Lo avevamo annunciato qualche tempo fa che NIS America fosse pronto per arrivare con un nuovo porting di uno dei suoi titoli più amati, nel comparto dei JRPG. Già disponibile su PlayStation 4, PC e Nintendo Switch, The Caligula Effect Overdose sta ora per giungere anche su console next-gen, tornando così in casa Sony e sulla sua ultima console, PlayStation 5. Il JRPG, come sappiamo, è un remake del titolo originariamente uscito nel 2016, ma questa versione Overdose promette, almeno sulla carta, una grafica e un gameplay migliorati, oltre a nuovi personaggi, ambientazioni originali e inedite, accanto a nuovi finali. Non perdiamo altro tempo e restate con noi per scoprire il racconto che vi attende nella nostra recensione in anteprima di questo nuovo porting su PlayStation 5!
The Caligula Effect Overdose: un altro ritorno a Mobius
Iniziamo ricapitolando le vicende di questa storia, per coloro che non fossero troppo avezzi a The Caligula Effect Overdose. Nato dalla mente di Tadashi Satomi, già all’epoca autore dei primi tre titoli della serie Persona, questo gioco di ruolo di chiaro stampo nipponico ci immerge in un mondo distopico e di origine non troppo chiara. Già il titolo rende chiaro l’intento della narrazione: raccontare una tematica dai tratti psicologici come è appunto l’effetto Caligola, ossia l’impulso a vedere ed esperire cose proibite, oltre che voler infrangere i taboo. La psicologia non manca mai all’interno del videogioco, con parecchi riferimenti espliciti e in una versione riveduta ed ampliata già nel 2019 rispetto all’originale. La storia dunque racconta, in maniera non sempre facile da comprendere all’inizio, di come ci siamo trovati proiettati in un mondo immaginario, Mobius, una realtà alternativa creata da due idoli virtuali. Coloro che vengono catapultati in questa nuova dimensione sono però intrappolati in un loop, all’interno del quale continueranno a vivere perennemente gli anni delle scuole superiori, in un eterno ritorno che diventa però anche un modo per sottrarsi ai traumi subiti nel mondo reale. Questa ambientazione è dunque il luogo in cui il nostro protagonista, del quale potremo scegliere nome e cognome, si troverà a dover cercare una via di uscita, una risoluzione alla sua condizione.
La novità di questa versione Overdose, rispetto a quella precedente, sta proprio nel poter scegliere anche un avatar di sesso femminile, una decisione che porta con sé alcune distinzioni non solo nell’interazione con i numerosi NPC, ma anche sul piano della narrazione, la cui main quest da sola arriva a cubare circa venti ore. Dopo la breve introduzione che ci spiega ampiamente dove siamo capitati, e che non tutto è come appare, veniamo introdotti ai diversi comprimari presenti, oltre a entrare a far parte del cosiddetto Go-Home Club, il gruppo di persone che ha come obiettivo l’evasione da questo mondo che non tutti considerano così utopico. Il tutto avviene nella cornice di una riedizione che però non ha saputo colmare appieno le mancanze della produzione originale del 2016, le cui pecche erano evidenti fin dalla scorsa edizione di quattro anni fa e che non potevano essere annullate in questo nuovo sbarco su next-gen.
Cosa resta della next-gen
Vediamo dunque cosa ci ha atteso da un punto di vista tecnico e di gameplay in The Caligula Effect Overdose su PlayStation 5, e come ha performato il software in questo nuovo porting. Il primo approccio al gioco? Prolisso. Tanto. Troppo. I dialoghi di The Caligula Effect Overdose sono davvero lunghi, quasi estenuanti, dove quasi tutti i balloon sono verbosi e le sequenze dialogiche comprendono una porzione talmente ampia di gioco che se le saltassimo, come il gioco ci consente di fare, ci perderemmo un buon trenta o quaranta per cento del gameplay. A parte questo aspetto comunque non secondario, la narrazione stessa è sì lunga, ma in grado di toccare anche temi importanti, per quanto i dialoghi siano poco ispirati e la scrittura in generale sia a un livello qualitativo non troppo alto, per derivare dagli autori di Persona. Nonostante la storia sappia toccare anche temi maturi come la morte, la paura di vivere o alcuni traumi psicologici, la caratterizzazione dei personaggi è purtroppo molto stereotipata, ricalcando i cliché anime fin troppo noti agli appassionati di giochi nipponici. Va da sé che questo impianto narrativo abbia un impatto sulla meccanica, che dovrebbe essere al contrario il punto forte di The Caligula Effect Overdose. A partire dalle interazioni con gli NPC, qui chiamate Causality Link, dove i personaggi secondari con cui è possibile stringere relazioni (e che potremo anche arruolare) sono oltre 500, ma che nonostante le modifiche apportate in questa versione migliorata ed espansa si dimostrerà essere un processo noioso. Solo infatti dopo le interminabili sequenze dialogiche, potremo finalmente arrivare allo svolgimento di una quest da completare, per poter finalmente sancire in via definitiva la nostra amicizia con il personaggio in questione. Come recuperare questa prima nota negativa? Ci pensa il battle system, abbastanza approfondito per fortuna di questo titolo che così ancora può definirsi JRPG.
Le meccaniche unite infatti sono quelle classiche dei giochi di ruolo nipponici a turni, senza dimenticare l’aggiunta di qualche elemento strategico: il sistema di combattimento si basa sulle Imaginary Chain, ossia una interessante possibilità di poter assistere all’anteprima delle azioni che verranno compiute dal nostro party. Questa funzione ci permette di concatenare le abilità per creare potenti combo tra i membri del gruppo, oltre a conferire un ottimo livello di pianificazione strategica. In tutto questo, ci accorgiamo da qualche dettaglio che stiamo giocando su PlayStation 5? Poco o nulla in realtà: la fluidità del motore di gioco è buona, ma non mancano glitch e bug nei momenti più action del gioco, ossia le battaglie, punto focale del titolo in questione. E della next-gen non resta molto altro.
Nuovo porting, vecchi difetti
Esplodiamo meglio questo concetto: se come abbiamo visto il combat-system è ben studiato e coinvolgente, la varietà di Digihead, i nemici che ci troveremo ad affrontare è purtroppo molto scarsa, con spesso una sola e semplice reskin degli avversari già incontrati in precedenza e senza notare un evidente balzo sul piano tecnico in questa edizione rimasterizzata (di nuovo). Il frame rate è a tratti instabile, ma senza compromettere la nostra esperienza di gioco, che come detto ci è risultata complessivamente fluida, così come l’aliasing è a tratti evidente. Non manca nemmeno una rappresentazione piuttosto legnosa e scarsamente fluida delle animazioni, andando a togliere parte della bellezza e del lustro che questo titolo poteva meritarsi. A maggior ragione se siamo a fronte di un nuovo porting e su console next-gen. Vero è anche che rimane pur sempre un progetto a basso o medio budget, dunque le aspettative non potevano che essere consequenziali, ma a un concept che poteva risultare più interessante e avrebbe meritato maggiore attenzione nel passaggio su PS5 è stato invece riservato un porting che non mostra per nulla il meglio di sé. Il giudizio non migliora neppure sul versante delle ambientazioni, che risultano spoglie e spigolose, quasi old-gen e nel complesso non molto gradevoli alla vista. I dungeon di per sé rappresentano diversi luoghi quotidiani e verosimili, come la scuola, i centri commerciali e le strade cittadine, e la monotonia dei setting si fa sentire senza troppo ritardo e non incentivandoci all’esplorazione. Qualche nota positiva, in chiusura, la ritroviamo: il comparto sonoro, a firma di Tsukasa Masuko (già compositore per la serie Shin Megami Tensei) si rivela senza troppa sorpresa di ottima qualità e coinvolgente, adatta a tutti i vari momenti del gameplay, così come un altro aspetto artistico, ossia le sequenze anime nel videogioco, risultano davvero ben riuscite, con una regia in linea con le nostre aspettative e ben performanti, oltre a risultare adatte a narrare le parti salienti dell’avventura. Alti e bassi dunque, per un gioco che avrebbe potuto meritare di più.
Piattaforme: PC, PS4, PS5, Nintendo Switch
Sviluppatore: FURYU Corporation, Engine Software BV
Publisher: NIS America
The Caligula Effect Overdose probabilmente ha voluto cercare di portare questa versione next-gen per PS5 ricalcando forse quanto ha nel titolo, ossia osare ed esperire cose “proibite” e al di là della propria capacità di performance. NIS America ha portato sulla nostra console un prodotto che purtroppo ben poco sa sfruttare la tecnologia dell’ultima generazione arrivata in casa Sony, con un titolo che non solo nella sua struttura, sin dalle altre versioni, aveva delle pecche sia nella scrittura, sia nell’azione del gameplay, ma che non esita a mostrare delle pecche tecniche. Problemi di aliasing, glitch e qualche bug purtroppo non sono sparuti casi, così come la buona riuscita del comparto artistico non compensa in toto quelli che sono elementi di scarso coinvolgimento. Nemici simili tra loro, ambientazioni che sono una il calco dell’altra, movimenti legnosi e sequenze dialogiche ai limiti dell’eterno sono il mix perfetto per rendere faticosa un’esperienza videoludica, soprattutto se si aveva l’opportunità di renderla un po’ più appetitosa in questa occasione nuova.