanti. Lo splendore del Garreg Mach e dei suoi abitanti è ben lontano da quanto troverete in Engage, che vi priverà di ogni genere di scelta alle quali eravate stati abituati, persino di quella finale a livello sentimentale. Il titolo resta un’opera degna di rilievo, però, onestamente, si tratta anche di un’occasione sprecata e, a nostro avviso, di un mezzo passo falso.