Un cast stellare e uno stile di gioco ambizioso: il Crime Boss Rockay City sviluppato da INGAME STUDIOS sembra avere tutte le carte in regola per inserirsi perfettamente all’interno di un mercato videoludico che è criminalmente carente di offerte nel settore heist game. Ciò che è certo è che il distributore 505 Games sta puntando forte su questo cavallo di razza, mira a intessere un live service longevo e pieno di energie, a predisporre un progetto la cui spanna di vita potrà essere virtualmente decennale.
Troppe volte siamo però stati testimoni di vane promesse da parte di grandi produttori che promettevano servizi longevi che, posti sul banco di prova, non erano in grado di trattenere il pubblico per più di due mesi. Siamo rimasti scottati e ora viviamo nell’amarezza, quindi non siamo riusciti a fare a meno di avvicinarci a Crime Boss Rockay City con una certa cautela. Reduci da diverse ore di gioco, il titolo è riuscito a fare breccia nel nostro cuore indurito dai traumi.
Gli anni Novanta secondo Crime Boss Rockay City
1995, il “Re” che dominava la malavita di Rockay City, Florida, è stato fatto fuori in occasione di un opulento baccanale decorato di luci al neon, spogliarelliste e tanta coca. Non ci sono certezze su chi siano stati mandanti ed esecutori dell’attentato, ma il colpo ha creato un vuoto di potere che ora viene fortemente conteso da tutti quei pesci piccoli che fino a pochi giorni prima vivevano all’ombra del gangster. Caos e violenza inondano le strade della metropoli, una prospettiva che terrorizza la brava gente del posto, ma che eccita Travis “Candyman” Baker (Michael Madsen), un delinquente dal cipiglio texano che si è appena insediato in città proprio con l’obiettivo di conquistare la cima della piramide criminale.
Crime Boss Rockay City si presenta con una narrazione a dir poco semplice e dalle sfumature tarantiniane. C’è il “pulp”, la retorica spiccia e in generale rappresenta un inno d’amore all’azione enfatizzata, fondamenta che vengono dunque sormontate con personaggi immortalati da alcuni dei VIP che negli anni Novanta erano sulla vetta del mondo. Si va da Danny Trejo a Vanilla Ice, da Danny Glover a Chuck Norris, da Kim Basinger a Michael Rooker, celebrità che si sono riunite per prendere parte a un evento videoludico che riesce sicuramente ad attirare l’attenzione e a generare un immaginario sopra le righe, ma che manifesta anche contraccolpi evidenti.
Un approccio tanto cinematografico si traduce infatti in maniera complessa e ambivalente. Se da una parte questi nomi epocali non mancheranno di richiamare la curiosità del grande pubblico, la loro presenza pesa in più modi sulla concretizzazione della trama. Non vogliamo fare i conti in tasca a 505 Games, ma sospettiamo che assoldare un simile cast non sia stato economico, né tantomeno semplice. Dubitiamo addirittura che i vari attori abbiano mai avuto occasione di incrociarsi nelle cabine di registrazione. Quale che sia il retroscena che ha animato il periodo di produzione del titolo, il risultato sono cinematiche prive di energia e stile, una fiacchezza che viene riverberata fin troppo spesso dall’assenza di colonne sonore e da intermezzi animati con fare rigido e ripetitivo.
La valigetta piena di diamanti
Con simili premesse verrebbe da pensare che la modalità campagna sia una tortura vera e propria. In effetti la prima impressione non è delle migliori: il giocatore viene lanciato senza troppe spiegazioni in contesti che lo obbligano alla sconfitta, quindi la trama si apre verso orizzonti tutt’altro che stimolanti. Baker e la sua cricca sono personaggi ben poco coinvolgenti, ma l’esperienza inizia a brillare non appena ci si allontana dai VIP per muoversi verso scagnozzi terzi. Dotati di trame secondarie assolutamente varie, questi soggetti lasciano un’impressione ben più significativa delle loro controparti dominanti, in più inscenano esperienze capaci di spezzare con un format di level design che, seppur coinvolgente, tende occasionalmente a replicarsi con eccessiva costanza.
Questi ruoli secondari non sono tuttavia l’unico pregio della modalità single player. L’intera sezione è pensata in un’ottica che ammicca al genere rogue-like in cui la morte del protagonista si traduce in un game over definitivo. A questo si aggiunge un rudimentale sistema gestionale di conquista e difesa attraverso cui contendere alle gang avversarie il dominio di Rockay City. L’utente dovrà scegliere i colpi da affrontare, quanti e quali gregari inviare sul posto e i quartieri da invadere con ondate e ondate di forza bruta. Le risorse sono tuttavia limitate e ogni giorno passato a immergersi nelle guerre tra bande si traduce in una reazione poliziesca progressivamente più violenta e radicale.
Fruito in solitaria, Crime Boss Rockay City offre un’esperienza flagellata da una trama principale piatta, ma le cui componenti tecniche sono più che adeguate a mantenere viva l’attenzione dei gamer. Da qui ai prossimi mesi gli sviluppatori dovranno tarare meglio qualche elemento – a partire dalla scarsa intelligenza artificiale dei bot alleati –, ma la campagna garantisce una mole di contenuti ben superiore di quanto non sarebbe lecito aspettarsi da un titolo che, a ben vedere, è stato pensato perlopiù per le sue derive multiplayer.
Crime Boss Rockay City come fenomeno di gruppo
Ci addentriamo a questo punto verso la portata principale del prodotto: il multiplayer! Titolo PvE, Crime Boss Rockay City propone una realtà videoludica altamente cooperativa, a prescindere che si parli di giocatori umani o di bot addestrati a rispondere semplici comandi. Lavorare coralmente per la risoluzione delle missioni non è solamente raccomandabile, ma in molti casi è vitale e necessario. L’intera struttura è stata d’altronde pensata per far sì che i lupi solitari incappino in grattacapi e noie che, per quanto sormontabili, stimolino attivamente ad appoggiarsi ai propri compagni di squadra. Una singola persona non può tenere a bada una massa di ostaggi, né caricarsi sulle spalle decine di sacchi carichi di lingotti d’argento, un team ben organizzato fa la differenza.
Ora come ora, il titolo presenta due modalità dedicate alle compagnie online, ovvero Crime Time e Leggende Urbane. La prima è la tradizionale partita veloce, la quale si concretizza in una maniera non troppo dissimile da quanto menzionato poc’anzi: si seleziona l’obiettivo, il personaggio da utilizzare e l’equipaggiamento, quindi ci si imbarca nella missione. Ogni scagnozzo selezionabile è caratterizzato da abilità e svantaggi particolari, inoltre ciascuno è dotato di un numero finito di vite che, se esaurite, lo rendono definitivamente inaccessibile, una peculiarità che diventa particolarmente rilevante nel momento in cui ci si muove verso l’ultima opzione di gioco.
Leggende Urbane sintetizza infatti al suo interno tutto ciò che abbiamo analizzato fino a questo momento, mette in campo mini-avventure narrative strutturate attraverso una serie di match da dover risolvere consecutivamente. Qui più che altrove si dimostra indispensabile gestire con saggezza le proprie scelte, misurare le risorse in maniera ponderata. Ogni pacchetto di missioni alterna ritmo e tipologia dell’azione, cosa che mantiene alti i livelli di adrenalina dei giocatori. Può tranquillamente capitare che l’avventura inizi con un’infiltrazione silenziosa per poi trasformarsi nella scena successiva in una belligerante escalation tra gang, quindi bisogna essere pronti a tutto. Queste campagne in pillole sono la vera e propria punta di diamante dell’esperienza, sintetizzano con fare adrenalinico tutti i pregi che si stagliano internamente a questo frenetico heist game.
Le maschere sono da femminucce
Inutile negarlo, Crime Boss Rockay City deve molto, moltissimo, alla saga di Payday. Non è possibile non citare i notevoli parallelismi, anzi gli stessi autori di INGAME STUDIOS non hanno mancato di inserire nel copione qualche riferimento sornione all’amato competitor. Payday 2 è d’altronde considerato da molti come l’apice della “simulazione” di rapine e viene spesso considerato come il modello di riferimento definitivo per il genere heist.
Gli sviluppatori di Crime Boss Rockay City hanno evidentemente attinto agli alti traguardi raggiunti in passato dalla concorrenza, ma hanno anche avuto l’accortezza di introdurre molteplici variazioni alla formula consolidata, guadagnandosi di conseguenza una propria identità specifica. Non stiamo parlando della presenza delle celebrità – quella è un fattore decorativo dai toni barocchi –, ma a un alleggerimento delle meccaniche di gioco, a una maggiore propensione per la dimensione action e a un’impostazione più elastica del fattore strategico. Payday 2 ha fatto la gioia di tutti coloro che volevano intavolare tattiche minuziose e dettagliate, ma lo stile di Baker si muove su di un piano parallelo.
Crime Boss Rockay City cela in sé una sfumatura caotica e ricercata che smuovere le acque chete delle convenzioni. Quanto immesso sul mercato da 505 Games si fregia di un algoritmo che rimescola semi-casualmente la posizione di oggetti chiave e ostacoli, una tattica già vista, ma sempre apprezzata, a cui si aggiunge possibilmente un ulteriore livello di complessità. Diversi indizi ci indicano infatti che la “randomicità” dell’esperienza sia valorizzata dalla presenza di ulteriori incognite incalcolabili. Immaginatevi la scena. State rapinando una gioielleria, avete disattivato i sistemi di sorveglianza e avete neutralizzato le guardie, i visitatori sono stati tutti legati e radunati. Tutto sta filando liscio, quando ecco comparire due auto di una gang avversaria che, fatalmente, hanno deciso di rapinare proprio lo stesso esercente da cui vi state ora rifornendo. Tutto va in malora e dovete conquistare la via di fuga a colpi di pistola.
Non sappiamo quanto questi imprevisti siano pre-programmati, ma sono queste le dinamiche che hanno catalizzato il nostro massimo divertimento e che ci hanno lanciati in un’immersione narrativa che non ci saremmo altrimenti prospettati. Crime Boss Rockay City è ancora grezzo, è vero, ma distributore e programmatori hanno già in previsione una roadmap di contenuti che, se ben strutturata, sarà capace di valorizzare le peculiarità del titolo, definendo tutto ciò che ha da offrire di entusiasmante.
Piattaforme: PC
Sviluppatore: INGAME STUDIOS
Publisher: 505 Games
Il cast stellare e il prezzo contenuto non possono che attirare l’attenzione sull’heist game di INGAME STUDIOS, Crime Boss Rockay City, tuttavia l’attrattiva iniziale svampa rapidamente per lasciare spazio a una seduzione più consistente e duratura. Il fatto che Michael Madsen, Chuck Norris e altri siano stati scomodati per la realizzazione del videogame si dimostra più una pecca che un vantaggio, eppure le meccaniche di gioco offerte dal titolo sono tanto solide da compensare l’attuale debolezza della presentazione. Crime Boss Rockay City nasce come live service, quindi ora come ora i gamer si ritroveranno per le mani un titolo che sebbene sia completo si dimostra tutto sommato modesto. L’esperienza di lancio non è tuttavia che un trampolino di lancio per un percorso che, se adeguatamente temprato, potrebbe presto dar vita a un fenomeno videoludico entusiasmante. Le speranze sono alte, i piani sono stati definiti, ora sta agli sviluppatori e al distributore portare avanti la missione e sbancare il settore.