Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon Recensione: la fiaba della streghetta e del gattone

Mentre iniziavo a scrivere la recensione di Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon mi sono trovata a domandarmi se il gioco potesse essere definito uno spin-off o un prequel.  Il dubbio può sembrare superfluo: cosa cambia in fondo? Ritengo in realtà che sia una questione piuttosto interessante, sia per la saga in sé che per i giocatori. Sequel e prequel sono la norma per serie di un certo successo e non stupiscono nessuno, mentre gli spin-off promuovono un videogioco a un livello successivo di maturità. La loro esistenza presuppone che l’universo narrativo sia così sviluppato e riconoscibile da avere una buona resa anche cambiando le carte in tavola e focalizzandosi su diversi protagonisti, poiché i giocatori lo troverebbero comunque interessante. La classificazione è importante anche per il giocatore, poiché uno spin-off può permettersi di modificare pesantemente il gameplay e rivolgersi ad un target di pubblico differente. Credo che Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon da questo punto di vista possa essere considerato uno spin-off della serie, poiché dei titoli canonici mantiene i protagonisti solo in senso lato. Viviamo la storia di Cereza, non della strega adulta, e la sua strada verso l’indipendenza e la consapevolezza dei suoi poteri. Con lui c’è Cheshire, il suo primo demone evocato, che è anch’esso poco meno di un adolescente. Nessuno dei due ha granché a che vedere con le loro controparti adulte e mature e il mondo in cui si trovano a lottare è anch’esso anni luce dalle ambientazioni classiche della saga. Per di più, il titolo offre una esperienza del tutto differente (sia in positivo che in negativo) rispetto ai tre titoli di Bayonetta che ben conosciamo. A mio parere, questo gioco avrebbe avuto una sua dignità persino con altri personaggi e una lore tutta nuova: è in grado di divertire ed intrattenere a prescindere dalla presenza della Strega di Umbra. E ciò detto da me, che sono una grande fan del personaggio di Bayonetta, è davvero un signor complimento. Classificare Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon come uno spin-off mi permette inoltre di considerare la saga come un vero successo e la sua protagonista come una icona di sufficiente calibro da vedersi dedicati videogiochi che osano rischiare, cambiando una formula ben definita e amata dai fan. Congratulazioni alla strega!

Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon

Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon: un labirinto fiabesco

Devo specificarlo: Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon non è un titolo che colpisce fin da subito. Al contrario, le prime ore di gioco sono decisamente le meno interessanti. Ciò è dovuto alla natura stessa del gioco, che è basato sull’esplorazione e sul backtracking. Cereza e Cheshire si trovano ad esplorare la Foresta di Avalon, costituita da varie zone collegate fra loro da decine di sentieri e passaggi segreti, che creano un dedalo intricato che richiede ore per essere svelato. All’inizio la nostra capacità di interagire con l’ambiente e aprire nuove strade è minima, per cui siamo costretti a procedere per il sentiero più battuto. Proseguendo nel gioco, i due protagonisti imparano nuovi trucchi che consentono loro di ampliare l’esplorazione: Cereza può interagire con diverse piante per utilizzarle come trampolino ad esempio, o può assorbire strutture di intralcio risucchiandone il potere magico. Cheshire diventa ancora più utile, sfruttando poteri elementali che gli consentono di distruggere una grande quantità di ostacoli diversi. Così, man mano, possiamo addentrarci nelle vie più anguste della Foresta di Avalon e il tutto diventa ben più appassionante. Le mappe offrono una grande quantità di elementi da raccogliere e collezionare, invogliando il giocatore all’esplorazione. Ci sono ad esempio pergamene, con note interessanti sulla lore del mondo che stiamo esplorando, ma anche oggetti utili per potenziarci, ingredienti per pozioni e Spiritelli da salvare dal loro triste destino di tortura eterna. Troviamo inoltre una buona varietà di forzieri, che possono premiarci o tenderci trappole con nemici nascosti al loro interno. Avalon ospita inoltre i Tír Na Nóg, dei piccoli dungeon con all’interno sfide di diversa fattura, che vanno da combattimenti a puzzle da risolvere. Completarli ci fa guadagnare Petali che aumentano la quantità di vita a nostra disposizione, oltre ad essere piuttosto divertente. Tír Na Nóg completati inoltre “rischiarano” una parte della mappa, facendo sparire la nebbia e mostrando i vari punti di interesse. Nonostante in questo caso tutti i collezionabili possano diventare quindi visibili, trovarli non è scontato. Ogni mappa si compone di vari livelli e spesso non è proprio cristallina da leggere, inoltre alcuni elementi sono davvero ben nascosti, per cui capita di dover tentare di percorrere vari sentieri per raggiungere il nostro obiettivo. Le zone possono essere davvero intricate e trovo che il level design di Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon sia magistrale da questo punto di vista: una volta esplorata a pieno la zona, siamo spesso in grado di trovare nuovi ponti che la connettono alle altre, trovandoci in luoghi che non ci aspettavamo di poter raggiungere così in fretta. Perdersi sul serio è però impensabile, sono disponibili diversi tipi di luci guida che ci accompagnano verso il prossimo obiettivo o verso un save point: nonostante sia possibile disattivare tale opzione, non le ho trovate nocive per l’esperienza, ma solo rassicuranti. Il tutto è più che sufficiente per invogliare il giocatore al backtracking e da un certo capitolo in poi ci viene consentito di spostarci rapidamente tra le varie zone, rendendo il tutto più agevole. L’unico reale difetto dell’esplorazione che ritengo necessario segnalare è la scomodità di alcuni punti particolarmente stretti. Cheshire, grande e grosso come è, non si muove agilmente, perciò sezioni in cui dobbiamo spostarci in fretta non sono comode. Capita anche che sia necessario posizionarsi nel punto preciso al millimetro per poter eseguire alcune azioni, come saltare o lanciare il demone verso l’alto, e ciò può essere un pochino frustrante.

Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon

L’unione fa la forza

Il secondo elemento fondamentale del gameplay di Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon è il combattimento, e anch’esso è diventato molto più divertente col passare delle ore e con un po’ di pratica aggiuntiva. L’idea alla base è la divisione dei compiti: Cheshire è in grado di attaccare i nemici con zanne e artigli, mentre Cereza è di supporto con magie che possono bloccarli sul posto con dei rovi. Combinare le due azioni dà il massimo risultato e il titolo mette a disposizione una serie di combo che si possono eseguire una dopo l’altra, massacrando i poveri mostriciattoli che ci si parano davanti. I tasti da utilizzare per tali azioni sono davvero pochi, sostanzialmente in un combattimento di base si utilizzano solo i due stick e i dorsali, ma coordinare il tutto non è sempre banale. Cereza si muove ed agisce con la metà sinistra del joypad, o con il joycon sinistro, mentre il demone Cheshire agisce con la metà destra. Dopo qualche ora di gioco il tutto viene naturale, ma all’inizio mi è capitato più volte di confondermi, specialmente in frangenti in cui i due personaggi si trovavano sullo schermo nel lato opposto a quello dei tasti che ero tenuta a premere sul controller. Mi è inoltre capitato che Cheshire attaccasse un nemico che non avevo puntato in quel momento, probabilmente a causa della mancanza di un sistema di lock, che richiede di direzionare il personaggio con precisione verso chi stiamo attaccando: se non siamo ben decisi, il demone attacca in automatico il più vicino. Nelle prime ore, ciò può apparire un po’ ripetitivo e un po’ di sano button-mashing appare sufficiente per portare a casa le vittorie.

Capitolo dopo capitolo i due protagonisti ottengono però nuove abilità, che possiamo man mano sbloccare nei loro skill tree investendo gemme e oggetti più rari trovati in giro ad Avalon. Cheshire inoltre guadagna dei poteri elementali che gli consentono di mutare forma ed utilizzare fantastici (e scenografici) attacchi aggiuntivi, al costo di una gran quantità di potere magico. Tutto ciò è in effetti necessario, perché anche i nemici diventano man mano più pericolosi e richiedono nuove tecniche per essere colpiti, spesso abbinando il corretto elemento. I nostri avversari sono le Fate, vere padrone del regno di Avalon che sono ben più inquietanti di ciò che si possa pensare. I nemici più deboli assomigliano a dei piccoli goblin, mentre salendo di rango troviamo arcieri, tiratori volanti, cavalieri, maghi e creature bipedi gigantesche che imbracciano armi fiammeggianti. Il design delle Fate è davvero interessante e ben realizzato, peccato che lo schema di colori che le accomuna tutte, ovvero blu scuro con dettagli colorati, non renda loro giustizia. È stato probabilmente pensato per distinguerle bene da Cereza e Cheshire, ed in effetti su schermo questo stratagemma funziona. Ogni nuovo nemico viene presentato con un dettagliato disegno e il suo nome, come accadeva nei capitoli classici per Angeli e Demoni, e in seguito i suoi dati vengono registrati in un archivio che possiamo visionare in ogni momento. I boss e mini-boss che affrontiamo sono ancora più spettacolari ed ho davvero apprezzato la varietà di questi specifici combattimenti.

Il tasto dolente è il basso livello di sfida: pur giocando a Normale e disattivando i (tanti) vari aiuti extra disponibili, in Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon è davvero difficile perdere in combattimento. Solo Cereza ha dei punti vita veri e propri, mentre Cheshire una volta esausto torna un pupazzo di pezza e si può ricaricare in braccio alla strega, perciò è sufficiente fare un minimo di attenzione a tenersi a distanza con la protagonista e schivare quando necessario. Anche venendo colpiti, possiamo utilizzare strumenti curativi che è davvero facile procurarsi, creandoli da soli mescolando ingredienti. Pressoché nessuna battaglia mi ha messo in un minimo di difficoltà, almeno non fino alle ultimissime ore di gioco, mentre mi è capitato qualche volta di morire cadendo nel vuoto o fallendo qualche sfida puzzle nei Tír Na Nóg, soprattutto in quelli facoltativi che sembrano un po’ più difficili. Non sono convinta che questa caratteristica rovini l’esperienza di gioco, ma per i giocatori che amano faticare e traggono soddisfazione da alti livelli di sfida, questo titolo potrebbe risultare noioso: appare evidente come sia destinato ad un target di giocatori giovani o che comunque vogliono godersi l’esperienza senza troppa fatica. Esattamente come la protagonista.

Le belle terre di Avalon

Che nel titolo sia stata riposta molta cura è evidente. Tutto in Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon, dal character design all’ambientazione, trasuda amore. La foresta è davvero bella da esplorare, con i suoi colori verde-blu cangianti e le fronde rigogliose che si susseguono l’una dietro l’altra. La visuale isometrica consente di orientarci bene nonostante i tanti elementi a schermo e i punti di interesse sono ben evidenziati con altri colori. È presente un marcato effetto pop-up dei vari elementi, ma trovo che si sposi bene con lo stile scelto, che ricorda appunto un libro in cui le figure prendono vita. Non ho assistito a grossi cali di frame rate, che appare abbastanza stabile anche nelle lotte più concitate. Oltre ad esplorare, è un piacere anche sfogliare le pagine dell’archivio per rivedere i disegni dedicati ai vari personaggi, che sono davvero ben realizzati. Ciò che invece mi ha davvero infastidito è non vedere tali personaggi in movimento: le cut-scene sono poco più di immagini statiche di fila e ciò è stata una vera delusione. Il comparto artistico di alto livello si sarebbe espresso magnificamente con dei video.  Per il doppiaggio ho una lamentela analoga: le poche voci scelte sono davvero azzeccate e gli attori fanno uno splendido lavoro, soprattutto chi interpreta Cereza e chi doppia la narratrice della storia. Quest’ultima però dona la voce anche a Cheshire, come se leggesse i suoi dialoghi da un libro: una scelta che trovo piuttosto bizzarra. Alle musiche do invece un voto pieno: sono magnifiche, accompagnano l’azione deliziosamente e sanno variare da inquietante a festoso. D’altronde le soundtrack dei vari Bayonetta hanno già dimostrato da tempo il loro valore, e questo titolo non poteva sottrarsi alla sfida. Riguardo la storia, non si può dire che offra colpi di scena sconvolgenti, ma ha saputo comunque intrattenermi e nelle ultime ore anche sorprendermi un po’. Buona parte della narrazione si basa sulle insicurezze dei due personaggi e suoi loro continui battibecchi, che possono apparire a tratti seccanti ma sono appropriati per la loro giovane età. La trama, come tutti gli elementi del gioco, mi sembra pensata per un vasto pubblico: non ci sono elementi troppo inquietanti o poco familiari anche per i giocatori giovani; perciò, l’esperienza risulta adatta davvero a tutti. Sarebbe uno spreco consigliare il gioco solo a chi già apprezza la saga, in quanto è a tutti gli effetti una esperienza a sé che è adatta anche per avvicinarsi al mondo delle Streghe di Umbra, vivendo una gradevole avventura in una foresta fatata.

PIATTAFORME: Nintendo Switch

SVILUPPATORE: PlatinumGames

PUBLISHER: Nintendo

Bayonetta Origins Cereza and the Lost Demon è un titolo di valore, capace di catturare il giocatore e trascinarlo nelle pagine di un libro di fiabe. Racconta la storia dei giovanissimi Cereza e Cheshire, del loro evidente coraggio, e delle loro paure (non troppo) nascoste nel profondo. Nonostante mostri qualche pecca, tra cui un combattimento all’inizio ripetitivo e poco preciso nei comandi, e risulti nel complesso un po’ facile, il gioco sa intrattenere, stupire e far sospirare. È una avventura gradevole adatta a tutte le età, che sento di consigliare anche per avvicinarsi alla lore di Bayonetta: è infatti evidente che la serie della strega di Umbra sia destinata a restare in auge ed offrirci man mano nuove avventure da giocare e, magari, anche il proseguo di questo spin-off.

VOTO 7.7

Mangiatrice compulsiva di sushi e cibarie di ogni genere, ama alla follia tutto quello che è Nintendo, non disdegnando neppure il dorato mondo dei Pokémon. Videogioca sin da quando era bambina, ed ora che è grande forse lo fa addirittura più di prima. Anzi, sicuramente.