È difficile credere che sia passato più di un decennio da quando, nel 2011, Ghost Trick Detective Fantasma fece capolino su Nintendo DS. In un anno dominato da imponenti sequel (Portal 2, Uncharted 3 e Skyrim, solo per citarne alcuni), Ghost Trick si distinse come una piccola e ingegnosa avventura “punta e tocca” che si adattava perfettamente al touchscreen della console portatile. Tuttavia, pur avendo beneficiato di un porting per iOS l’anno successivo, l’IP finanziata da Capcom e concepita dal brillante Shu Takumi, autore del ben più blasonato Ace Attorney, cadde in breve tempo nel dimenticatoio. Trascorsero anni senza che se ne parlasse più, tanto meno di un sequel, per quanto gli appassionati ne conservino ancora oggi un affettuoso ricordo. E poi, tutto d’un tratto, ecco che la Capsule Computers tira fuori l’annuncio di una rimasterizzazione per sistemi moderni durante il suo ultimo showcase (confermando in realtà i sospetti legati al rating del gioco avvenuto lo scorso novembre in Corea del Sud), con lo stesso Takumi intenzionato a solleticare ulteriormente gli animi degli estimatori dichiarando che, qualora questa operazione avesse successo, l’ipotesi di dare un giorno seguito alle vicende narrate potrebbe venire presa in considerazione dalle alte sfere. Ravvivato l’entusiasmo per il gioco, era pertanto mia intenzione saggiare con mano il lavoro svolto su quella che, malgrado non sia menzionata in alcun modo nel titolo, è una vera e propria rinfrescata che dovrebbe fare la gioia tanto dei fanatici dell’originale quanto dei patiti di avventure e misteri.
Ghost Trick Detective Fantasma: “Etros”…? E cosa sarebbe?
Siamo morti, o meglio, il corpo del personaggio senza nome che crediamo sia stato il nostro fino a qualche istante prima è deceduto. Il cadavere di un uomo in giacca e cravatta giace nel bel mezzo di una discarica, in una posizione alquanto scomposta, e accanto a lui volteggia l’anima che nel frattempo ha abbandonato il proprio guscio materiale, celata agli occhi dei più. Non è molto chiaro il modo in cui si sono svolti gli eventi né il motivo per cui sono finiti così male e la fiammella di energia vitale, che scopriremo chiamarsi Sissel, non ricorda nulla. Eppure, il trapasso improvviso di quest’ultimo potrebbe non essere l’unico incidente della giornata nei pressi del fatidico deposito di rifiuti, poiché di lì a poco si verificherà un omicidio: una ragazza con un vistoso impermeabile giallo ed i capelli rosso fuoco viene infatti minacciata da un assassino che, oltre alla pelle blu, indossa un abito nero dalla testa ai piedi. Poi si sente un colpo di pistola, la donna cade esanime a terra e l’assassino fa una telefonata di circostanza per annunciare che il suo incarico è stato portato a termine. Ma in breve scopriremo che siamo in grado di fermarlo, perché c’è un motivo per cui Sissel è morto proprio in questo particolare frangente. Un’altra anima, che si fa chiamare Ray, lo contatta e gli spiega l’uso dei cosiddetti “trucchi da fantasma”, poteri speciali che consentono ad alcuni spiriti di prendere il controllo e manipolare gli oggetti stanziali nelle vicinanze. Ma l’abilità più singolare è che, entrando in contatto con una persona trapassata da meno di 24 ore, possiamo riavvolgere il tempo fino a quattro minuti prima della sua morte; combinando queste sue nuove doti, Sissel ha dunque l’occasione di salvare chiunque sia andato incontro ad una fine prematura.
Naturalmente, non è solo il desiderio di fare del bene a spingere l’anima inquieta all’azione, poiché la donna dai capelli rossi è anche l’ultima ad averlo visto in vita, perciò decide di seguirla dopo averla soccorsa per raccogliere altri indizi. Con questi presupposti, Capcom è riuscita a confezionare un racconto poliziesco ricolmo di personaggi bizzarri e fantasiosi, autentico marchio di fabbrica di Takumi, tutti in qualche modo facenti parte del puzzle che cela le reali motivazioni per cui il nostro protagonista dai capelli dritti è dovuto morire. Ogni capitolo è costituito da una scena in cui di solito si deve impedire un omicidio o, comunque, guidare il comportamento di uno o più soggetti affinché imbocchino la giusta direzione. In uno dei livelli iniziali, ad esempio, una ragazzina e il suo cane vengono barbaramente uccisi in un appartamento, perciò dovremo anzitutto fare in modo che la prima si nasconda sotto il divano quando l’assassino fa il suo ingresso in casa. Onde conseguire tale obiettivo è necessario, tra le altre cose, prendere possesso di un ombrello e scaraventare un paio di cuffie in un acquario in modo che la giovane non possa venire distratta dalla musica, possedere una ciotola di biscotti e gettarli sul pavimento per attirare l’attenzione dei topi che cercheranno di rubarli, scatenando quindi la furia del cagnolino che drizzerà le orecchie mettendosi all’erta, e via di questo passo. Come già detto, questo è solo un primo assaggio del tipo di enigmi di cui Ghost Trick è letteralmente intriso, che da qui in poi diventeranno sempre più astuti ed esigenti.
Hai detto che ti avrei rivisto, se fossi morta
Quasi altrettanto unica quanto i numerosi e articolati rompicapi con cui avremo a che fare è la direzione artistica del gioco, con un cast di protagonisti e comprimari dalle proporzioni per lo più realistiche, ma corredati da una pletora di dettagli come acconciature, nasi, occhi e soprattutto abiti variopinti e spiritosi (il gioco di parole è intenzionale, ovvio). Le scenografie sono costruite con encomiabile criterio e abbondano di particolari grandi e piccoli a prescindere dal contesto, ma ciò che cattura davvero l’attenzione sono le minuziose animazioni dei personaggi che un occhio nostalgico potrebbe scambiare quasi per rotoscoping, una tecnica che gli animatori usano per ricalcare filmati girati dal vivo, fotogramma per fotogramma, e realizzare così movimenti realistici, divenuta celebre in ambito ludico grazie a Jordan Mechner ed i suoi Karateka e Prince of Persia. In realtà, nel caso di Ghost Trick, Koki Kinoshita e il suo staff hanno realizzato a mano i modelli tridimensionali, animando con cura ogni singolo gesto, per poi renderizzarli in 2D ed ottenere la versione definitiva degli sprite: così facendo, sono riusciti ad ottenere movenze fluide come il velluto, deliziosamente uniche e capaci di infondere a ciascuno degli attori virtuali una propria personalità dal sapore unico, che li rende facilmente distinguibili l’uno dall’altro. Se c’è un difetto imputabile alla creatura di Shu Takumi è da rintracciare nella presenza di un’unica soluzione corretta per completare i livelli: con lo smisurato quantitativo di oggetti con cui sperimentare, è un peccato che molte intuizioni si limitino a venire liquidate con una battuta o finiscano in un vicolo cieco perché un approccio leggermente più permissivo, magari basato su un punteggio commisurato al rispetto della sequenza di mosse “giuste”, avrebbe incrementato a dismisura il coinvolgimento. Bisogna anche tenere conto del fatto che l’avventura si svolge in tempo reale e quindi gli scenari sono in costante evoluzione, il che naturalmente esercita su di noi una pressione supplementare. Se non altro, Capcom ha pensato bene di mitigare questo problema in maniera astuta: in primo luogo, è possibile riavvolgere i quattro minuti a ritroso nel tempo tutte le volte che si vuole e, qualora ciò non bastasse, alcuni dei passaggi più importanti hanno dei checkpoint intermedi da cui si può sempre scegliere di ripartire.
Ma che aspetto ha Ghost Trick sulle moderne piattaforme ludiche? La risposta, per fortuna, continua ad essere eccellente: appena avviato il gioco su Xbox, ho temuto che la transizione dallo schermo tattile del Nintendo DS a un sistema di controllo più tradizionale, ma le mie preoccupazioni sono svanite rapidamente non appena constatato che il puntamento analogico, fatte le debite proporzioni, è quasi altrettanto reattivo e in breve mi sono ritrovato a saltare con facilità tra gli oggetti disponibili scatenando un rocambolesco caos. Allo stesso modo, la grafica ha compiuto un notevole passo avanti rispetto alle versioni DS e iOS grazie allo svecchiamento di ambientazioni e modelli poligonali, sui quali risulta davvero difficile trovare una singola texture sgranata. Sebbene la rimasterizzazione mantenga il rapporto d’aspetto 4:3 dell’originale, Capcom ha aggiunto alcune splendide schermate intermedie in 16:9 che impreziosiscono la confezione. Ghost Trick era accattivante da vedere già nel 2011, e a distanza di 12 anni la sua estetica sembra persino migliorata. Per il resto, come di consueto, la dotazione di extra è ridotta al minimo sindacale, poiché Capcom si è limitata ad aggiungere una galleria di immagini e un juke box per ascoltare la colonna sonora, perciò se speravate in contenuti più sostanziosi rimarrete parecchio delusi. Se non altro, i brani composti da Masakazu Sugimori hanno giovato di un rispettoso arrangiamento inedito da parte di Yasumasa Kitagawa, che esalta la prodiga miscela di archi, bassi e sintetizzatori dal corposo respiro noir, un piccolo grande regalo per tutti gli intenditori che possono comunque passare quando vogliono dalle tracce originali a quelle reinterpretate e viceversa.
Piattaforme: Switch, PC, PS4, Xbox One
Sviluppatore: Capcom
Publisher: Capcom
La struttura delle numerose sfide di Ghost Trick rasenta spesso la genialità, e il fatto che si tratti sempre di combinazioni di piccoli oggetti quotidiani da sfruttare per risolvere la situazione non fa che accrescere il divertimento. Gli enigmi richiedono una dose di ingegno considerevole per essere superati, ma se i compiti fossero stati più aperti, in modo da consentire soluzioni multiple, il gioco sarebbe stato in grado di catturare un pubblico più vasto. La rimasterizzazione è impeccabile ma basa tutto il suo fascino sulle qualità intrinseche dell’epopea di Sissel, perciò se non avete apprezzato l’originale qui non troverete nulla che vi farà cambiare idea, e lascia un po’ di amaro in bocca per l’ennesimo “compitino” sguarnito proposto da Capcom.