Final Fantasy Pixel Remaster Recensione: ripercorrere la strada di un brand, a passo di chocobo

Final Fantasy Pixel Remaster

All’interno del macrocosmo dei videogiochi giapponesi, poche saghe sono note (e amate) come quella di Final Fantasy: è stata letteralmente fondante del genere di appartenenza – il J-RPG, denominazione oramai stringente e poco corretta – e ha creato una delle fanbase più longeve e agguerrite, che oramai da quasi quarant’anni idolatra i protagonisti dei vari capitoli, che sono stati in grado di farli sognare e vivere incredibili avventure in mondi fantasy dei più variegati, tra storyline tragiche e romantiche, ricercatezza artistica e musiche evocative.

Nel corso degli anni si è creata una sorta di linea di demarcazione tra i primi sei capitoli principali (realizzati in pixel art su sistemi 8 e 16 bit come NES e SNES) e quelli successivi, che hanno invece goduto del trattamento in grafica poligonale. I primi sei sono visti come retaggi di un’altra epoca, d’oro per certi versi ma anche arcaica, e sono considerati “da intenditori” dato che sono comunque apparsi sul mercato prima che il genere divenisse popolare, anche e soprattutto in occidente. È con Final Fantasy VII che la saga ha cominciato a farsi strada anche tra i giocatori non appassionati del genere, ed è con FFVIII che il bacino di utenza si è allargato a dismisura, essendo stato il primo tradotto non solo in inglese ma anche in altre lingue europee, tra cui l’italiano.
Poter effettivamente sperimentare i primi sei è sicuramente un’esperienza utile, interessante (e appagante) per chi si affaccia solo ora sulla scena del genere, ma nonostante (o proprio a causa) delle numerose riedizioni susseguitesi nel corso degli anni non è facile raccapezzarsi su cosa mettere le mani. Ecco che in loro soccorso arriva Final Fantasy Pixel Remaster, raccolta antologica dei FF dal primo al sesto ora disponibile anche per Nintendo Switch e PlayStation, dopo il precedente passaggio su PC e dispositivi mobile.

Final Fantasy Pixel RemasterFinal Fantasy Pixel Remaster: la storia di un genere in una godibilissima antologia

I titoli componenti l’antologia – acquistabili anche separatamente – si propongono in questa versione come quella “definitiva” (almeno per ora) dato che a parte i remake 3D del terzo e del quarto capitolo, le precedenti versioni remastered sono state ritirate dal mercato, anche per evitare confusione tra gli utenti. A parte il mercato del retrogaming e le eventuali versioni emulate presenti sulle retro console e le virtual console Nintendo, le Pixel Remaster sono attualmente l’unico modo ufficiale per giocare a questi sei grandi classici. Un bene o un male? Scopriamolo assieme.
Si tratta di giochi di ruolo “alla giapponese” caratterizzati da un party eterogeneo che intraprende un lungo viaggio per portare a termine una missione con l’intento di salvare il mondo lungo una storia che non offre grosse biforcazioni narrative, combattimenti a turni molto classici nell’impostazione, grafica suggestiva e musiche in grado di offrire un vero valore aggiunto all’esperienza.

Per chi non lo sapesse, ogni capitolo è slegato dai successivi: sono tutte storie ambientate in mondi diversi, sempre caratterizzati da un’impronta fantasy ricca di mitologia, mostri, magia e un livello di tecnologia differente… si passa dal dark fantasy al fantasy steampunk, con in comune diversi elementi caratterizzanti tra cui il bestiario.
Ogni titolo, ad ogni modo, possiede delle peculiarità e non necessariamente c’è un’evoluzione diretta nelle meccaniche tra un gioco e l’altro, presentando comunque un certo livello di varietà di approccio: non si tratta di sei giochi fondamentalmente uguali con trame e personaggi diversi, e uno dei punti di forza è anche questo. Tanto che ogni titolo ha i suoi fan e i suoi detrattori, relativamente all’approccio al combattimento, alla gestione delle skill e così via.

Final Fantasy Pixel RemasterUn esempio perfetto delle luci e delle ombre delle riedizioni

In questo senso, la pixel remaster propone una sorta di piallatura dell’esperienza, ad essere sinceri: essendo stati rivisti e rimaneggiati “insieme” i sei giochi appaiono ora molto più apparati sia nell’impatto visivo che nel gameplay, dato che si è applicata la stessa mano sulla grafica e le numerose opzioni aggiuntive. Se si vanno a riprendere gli originali, il look e il feeling dell’esperienza cambia tra un gioco e l’altro, mentre nelle nuove versioni non si nota il tempo che è passato tra l’uno e l’altro, i diversi esperti che hanno dato il loro contributo e così via; certo non si tratta di un difetto in senso assoluto, dato che avere FF I (originariamente del NES) graficamente apprezzabile quanto (e più di) un capitolo uscito su SNES è sicuramente un’ottima cosa. Viene meno l’esperienza “storica”, per così dire, dato che i giochi in sé sono sicuramente fedeli alle loro controparti originali, ma con tutte le modifiche alla UI e all’usabilità dell’interfaccia è effettivamente difficile farsi un’idea di come fosse per davvero l’esperienza, all’epoca.

Non si tratta propriamente di una sottigliezza come le discussioni tra puristi dell’emulazione: queste nuove versioni sono quasi più simili a dei remake che a delle remaster, dato che impattano su un intero ecosistema ludico con cambiamenti anche abbastanza profondi. Quanto migliora la quality of life di un titolo di trent’anni fa in cui ora si può camminare al triplo della velocità e, volendo, impostare a zero gli scontri casuali ma al quadruplo il drop di oggetti, denaro ed esperienza? Parecchio, ma in pratica applicando i modificatori siamo davanti a un altro gioco, sicuramente meno frustrante ma anche molto più facile. Le Pixel Remaster di FF sicuramente preservano la memoria del gioco e ne presentano tutte le qualità, accentuandole anche in alcuni casi, ma la memoria “storica” forse è un’altra cosa.

Ad ogni modo, intendiamoci, i giochi compresi nella Final Fantasy Pixel Remaster series rimangono comunque belli anche a quasi quarant’anni di distanza, con alcune punte d’eccellenza: tra queste sicuramente il sesto capitolo, che merita anche solo l’acquisto singolo. Tra tutti i componenti del pacchetto, FF VI è stato graziato di un trattamento di favore, dato che non solo la grafica è stata rifatta come per gli altri cinque, ma ha subito anche un adattamento in una sorta di 2.5D, con effetti di luce e prospettici che ne esaltano i lineamenti. Senza contare che anche la colonna sonora gode non solo di un riarrangiamento, ma di un’attenzione particolare a una delle scene topiche del gioco, che presenta qui anche un tema cantato in multilingua. Questo è un esempio supremo di potenziamento del titolo originale, che fa impallidire la precedente versione dalla grafica “pupazzosa” e si presenta comunque meglio delle precedenti remaster.

Piattaforme:  PS4, Switc, PC e Mobile

Sviluppatore: Square Enix

Publisher: Square Enix

Final Fantasy Pixel Remaster è una collection sicuramente particolare: in sé e per sé presenta sei storici videogiochi in quella che è la loro versione più rifinita e piena di dettagli, opzioni e modificatori, e merita l’acquisto sia da parte di chi non li ha mai giocati che di chi, invece, li ama e vorrebbe rigiocarli in veste aggiornata e rivista. La grafica in pixel art si presenta perfetta anche su grandi schermi ad altissima definizione, l’audio è sontuoso e in più la mole di accorgimenti, gli impreziosimenti estetici e sonori, i graditissimi extra (il juke-box e la gallery degli artwork di Yoshitaka Amano in primis) ne fanno un must buy, anche se è un peccato non sia possibile giocare ai titoli in modalità “arcaica”, siano presenti piccole censure rispetto alle versioni originali e tutti i contenuti aggiuntivi (filmati, dungeon e classi personaggio ulteriori) presenti in precedenti riedizioni siano andati persi. Come tuffo nel passato, ad ogni modo, è delizioso e semplicemente imperdibile per i fan del brand.

VOTO 8.5

Toumarello è il nickname che si porta appresso ormai da anni, ma non chiedetegli di spiegarvelo: è un tipo logorroico e blablabla. Per vivere (in ogni senso) scrive e descrive, in particolare di roba multimediale, crossmediale, transmediale... insomma, gli interessa il contenuto ma spesso resta affascinato dall'utilizzo del contenitore. Ama Tetris e le narrazioni interattive.