Il caso Warner – YouTuber e l’ombra delle recensioni pilotate

Nelle ultime ore, una nuova vicenda sta causando accese discussioni sparse per il web. Una vicenda che sta gettando serie ombre circa le scorrette politiche di pubblicità occulta promosse da Warner Bros. nel merito del gioco La Terra di Mezzo: L’ombra di Mordor, titolo pubblicato proprio dalla compagnia nel 2014 e liberamente ispirato ai best seller di Tolkien, Il Simmarillon, Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli. Una vicenda che ha trovato il suo epilogo nella causa promossa dalla Federal Trade Commission degli Stati Uniti, una fine che ha visto Warner Bros. cavarsela con un ammonimento e delle precise esortazioni per possibili campagne pubblicitarie future affini, nei modi, a quella contestata. Questi, in sintesi, i fatti: le indagini espletate hanno portato la Federal Trade Commisison a concludere che nel corso del 2014 Warner Bros. avrebbe pagato tutta una serie di Influencer e YouTuber per fornire recensioni positive circa il gioco in questione, per una campagna pubblicitaria senza precedenti spacciata come critica e analisi imparziale ad opera dei suddetti YouTuber. Basti pensare che, complessivamente, questa campagna ha fruttato oltre 5,5 milioni di visualizzazioni, di cui 3,7 milioni al video realizzato dal noto Influencer PewDiePie. Sempre secondo le indagini svolte, Warner Bros. ha fornito ferree direttive sul come trattare il gioco, in che modo parlarne, riservandosi il diritto, visto l’esborso di denaro, di approvare le videorecensioni realizzate prima che venissero proposte al pubblico. I pagamenti, dipendentemente dalla notorietà ed il seguito di YouTuber e Influencer vari, è stato variabile da qualche centinaia di dollari fino ad arrivare a decine di migliaia. Tuttavia, rilevando che secondo le leggi federali degli Stati Uniti d’America la cosa non rappresenti un reato ma, tutt’al più, un comportamento deontologicamente scorretto, la commissione non ha comminato a Warner Bros. nessuna sanzione ma ha ammonito la società, per campagne future di questo tipo, di disporre chiari e visibili avvisi circa la natura promozionale dei video.

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Quanto accaduto, dicevo, getta delle serie ombre circa la tollerabilità di simili pratiche scorrette. Prima di tutto, una pubblicità occulta risponde sempre a qualche criterio di reato. Oltretutto, se gli accordi presi impongono, dietro pagamento, che non siano mosse critiche di sorta ad un determinato prodotto, tacendone i difetti, allora, oltre ad essere occulta, ci troviamo anche di fronte a pubblicità ingannevole. E’ davvero inverosimile che in un sistema giudiziario come quello statunitense, nel quale si troverebbero degli escamotage per comminare sanzioni e pene per Alto Tradimento e Vilipendio a Pubblico Ufficiale anche solo per un occasionale e involontario starnuto in faccia al Presidente, una simile scorretta politica perpetrata ai danni dei consumatori (e che ha portato ingenti ricavi nelle tasche del Publisher), venga archiviata con un nulla di fatto perché il reato non sussiste. La sensazione, davvero forte, è che per qualche oscuro motivo (lascio a voi le ipotesi del caso), si siano chiusi non uno, ma entrambi gli occhi, per farla passare liscia al mandante di questa  oscenità. Come a dire: non esiste il reato ma, da un punto di vista morale, non ti sei comportato bene. Per favore, in futuro cerca di evitare. Maddai.

Una pubblicità occulta risponde sempre a qualche criterio di reato.

Cosa ancor più assurda è che nessuna azione sia stata intrapresa verso quanti abbiano accondisceso a questa scorrettissima campagna pubblicitaria intascando denaro e realizzando il proprio video viziato e mendace. Lungi da me l’idea di parlare di corruzione, utilizzerò l’esempio delle tangenti solo a titolo comparativo ed esplicativo, sottolineando fin da subito le distanze che ci sono tra un simile fatto ed un reale caso di corruzione. La farò breve: quando qualcuno intasca una mazzetta, è colpevole tanto quanto colui che la mazzetta la ha data, divenendone non solo complice, ma anche il mandatario reale. Tutto chiaro adesso? Quindi, si, oltre a ribadire la totale perplessità circa i criteri secondo i quali La FTC non sia riuscita ad intravedere nemmeno l’ombra di un’ipotesi di reato, resto ancora più shoccato dal fatto che tanto il mandante, quanto i mandatari di una vicenda di simile tenore, la abbiano fatta franca senza pagare almeno delle sanzioni pecuniarie che avrebbero dovuto essere proporzionali ai rispettivi introiti (quindi una salatissima multa milionaria per Warner Bros. e multe commensurate ai soldi intascati per gli YouTuber e gli Influencer che sono prestati a questo obbrobrio mediatico).

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Essere un giornalista o recensore nel campo videoludico (come, del resto, in ogni altro campo) comporta sempre e comunque una grossa responsabilità: quella di influenzare, in base al proprio seguito di lettori e utenti, l’orientamento delle scelte all’acquisto di questa utenza. Per questo, pur continuando a difendere il sacrosanto diritto di critica e di stampa, laddove sia genuino, tanto con voti alti quanto con voti bassi, ma figlio di un atteggiamento comunque professionale e soggettivamente veritiero (ricordate il caso di Uncharted 4 e DOOM trattato in un nostro precedente editoriale?), sono il primo a voler impugnare un rotolo di potente nastro adesivo e tappare la bocca a quei conclamati “venduti” che, spacciando il proprio parere come legittimo e genuino, erano invece pagati a suon di dollari da Warner Bros. per esprimersi in modo assolutamente positivo e lusinghiero su un prodotto che, nonostante una certa indiscutibile bontà, comunque portava con se determinate criticità con le quali gli acquirenti hanno dovuto fare  inaspettatamente i conti, proprio a causa di questa politica indecente. Senza voler risparmiare il Publisher dalle dovute considerazioni (ed infatti non è stato fatto), da addetto ai lavori circa l’informazione nel campo dei videogame, ritengo ancor più indecente proprio il comportamento di questi “colleghi” i quali, vendendosi per un pugno di dollari, si sono resi complici di quello che è, a tutti gli effetti, un attentato e un sopruso alla buona fede di milioni di persone che hanno così rimpinguato le casse del Publisher in questione. A questi pseudo professionisti, oltre il mio fottutissimo disappunto, va anche la mia più grande, per quanto inutile, condanna. Questi gettano onta su tutta la nostra categoria. Lo sdegno di chi, come il sottoscritto, affronta il proprio compito in modo onesto e professionale, è poca cosa rispetto a ciò che questi personaggi avrebbero dovuto ricevere in termini di sanzioni e condanne e che, per una bizzarra interpretazione della FTC, è stato dichiarato essere un comportamento moralmente discutibile ma giuridicamente inattaccabile.