L’economia del gioco: dalle crypto al credito virtuale

L'economia del gioco

Il mondo del videoludico e del gioco pubblico sono settori importanti dell’economia del paese: solo il gaming vanta un giro d’affari di 2 miliardi e 200 milioni di euro, mentre la raccolta del gioco online legale a distanza ha raggiunto una raccolta di 70,5 miliardi di euro. L’economia del gioco, però, va oltre gli incassi delle aziende e dell’Erario, perché le regole interne alle varie attività ludiche hanno introdotto nuovi modi di concepire il denaro e la moneta, con un particolare riferimento alla dematerializzazione dei soldi e al concetto di credito virtuale, senza contare la grande innovazione introdotta dal Metaverso e dalle criptovalute.                                                      Dopo esperienze di MMOG – Massively Multiplayer Online Games – come Second Life, la realtà aumentata del Metaverso ha rilanciato con spazi condivisi dominati dal gioco, fondati su azioni come acquisto di terreni e costruzione di edifici, ma anche su avatar iperrealistici. L’economia interna al Metaverso crea una soluzione di continuità con quella reale, passando però per l’intermediazione della blockchain, degli NFT e delle criptovalute, tramite cui si effettuano dei veri e propri investimenti, considerando che il 90 per cento degli utenti spende denaro – vero, in quanto connesso alle carte di credito – per questo genere di attività. Il valore della criptovaluta è il motore che alimenta gli investimenti, ma va considerato anche l’effetto network per promuovere marchi e brand, soprattutto di moda. Da Jimmy Choo a Gucci, da Nike a Prada, il Metaverso rappresenta il nuovo marketing aziendale abbinato alla componente ludica, come nel caso del “Gucci Vault Land”, uno spazio per conoscere la celebre casa di moda anche tramite i giochi.                Oltre alle attività speculative in universi come The Sandbox e Decentraland (sede, peraltro, di un casinò virtuale, Ice Poker), l’economia del Metaverso si muove anche per mezzo delle microtransazioni interne ai giochi, per acquistare accessori originali e capi d’abbigliamento utili a personalizzare gli avatar. Non mancano le classifiche dei giochi sui quali investire, tra cui ad esempio RobotEra con il suo token nativo $TARO, e Tamadoge (TAMA), listato sull’app di exchange di criptovalute OKX. La stima rispetto al mercato complessivo del Metaverso vede, entro il 2030, una prospettiva di investimenti che potrebbe toccare i 13 mila miliardi

Oltre il trend, a cambiare è proprio la concezione del denaro, che sfuma i confini tra soldi veri e soldi virtuali. Lo stesso concetto di “credito virtuale” assume connotazioni specifiche anche in un altro ambito dell’economia ludica, quello del gioco legale a distanza. La tendenza degli operatori con licenza ad erogare bonus promozionali fa sì che il credito di deposito e prelievo – sebbene abbia ad oggetto soldi veri – sia spesso riutilizzato nelle puntate, mentre la formula del bonus senza deposito prevede addirittura un credito virtuale, senza l’apertura di un conto, valido come prova della piattaforma e dei suoi titoli. Se per gli utenti è più intuitivo capire come funzionano le slot online con soldi veri, i concetti di credito free o di free spin (giri gratis) senza deposito sono invece delle novità introdotte dalla Rete, le quali cambiano profondamente l’approccio degli utenti con l’idea di denaro.  

I crediti di valuta da spendere nei giochi ormai hanno peraltro conquistato anche il mondo dei videogame: un recente esperimento, ad esempio, è quello di Dead Space Remake. In campo videoludico, l’economia si muove però anche attraverso altri fronti: prima di tutto, anche qui rappresentano un nuovo trend le microtransazioni, ovvero i soldi spesi internamente al gioco per sbloccare oggetti e funzioni.                                  Anche quando i titoli sono gratuiti, gli utenti sono disposti a spendere piccole somme, a partire anche da 1 euro, per avanzare nel gioco, e lo stesso vale per gli acquisti in-app, aumentati del 40 per cento nel giro degli ultimi due anni.                               I dati rispetto ad alcuni titoli di successo danno l’idea della portata del fenomeno: Angry Birds è arrivato a fatturare più di 70 milioni di dollari, mentre Fortnite, grazie proprio alle spese dei videogiocatori e agli acquisti in-app, ha potuto addirittura contribuire con 36 milioni di dollari alla causa Ucraina. Di recente, una tendenza tra gli appassionati è rappresentata infine dalle loot-box, (letteralmente “forzieri”), dei pacchetti a sorpresa dal contenuto casuale proposti in vendita all’interno di videogiochi come FIFA. I premi possono consistere in skin di tipo prettamente estetico o in oggetti funzionali all’avanzamento nel gioco, come ad esempio le armi. Sebbene la spesa della singola transazione sia minima, i guadagni per le software house, nel totale, sono inimmaginabili. Si pensi che Epic Games, per Fortnite, arriva a incassare 3mila euro al minuto.

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