Atlas Fallen

Atlas Fallen Recensione: la nuova avventura dagli autori di The Surge

Si vive in attesa dei titoli più importanti dell’anno, quelli che vengono svelati con ampio anticipo e che tutti comunque proveranno, perché sono di per sé una garanzia; e si vive pure in attesa di produzioni sconosciute, che non possono vantare alcun genitore né un nome importanti, gli ultimi arrivati – ma dove sta scritto che meritano minore attenzione? Oggi vi proponiamo, ad esempio, la recensione di Atlas Fallen. E se non avete seguito la sua campagna pubblicitaria, di Atlas Fallen non saprete probabilmente nulla (anzi, ci scommettiamo). Non potrebbe essere diversamente, perché un titolo nuovo, il capostipite di un franchise che potrebbe anche arrestarsi alla prima iterazione se le cose non dovessero mettersi (economicamente) bene. Gli autori sono gli sviluppatori di Deck 13 Interactive, quelli di The Surge per intendersi (trovate qui la recensione di The Surge), supportati ovviamente dall’editore Focus Entertainment. Noi ci siamo avventurati tra le sabbie di Atlas Fallen da scettici, per riemergerne piacevolmente sorpresi. Se siete curiosi di saperne di più, siete ovviamente nel posto giusto.

Sabbie e dèi ostili in Atlas Fallen

Quello di Atlas Fallen è un mondo dominato quasi interamente da sabbie e rocce. Non fatevi ingannare dalla presenza di altri biomi, che vorrebbero garantire un minimo di varietà: c’è sabbia dappertutto, dopo i primi momenti in cui sembra di essersi inoltrati nella monotonia totale, scoprirete anche che vi piace – perché la sabbia è un elemento funzionale al gameplay, cela i nemici, permette di usare i poteri della corsa del guanto, cela tesori e piattaforme, e tante altre cose. Dicevamo: sabbie, e dèi ostili. Molto tempo fa vi fu una guerra gigantesca tra esseri umani e adoratori di un dio malvagio, un dio che ha finito nel corso dei secoli per soggiogare tutti quanti, costringendo l’umanità in schiavitù (il loro compito è quello di estrarre l’Essenza, di cui il dio si nutre).

In questo contesto, ovviamente arriva un prescelto: che siete voi, o per meglio dire il personaggio che creerete nel tutorial iniziale. Poco importa che sia maschio, femmina o altro; del resto, una volta che l’avrete rivestito di armi e armature pesanti neppure lo vedrete più nel suo aspetto originale. Anche lui condannato a una vita in schiavitù, il protagonista rinviene casualmente un guanto a metà tra l’artefatto magico e il prodigio tecnologico, che per ovvi motivi risalta a dismisura in un mondo post-apocalittico come quello di Atlas Fallen. Dal guanto magico emerge una creatura soprannaturale, completamente blu; questa creatura può cedere al protagonista i suoi poteri, proprio per mezzo del guanto. La premessa è questa, ed è minima: il cuore della produzione risiede ovviamente nella potenzialità di questo oggetto fondamentale, dotato di un’incredibile versatilità.

atlas fallen

Un gioco d’azione (e di avventura)

Atlas Fallen può essere confuso con tanti altri titoli e con tanti altri generi. Una rapida incursione nel magico mondo di internet potrebbe bastarsi a farvene rendere conto: è stato paragonato (non da noi) a praticamente qualsiasi altra cosa, pazienza che tra di loro i termini di paragone spesso cozzassero. Lo abbiamo visto accostato a Forspoken e a God of War, per esempio; noi potremmo introdurre altrettanti parallelismi con Assassin’s Creed o, meglio ancora, con Darksiders (con il terzo capitolo, almeno). Eppure, in tutti questi confronti una minima (labile) percentuale di verità c’è sempre; pure, nessuno rende pienamente conto di che cosa sia davvero Atlas Fallen. Potremmo definirlo un gioco d’azione e di avventura: le sue meccaniche non sono quelle di un souls-like, non è così punito; e la componente ruolistica c’è per quanto riguarda l’equipaggiamento, ma non a livelli troppo profondi. L’anima action è invece chiaramente riconoscibile, con tanto di combattimenti gestibili tra livello del suolo e sospensioni aeree. E l’avventura è la chiave per spostarsi da un luogo all’altro.

Però non è tutto. La mappa è quella di un semi open world, con aree collegate tra loro e liberamente esplorabili (ma non estese come quelle di uno qualsiasi degli ultimi Assassin’s Creed); dagli Assassini è però recuperata la meccanica di un luogo speciale della mappa, interagendo con il quale vengono svelati tutti gli altri nei paraggi, e pure quella sorta di “occhio interiore” che rende oscuro tutto il resto per porre in evidenza (in bianco) un singolo punto fondamentale per proseguire. Aggiungete a tutto questo le lotte forsennate contro nemici di piccola, media e gigantesca taglia; una miriade di elementi tecnici con cui approfondire sempre di più il combat system; la ricerca costante di materiali per potenziare non solo armi e armature, ma il guanto stesso; e avrete così almeno una prima, solida idea di che cosa sia Atlas Fallen.

Il compito in sé del giocatore è chiaro, e una ventina/venticinquina di ore – saltando tutto il resto, ma è un peccato – bastano a conseguirlo: ripristinare il potere originale del guanto divino e sfidare il dio corrotto, salvando così il mondo; nel corso del viaggio vari NPC forniranno il loro supporto, mentre non siamo riusciti per ovvi motivi a testare la modalità multiplayer, che dovrebbe permettere di unirsi in compagnia di un amico alle letali battaglie contro i mostri del deserto.

Sistema di combattimento e potenziatori

Per quanto facilmente accessibile, il sistema di combattimento di Atlas Fallen è anche estremamente variegato e presenta notevoli spunti di profondità. L’attacco leggero si alterna ovviamente a quello pesante, ma questo è scontato; meno scontata è invece la possibilità di alternare le schivate alle parate con effetti diametralmente differenti. La schivata ci allontana dal nemico e basta, con ovvi momenti di recupero; la parata, se eseguita correttamente, paralizza l’avversario per un certo numero di secondi, durante i quali è possibile infliggere danni su danni. I nemici volanti possono essere agganciati o raggiunti con spostando il combattimento dalla terra al cielo (sono intercambiabili in qualsiasi momento, un po’ come visto nel franchise di Devil May Cry). Ancora, con l’aumentare dei danni inflitti sale anche la barra dell’Impeto: un impeto maggiore comporta, al tempo stesso, più danni inflitti che subiti, e dunque un approccio più riflessivo al combattimento stesso e alle varie tipologie di nemici.

Ma a rendere il tutto più tecnico concorrono due elementi in particolare: la presenza dei potenziatori e il sistema di punti deboli. Ora, i primi si suddividono in attivi e passivi, in una miriade di primari e secondari, e c’è davvero da spendere un quantitativo immenso di ore di gioco per trovarli tutti, “craftarli” con i materiali a disposizione nel mondo di gioco, e poi potenziarli. I secondi sono più intuitivi: alcuni mostri più grossi (tra i quali i boss, ma non solo) presentano una suddivisione del corpo in vari arti: per essere sconfitti completamente, solo alcuni di questi arti vanno eliminati. Dunque vale la pena concentrarsi su questi ultimi, se non fosse che colpirli equivale ad attivare la modalità furia del nemico, rendendolo più pericoloso. Insomma, Atlas Fallen è tutt’altro che un action-adventure superficiale, e per essere padroneggiato richiede un quantitativo notevole di ore; sa anche dare le sue soddisfazioni, all’interno del genere di riferimento.

atlas fallen

Dov’è, allora, il problema? Al netto di tutto il ben di Dio presente, siamo pur sempre alle prese con un titolo AA, e si vede. Innanzitutto un po’ nel combat system stesso e nelle animazioni, a tratti legnose – nulla che possa inficiare davvero la fruizione, ma quel tanto che basta per non lasciare completamente appagati né i nuovi arrivati né, soprattutto, i veterani del genere. E poi nel comparto tecnico: il colpo d’occhio complessivo, soprattutto sulla lunga distanza, è notevole; ma aguzzando la vista sugli oggetti ravvicinati (e non solo) si nota una certa povertà nella definizione delle texture e degli oggetti poligonali. Con un po’ più di budget a disposizione, Atlas Fallen non avrebbe avuto nulla da invidiare a tanti altri titoli più blasonati e famosi. Anche così, comunque, siamo sicuri che farà breccia nei cuori di tanti giocatori.

Piattaforme: PlayStation 5, Xbox Serie S/X, PC

Sviluppatore: Deck 13 Interactive

Publisher: Focus Entertainment

Atlas Fallen è un ottimo action-adventure scandito tra ambienti vastissimi da esplorare, nemici colossali da affrontare, armamentari da potenziare e segreti da scoprire. La narrazione piacevole, benché non eccessivamente lunga, accompagna nella scoperta di un mondo di gioco apparentemente omogeneo, perennemente occupato da distese di sabbia, ma vivo, pericoloso e intrigante. La natura di prodotto non-tripla AAA è evidente in parecchi dettagli tecnici e in un sistema di combattimento sì valido ma in alcuni momenti fastidiosamente legnoso; nulla che possa inficiare, comunque, l’esperienza complessiva. “Peccato”, perché il prodotto di Deck 13 Interactive ha stile e personalità, e avrebbe potuto puntare a un voto più alto. Forse ci penserà un ipotetico sequel…

VOTO: 7.7

La formazione del buon Simone, classe '93, avviene pad della prima PlayStation alla mano, a base di draghi viola, gemme e pecorelle fumanti (del resto è un vero abruzzese). Cresce a pane e Dylan Dog, mostrando fin da subito gravi problemi psicologici e mentali. Tra le altre cose ha ancora paura del buio, e probabilmente Stephen King lo approverebbe. Un paio di lauree in letteratura non gli hanno impedito di diventare uno dei massimi esperti del mondo Nintendo; compensa non riuscendo neppure ad accendere una Xbox. È attualmente ai domiciliari per abbandono dei cagnolini di Nintendogs e omocidio degli abitanti di AnimalCrossing.