(Nota: questa recensione è stata scritta a quattro mani, al fine di analizzare il gioco approfonditamente e nella sua interezza, sin dai primi mesi di beta e fino all’uscita del titolo nei negozi)
Blizzard è un nome capace di creare attorno a sé un alone di riverenza, specie tra i giocatori nati e cresciuti su PC, tastiera e mouse alla mano. Ad ogni sua uscita o prodotto, milioni di utenti si piegano infatti al suo cospetto come fossero ipnotizzati, sicurissimi che oggi come ieri avranno tra le mani un titolo capace di assorbire le ore della loro giornata in maniera quasi sovrannaturale. O assuefacente, se preferite. È stato così per World of Warcraft, StarCraft (e relativo sequel), Diablo e il più recente Heroes of the Storm. E sarà così anche per Overwatch, nuova IP della software house di Irivine. Una nuova proprietà intellettuale, quindi, che si getta a capofitto in un genere (quello degli FPS online) molto più delicato e fragile di qualunque altro, capace però in quasi un anno di beta pubblica e non di attirare a sé la cifra stratosferica di 9.7 milioni di giocatori, pronti a sfidare altri utenti sparsi in tutto il mondo. Overwatch non è tuttavia un “normale” sparatutto dalla prepotente componente online: Blizzard è stata maestra nell’unire aspetti e generi differenti, presi di peso tra MOBA e FPS tradizionale, ed il risultato è realmente sorprendente, nonostante qualche uccello del malaugurio avesse sperato nel contrario. Il perché è presto detto: Overwatch è, prima di ogni altra cosa, gunplay competitivo allo stato puro.
“GLI EROI NON MUOIONO MAI”
Overwatch chiude, o apre dipende dai punti di vista, un’ipotetica “fase due” del colosso in grado di dominare interi generi videoludici. A partire dal 2014 i genitori di Warcraft hanno deciso di cambiare rotta e hanno iniziato la propria scalata verso l’olimpo delle competizioni sportive digitali: la recente acquisizione della Major League Gaming (MLG) per ben 46 milioni di dollari dimostrano come Blizzard abbia deciso di puntare forte sul nuovo (e redditizio) cavallo da corsa. Con l’intera scena sportiva dominata da titoli sviluppati da altre softco, risulta evidente l’esigenza di proporre al pubblico dei giochi in grado di entrare e, perché no, dominare la scena professionistica. Da qui nascono in sequenza Hearthstone, Heroes of the Storm e, appunto, Overwatch. Quest’ultimo si pone come la “parentesi FPS” che tanto mancava alla Blizzard. Inizialmente il timore che dopo ben venticinque anni gli sviluppatori si spingessero troppo fuori dal seminato è stato forte, ma le tappe che hanno separato questa nuova IP dal grande pubblico sono state gestite magistralmente, così come l’hype che si è venuto a generare è stato talmente grande da regalare a questo nuovo sparatutto in prima persona il primato di titolo, la cui Open Beta ha fatto registrare il più alto numero di utenti di sempre: tantissimi personaggi disponibili dal day-one, un fumetto di ottima fattura ed una serie di stupendi cortometraggi in CG sono stati in grado di attirare l’attenzione planetaria ponendo il gioco sotto i riflettori del grande palcoscenico videoludico. Adesso, però, dobbiamo vedere di pasta è fatto il gioco. E Overwatch ha un PVP talmente coinvolgente e divertente che in qualità di appassionati di FPS parliamo forse di qualcosa mai visto prima: entrando nel dettaglio, il titolo si colloca nella categoria degli “Hero Shooter”, ovvero giochi che fanno del PVP a squadre all’interno di particolari arene il fulcro dell’intera esperienza. Nella fattispecie, le squadre sono composte da 6 giocatori ciascuna ed il giocatore vestirà i panni di un singolo eroe (intercambiabile ogniqualvolta lo si desideri) dotato di determinate caratteristiche che richiamano la santa trinità degli RPG.
Overwatch basa tutta la sua genialità su alcuni elementi fondamentali come il roster proposto dal gioco, variegato ed in grado di abbracciare diversi stili di gioco richiesti dalla maggior parte dell’utenza (come la suddivisione in quattro ruoli: attacco, difesa, supporto e tank), e la possibilità di cambiare il proprio eroe in qualsiasi momento del match senza alcun limite imposto. La lista dei personaggi è inoltre composta da entuno eroi, tutti ben caratterizzati e variegati, così da offrire davvero un ventaglio completo di scelta (si va dal Ninja cybernetico ideale per il corpo a corpo, al classico Soldato d’assalto, passando per la Cecchina e il Gorilla armato fino ai denti). Tutte le abilità sono semplici ed immediate da utilizzare e questa scelta strizza l’occhio a tutta quella frangia di giocatori che si approcciano al gioco in maniera decisamente più soft. Questo però non vuol dire che sia facile primeggiare dopo poche partite: anche le skill apparentemente più innocue nascondo una profondità che porta i giocatori più attenti ad uno studio più approfondito dei vari personaggi, al fine di trarne il massimo vantaggio. Il connubio fatto da tempistiche, conoscenza della mappa e calcolo delle distanze è davvero importante e, se si considera che Overwatch è destinato ad essere giocato innanzitutto a livello professionale, risulta evidente il meticoloso lavoro nel voler avvicinare sia i giocatori della prima ora che quelli decisamente più navigati. Altro aspetto fondamentale di Overwatch è la strategia che bisogna adottare già al momento della scelta delle classi, visto che gli eroi che compongono il roster hanno punti di forza e punti deboli specifici, i quali vanno a condizionare pesantemente la validità di una squadra. Questa dinamica, neanche a dirlo, permette di tenere sempre viva l’azione poiché per ogni set-up che andremo ad affrontare verrà accompagnato da un successivo pronto a sfruttarne i punti deboli, e visto che potremo cambiare personaggio in corsa è facile immaginare quante variabili una singola partita può offrire (a patto di giocare ad un certo livello, si intende). Senza dimenticare che a livello tecnico ed estetico, il certosino lavoro di Blizzard ha permesso una resa fluida ed impeccabile in ambientazioni cartoon ricche di dettagli e con una palette di colori realmente sorprendente, capaci di travolgere in un tornado di effetti senza il minimo intoppo (attenzione alle specifiche tecniche del vostro PC, in ogni caso).
Tutto questo turbinio di personaggi è spalmato su ben dodici mappe, molto ben articolate ed in grado di offrire vari obiettivi. La classica modalità Deathmatch lascia il posto a quattro opzioni di gioco: Conquista, Transporto, Controllo e, infine, una modalità ibrida. Andando per ordine, Conquista divide le due squadre avversarie in attaccanti e difensori, il tutto in due match speculari e strutturati a mo’ di “andata e ritorno”. L’attacco dovrà garantire ai giocatori due punti specifici della mappa, mentre i difensori, ovviamente, dovranno cercare di proteggerli fino allo scadere del tempo. Trasporto (Payload), riprende esattamente la medesima struttura attacco/difesa, ma sotto delle spoglie ben più dinamiche: le mappe sono una sorta di lungo corridoio, dove gli attaccanti dovranno spingere un certo carico standogli vicino, mentre ai difensori il compito di ostacolare e saccheggiare il convoglio, il tutto scandito da una finestra di tempo ben precisa. Controllo è invece sostanzialmente il tradizionale “King of the Hill”: i due team si fronteggeranno per il dominio di un determinato punto, cercando di mantenerne il controllo in attesa di riempire un’apposita barra. La vittoria finale viene assegnata al meglio di tre match. Infine, la quarta ed ultima modalità è una fusione tra Conquista e Trasporto, che alterna le due meccaniche nell’arco di una singola partita. Overwatch offre inoltre anche alcune modalità di minore importanza, come allenamento con la IA, una partita personalizzata ed infine Rissa, che segue la strada già vista su Hearthstone: ogni settimana si cambiano delle assurde e strambe regole. Volete un esempio? La rissa tra soli healer, l’1 contro 1 tra cecchini ed i duelli a suon di ultra sono solo alcune delle stramberie che vi aspettano.
Tutto questo turbinio di personaggi è spalmato su ben dodici mappe, molto ben articolate
Se per una curiosa scelta personale si decida di approcciare Overwatch in solitaria vi avvertiamo da subito che la nuova IP Blizzard è studiata per essere giocata solo ed esclusivamente in squadre, ovviamente online. La coordinazione creata da un team affiatato lascia davvero poco spazio alla skill del singolo. Il gioco è volutamente asimmetrico e apparentemente caotico così da spingere alla formazione di setup ben calcolati e provati ripetutamente: lo spazio per i duelli o per una “campagna single-player” praticamente non esiste, lasciando spazio a battaglie a squadre per raggiungere l’obiettivo prefissato. Una cosa che ci ha lasciato un po’ stupiti è stata l’assenza del sistema ranked al lancio: Overwatch nasce con una dimensione prettamente agonistica atta ad irrompere nel difficile mondo dell’e-Sport e presentarsi quindi al grande pubblico privi di un end-game caratterizzato da un obiettivo ben preciso, ha davvero il retrogusto del piccolo errore di progettazione. Per fortuna, si tratta di un ritardo che verrà sicuramente recuperato entro qualche mese dalla release.
Overwatch è, quindi, un prodotto che farà parlare di sé per anni. Tutti i cambiamenti apportati nel corso dei mesi dimostrano che gli sviluppatori hanno realmente ascoltato e recepito i feedback dei giocatori impiegati come tester. Jeff Kaplan d’altronde ha sempre affermato l’importanza di ascoltare la fan base, poihcé il gioco è dedicato ai giocatori e sono loro a dover arricchire il tiotolo, partecipandovi. L’idea di spingere costantemente gli utenti a studiare una soluzione di squadra che possa condurli alla vittoria è una trovata tanto semplice quanto vincente. L’estrema caratterizzazione dei personaggi è un’ulteriore freccia nella faretra di Overwatch, accompagnati da una varietà e un look cartoonesco assolutamente vincenti. Ma è la velocità e la frenesia degli scontri, misti ad uno stile di gioco unico, a completare un titolo che appare già solidissimo, forte di una mole di contenuti in grado di offrire ore ed ore di divertimento e che punta a lanciare Overwatch nell’olimpo degli e-Sport.