Dead Space Recensione: una rinnovata dimensione di puro caos

Dead Space

Per gli standard cui ci ha abituato il secolo in corso, il 2008 non è solo distante quindici anni da noi ma sembra addirittura provenire da un’altra epoca, durante la quale ad una serie di incredibili scoperte scientifiche fecero eco preoccupanti risvolti economici, politici e sociali. In mezzo a tali tumulti, Electronic Arts aggiunse al proprio portfolio un titolo che fece trasalire tutti i videogiocatori, catapultandoli negli stivali dell’ingegnere spaziale Isaac Clarke alla disperata ricerca della sua compagna, la dottoressa Nicole Brennan, dispersa a bordo di una nave mineraria alla deriva. Oggi, a dieci rivoluzioni terrestri dal terzo Dead Space, che purtroppo segnò anche il punto di chiusura per la saga, Motive Studio tenta di infondere nuova vita al primo Dead Space e portare all’attenzione di una platea moderna l’agghiacciante tragedia abbattutasi sullo sventurato equipaggio della USG Ishimura, ridisegnandone con passione ed estrema competenza i tetri corridoi metallici e tutti gli orrori che si celano dietro le sue sibilanti porte a pressione. Quando si parla di remake, un fenomeno relativamente inconsueto nel settore videoludico ma che sta prendendo sempre più piede, maggiore è la distanza tra la versione originale e il rifacimento e più senso ha quest’ultimo, perciò una fedele ricostruzione di quello che in tanti ritengono, a ragion veduta, una vera e propria pietra miliare del genere horror non poteva giungere con un tempismo migliore. Il team di sviluppo ha da sempre tenuto a ribadire che il suo obiettivo era quello di rendere onore al capostipite, offrendo al contempo un’esperienza che valesse la pena rivisitare anche per i veterani, e ha insistito su quanto fosse davvero un remake e non una semplice rimasterizzazione. Saranno riusciti nel loro intento?

Dead SpaceDead Space: alla faccia della paranoia

Proprio grazie a tutta l’acqua che è passata sotto i ponti dal suo esordio, l’impiego di effetti scenici all’avanguardia e del potente motore Frostbite di Electronic Arts eleva il coinvolgimento e la tensione di Dead Space ai massimi livelli, a ulteriore testimonianza che i survival horror con qualche generazione sulle spalle sono i candidati ideali per questo tipo di trattamento. Affrontiamo subito l’elefante nella stanza, ossia il comparto tecnico: come abbiamo già avuto modo di vedere con l’impressionante rivisitazione di Resident Evil 2 ad opera di Capcom, gli sforzi di Motive Studio si sono tradotti in una fedeltà visiva impressionante, un’illuminazione dinamica che magnifica gli encomiabili giochi di chiaroscuri, una maggior definizione di ambienti e personaggi, e persino una colonna sonora riletta dal medesimo compositore, Jason Graves, con il sostanzioso contributo di Trevor Gureckis. Al netto di alcune sbavature di ottimizzazione, la versione PC spicca sulle console next-gen, posto di avere una macchina sufficientemente carrozzata per gestire la ragguardevole pesantezza di texture, ombre, filtri anisotropici ed effetti volumetrici, che tuttavia si rivelano sbalorditivi in movimento, ma il lavoro svolto dai programmatori assicura comunque su tutte le piattaforme un susseguirsi apparentemente infinito di fondali stupefacenti, bellissimi e inquietanti. Inoltre le meccaniche di gioco, il design e la traccia principale della storia restano validi oggi come allora, tanto da giustificare appieno la denominazione di capolavoro senza tempo che in genere viene attribuita all’originale.

Dead SpaceNon posso nascondervi che Dead Space sia stato uno dei titoli che ho apprezzato maggiormente su Xbox 360, fra i pochi che ho rivisitato con piacere per completare tutti gli obiettivi solo per trascorrere qualche ora in più in compagnia della mia fidata lama al plasma, dunque constatare quanto la sua struttura ludica e narrativa regga ancora benissimo in questa riedizione moderna non ha potuto che rallegrarmi. L’ordalia di Isaac Clarke attraverso i ponti della USG Ishimura, una gargantuesca nave spaziale adibita alla distruzione di pianeti per estrarne i minerali che li compongono, preserva intatto ogni singolo elemento che l’ha resa così spaventosa, coinvolgente e memorabile grazie proprio alla sua ambientazione, per certi versi l’autentica protagonista delle vicende. Una delle novità più significative introdotte da Motive ci viene presentata fin dalle primissime battute, quando ascoltiamo Isaac replicare alle osservazioni mosse dai suoi compagni di ventura: il nostro ingegnere non è più infatti un eroe stoico e silenzioso ma si esprime con la voce di Gunner Wright, che già lo aveva interpretato in Dead Space 2 e 3, enfatizzando in tal modo la sua centralità durante lo svolgersi degli eventi. Dal ripristino dei sistemi di comunicazione al collegamento dell’alimentazione della rete tranviaria, dall’ingresso nelle zone per la manutenzione a gravità zero (ora completamente libere anziché guidate) alle strategie per fare fronte alla dilagante minaccia dei Necromorfi nelle varie sottosezioni della Ishimura, far sentire il giocatore parte di una squadra è la scelta più sensata che si potesse fare, poiché riesce ad elevarlo al rango di attore principale laddove in precedenza era quasi un rassegnato galoppino in balia della moltitudine di personaggi secondari che continuavano ad affidargli un compito ingrato dietro l’altro.

Dead SpaceNon c’era niente di divino in tutto quel sangue

Volendo spaccare il capello in quattro, potrei specificare che le conversazioni tra Isaac e l’equipaggio della sua nave di supporto ruotano attorno all’esito degli incarichi appena compiuti dal primo, mentre sarebbe stato utile e interessante se li avessero anticipati per fornire qualche informazione di contesto supplementare. Intendiamoci, ciò non significa che Dead Space si sia trasformato in un racconto di fantascienza dal taglio cinematografico con dialoghi continui fra i membri del cast: l’isolamento, il terrore e la tensione incessante sono rimasti il fulcro dell’esperienza, e l’idea che la Ishimura sia il personaggio principale del gioco nasce proprio dal fatto che non è soltanto una sequela di corridoi e stanze collegati tra loro, in perfetto stile “videogiocoso”, ma anche un luogo vissuto, autentico e minaccioso per portata e design funzionale. Nei panni di Isaac, non passerà molto tempo prima di incontrare i già citati Necromorfi, aberrazioni umanoidi composte da parti anatomiche mescolate in maniera agghiacciante. Dalle animazioni al sound design, lo shock e l’orrore non nascono da queste creature che saltano fuori all’improvviso da un condotto di aerazione, ma da noi che siamo costretti ad assistere, spesso impotenti, alle conseguenze che questa infestazione ha provocato all’interno della nave e a tutto il personale che la governava. Indossare una pesante tuta da ingegnere e armarsi di uno strumento impiegato nelle operazioni minerarie ma non concepito per il combattimento porta ad una serie di trovate innovative che hanno contribuito ad accentuare lo status leggendario del titolo: poiché i Necromorfi sono mutanti, non-morti spaziali con anatomie che sfidano ogni logica, la Lama al Plasma viene utilizzata per smembrare gli arti che li compongono, con l’obiettivo finale di “smontarli” piuttosto che ucciderli grazie ad un colpo ben piazzato in mezzo alla fronte. I movimenti di Issac sono volutamente goffi e rallentati a causa dello spesso involucro di tessuto e placche metalliche chiamato RIG che deve indossare per sopravvivere nello spazio, ma le armi a sua disposizione sono violente, rapide e poco convenzionali nel senso migliore del termine.

Dead SpacePer quanto il motore grafico sottostante sia diverso, le battaglie si dimostrano reattive ed intense come nell’originale. Il fattore immersivo viene altresì enfatizzato dall’assenza di una tradizionale interfaccia utente e di altri elementi del menu che potrebbero distogliere l’attenzione: la salute di Isaac è visibile sul dorso della tuta e l’accesso all’inventario visualizza un display in-game che non mette in pausa l’azione, un escamotage rivoluzionario all’epoca del suo debutto che risulta ancora impressionante nel 2023 se congegnato con la giusta dose di buon senso (vero, The Callisto Protocol?). Altre piccole e grandi migliorie vanno ad arricchire l’interazione del giocatore, dalla mappa che adesso mostra le stanze visitate e la posizione degli obiettivi secondari, a questi ultimi che rappresentano un modo per approfondire determinati aspetti dei personaggi rimasti alquanto vaghi in precedenza, consentendoci financo di esplorare alcune zone della Ishimura mai viste prima. La nuova gestione dell’illuminazione aggiunge una cospicua dose di mistero ad ogni ambiente, immergendo stanze e varchi nel buio più totale o riempiendoli con dense cortine di nebbia che riducono la visibilità, fino a richiedere l’impiego della torcia anche solo per capire quale direzione imboccare. A costo di ripetermi, l’USG Ishimura sembra quasi una creatura vivente, quasi un richiamo naturale nei confronti di Punto di Non Ritorno che fu una delle fonti cui Glen Schofield e Bret Robbins attinsero piene mani, ed i malfunzionamenti occasionali aumentano a dismisura l’ansia da esplorazione. Per finire, il New Game Plus costituisce la classica ciliegina sulla torta, poiché ci permette di ricominciare il gioco mantenendo armi, potenziamenti e crediti acquisiti, oltre ad un generoso ammontare di bonus, sfidare una variante più pericolosa dei canonici Necromorfi e sbloccare un finale aggiuntivo che potrebbe alludere ai possibili sviluppi per il futuro della serie.

Piattaforme: PC, PlayStation 5, Xbox Series X|S

Sviluppatore: Motive Studio

Publisher: Electronic Arts

MI è facile immaginare che qualche purista non sarà comunque d’accordo con nessuno dei cambiamenti apportati, in particolare con l’inedita loquacità di Isaac Clarke. Tuttavia, suo malgrado, la rivisitazione di Dead Space da parte di EA e Motive Studio è fedele, rispettosa e curata nei minimi dettagli, fino alla conclusione un po’ raffazzonata e al famigerato scontro con l’ultimo boss, che resta la parte meno incisiva della storia a scapito della magnifica presentazione con cui viene proposta. Avrei inoltre preferito qualche extra nell’assortimento di Necromorfi, che alla lunga diventa un po’ ripetitivo, o un quantitativo maggiore di compiti opzionali ma, in definitiva, tutelare l’integrità di Dead Space nel bene e nel male è stata la scelta giusta: questo remake consolida tutti i pregi del materiale di partenza dimostrando quanto non sia invecchiato nemmeno di un giorno, soprattutto adesso che possiamo ammirarlo in una rinvigorita veste audiovisiva. Un autentico classico nel panorama dei survival horror, che fareste meglio a non lasciarvi scappare.

VOTO 8.7

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.