A partire dall’inizio del secondo millennio, l’universo videoludico polacco ha iniziato a emergere progressivamente in un panorama videoludico europeo che ancora oggi fatica a tenere testa ai colossi degli Stati Uniti, del Canada e del Giappone. Pertanto, non sorprende che l’editore italiano Digital Bros abbia deciso di arricchire la sua divisione specializzata nelle produzioni indipendenti – HOOK – con un titolo horror proveniente proprio da Varsavia: Unholy.
Unholy rappresenta il primo gioco d’alto profilo sviluppato dalla start-up Duality Games, un investimento tecnico ed economico che ambisce a far debuttare lo studio nel competitivo mercato della grande distribuzione internazionale. Prendendo in mano il prodotto, è chiaro che programmatori e designer abbiano riversato tutta la loro competenza nello sviluppo di un’opera capace di valorizzare i loro talenti; tuttavia, essendo l’azienda giovane, non mancano alcune carenze.
Unholy si muove tra sacro e profano
Dorothea Linde è una giovane madre single che, nel disperato tentativo di risolvere i suoi molteplici problemi, si è unita a una setta chiamata “la Cerchia“. Dopo essere scappata da un padre alcolista, la donna ha posto il figlio Gabriel al centro di ogni sua scelta, un comportamento che ha cominciato a creare tensioni all’interno della congregazione. Dorothea è ormai pronta a fuggire dal dormitorio assegnatale, tuttavia nelle ultime ore di permanenza all’interno della comunità religiosa il piccolo Gabriel finisce con l’essere catturato dai cultisti, i quali lo vogliono usare come sacrificio per aprire la strada a un mondo noto come Città Eterna.
Complice l’intervento della donna, il rituale non si conclude pacificamente: l’intero edificio prende fuoco, e il bambino è dato per morto. A distanza di un mese, Dorothea non ha ancora fatto pace con la situazione; non accetta il lutto e, anzi, straccia tutti i necrologi affissi in città che citano il nome di suo figlio. Nel pieno della crisi, la giovane finisce col prestare orecchio a un’attempata e ambigua megera, la quale la invita a intavolare una fattura per raggiungere l’oltremondo ambito dalla Cerchia e recuperare l’anima perduta di Gabriel. Il rituale si conclude con Dorothea che sviene all’interno di una vasca da bagno piena d’acqua, ma la sua coscienza si eleva verso un universo alternativo, dove le dinamiche sono modellate dallo stato emotivo delle persone che lo abitano. Il paesaggio è desolato, distrutto da una terribile piaga mortale e dalle pericolose tendenze zelote dello spregevole culto. È un luogo tutto tranne che invitante, un oscuro presagio che motiva Dorothea a sacrificare tutta se stessa pur di raggiungere e salvare lo spirito del suo bambino.
Fionde, maschere e qualche indovinello
Unholy è suddiviso in capitoli lineari, ciascuno caratterizzato da una di due impostazioni di gioco specifiche. Le sezioni ambientate nel mondo che più si avvicina alla realtà presentano indovinelli e indagini con un sottile richiamo al genere punta-e-clicca. Al contrario, quelle ambientate nella Città Eterna si caratterizzano per una propensione action e survival, con una punta di stealth e qualche sporadico indovinello. A livello di quantità e qualità di contenuti, la seconda categoria domina l’esperienza di gioco, offrendo una notevole varietà di elementi che, tuttavia, Duality Games non è stata in grado di valorizzare appieno. Nel suo arsenale, Dorothea vanta maschere potenzianti, una fionda capace di lanciare diverse forme di proiettili emotivi, un albero delle abilità espandibile e rudimentali doti da parkour. Gestire tutti questi contenuti rappresenta una sfida non da poco per un team di programmatori debuttanti, tant’è che l’impostazione tecnica di Unholy finisce con il dimostrarsi funzionale, ma estremamente grossolana.
Il sistema di illuminazione, le animazioni, l’intelligenza artificiale dei nemici, i controlli di combattimento e movimento, i filtri cromatici e le meccaniche di gestione di maschere e munizioni sono tutti elementi che contribuiscono a una rigidezza robotica, che poteva essere perdonata nei videogame dei primi anni Duemila, ma che ora risulta alienante. Questo straniamento attenua il senso di orrore ed enfatizza quello di frustrazione, ancor di più perché ci si sente vittime di un impianto tecnico che non risponde come ci si aspetterebbe, anziché responsabili dei propri eventuali fallimenti. Alcuni difetti minori potranno essere appianati con semplici patch, ma molti altri sono indissolubilmente legati con la natura stessa del prodotto, nonché con l’ambizione smodata che ha guidato la mano degli sviluppatori. Il titolo finisce con il dare il meglio di sé nelle più lente sezioni narrative, dove gli orpelli elaborati vengono abbandonati in favore di un’atmosfera coinvolgente e concentrata sull’esplorazione. In queste sezioni, le energie di Duality Games si sono infatti focalizzate sul realizzare con maestria un singolo obiettivo, anziché disperdersi verso orizzonti frastagliati.
Il mondo visionario di Unholy
L’alternanza tra la Città Eterna e un mondo deformato dall’emotività umana richiamerà inevitabilmente alla memoria dei veterani dell’horror il rapporto tra “fog world” e “otherworld” presente nella saga di Silent Hill, un marchio che per altro è famoso anche per la presenza ricorrente di sette religiose e sacrifici umani. Come spesso accade anche nei titoli Konami, la narrazione di Unholy si muove peraltro in quell’area nebbiosa in cui è difficile distinguere l’allegorico dal fantastico, con il risultato che sia arduo non riconoscere all’opera una direzione derivativa tutt’altro che inedita. Sotto molti aspetti, l’impostazione del gioco uscito dalle scuderie di Duality Games riflette i pregi e i difetti già visti nel The Medium sviluppato dall’altrettanto polacco Bloober Team: la componente estetica e formale è estremamente promettente, ma il tutto si perde in una trama priva di verve, in un gameplay macchinoso e in un’impostazione progettuale che fatica a esplorare quanto di buono è presente sul tavolo.
Unholy si basa sullo squisito immaginario dell’illustratore e direttore artistico Tomasz Strzałkowski, quindi vanta di base la forza di un’impostazione di trama che esplora le perturbanti realtà post-comuniste fatte di sterili casermoni abitativi, estremismo religioso e alcolismo spinto, eppure ogni volta che Dorothea fa visita alla Città Eterna questi elementi virtuosi e atipici lasciano il passo a un’ambientazione che pare invece scimmiottare genericamente le estetiche di Dishonored, perdendo di definizione.
Il retaggio culturale polacco di Duality Games risulta evidente, vuole emergere con forza, eppure viene castrato in favore di un immaginario più artefatto e generalista. Non tutti gli sviluppatori devono ovviamente far leva sul proprio background etnico, tuttavia vale anche la pena ricordare che proprio la valorizzazione di questo genere di tratti ha reso unici prodotti quali Frostpunk e The Witcher, capolavori videoludici la cui identità marcata ha finito in un modo o nell’altro a lasciare un memorabile segno sulle proposte del Mercato.
Piattaforme: PC, Playstation 5, Xbox Series X|S
Sviluppatore: Duality Games
Pubisher: HOOK
Unholy è di fatto il titolo di debutto di Duality Games, gruppo che fino a oggi si era limitato a produzioni minori. L’opera evidenzia i tratti di valore del team polacco, tuttavia, questi aspetti virtuosi sono stati in parte attenuati da un’eccessiva ambizione: invece di concentrarsi sul perfezionamento di pochi elementi distintivi, il team ha preferito puntare su un’offerta variegata e complessa, una scelta che è stata fiaccata da un misto di inesperienza e risorse limitate. Il risultato è che Unholy è un gioco funzionante, ma al contempo poco memorabile e talvolta frustrante,i un esperimento videoludico che non è stato pienamente realizzato, ma che potenzialmente rappresenta un elemento di crescita importante per Duality Games, start-up che è comunque riuscita a dimostrare di possedere la stoffa per realizzare grandi progetti. Con una direzione registica più consapevole, la squadra può sicuramente raggiungere risultati notevoli.