Il ladro-procione più famoso dell’era PS2 torna finalmente a farsi vedere.
La trilogia di Sly Cooper (per noi Europei stranamente era Sly Raccoon) è stata senza dubbio una delle più riuscite e apprezzate durante gli anni d’oro di PlayStation 2. Realizzata dai Sucker Punch, gli stessi di Infamous, questa serie si è sempre distinta per il suo particolare stile grafico, molto cartoonoso, in puro stile cell-shading, pur senza strafare come certi titoli di allora (era una tecnica fin troppo diffusa e spesso usata per giustificare una povertà poligonale disarmante). L’umorismo costante, ben rappresentato anche dall’ottimo doppiaggio in italiano, ha da sempre caratterizzato i vari capitoli, mentre il divertimento si è sempre mantenuto alto, grazie a un gameplay piuttosto vario. Un action game punteggiato da elementi stealth e fasi platform, fra l’altro nemmeno tanto semplice: ricordo scontri con boss davvero impegnativi e piuttosto articolati, non certo risolvibili al primo passaggio.
Oggi, a distanza di ben otto anni dal terzo Sly (L’onore dei Ladri), arriva finalmente il seguito, annunciato fra l’altro all’E3 del 2011. Ovviamente, la licenza è passata in mano ad altri sviluppatori, ma niente panico, non di tratta certo di sprovveduti: Ladri nel Tempo, infatti, è stato ideato dallo stesso team che ha curato la Sly Collection, ovvero il remaster in HD uscito su PS3 nel dicembre del 2010. Un ottimo lavoro, che vantava un frame rate a 60 FPS in 720p, supportava il 3D stereoscopico e persino il Move per alcuni sottogiochi. Insomma i ragazzi di Sanzaru Games si sono fatti le ossa e hanno avuto tutto il tempo di studiare e analizzare le spassose avventure di questa particolarissima gang di ladri.
Graficamente Sly Cooper si difende più che dignitosamente.
Sly, infatti, non è mai stato solo nelle sue scorribande ladresche, potendo sempre contare su due compagni dotati di abilità e capacità uniche: parliamo di Bentley, una tartaruga esperta d’informatica e qualsiasi diavolerie elettronica, e Murray, un grande e grosso ippopotamo rosa, non altrettanto intelligente, ma decisamente efficace quando si tratta di agitare i pugni. Come avrete intuito, il gioco ha sempre presentato personaggi antropomorfi, tanto è vero che il protagonista è un procione, fra l’altro da sempre inseguito da Carmelita, una poliziotta-volpe in grado di stuzzicare le fantasie degli amanti del genere furry (e qua mi fermo, prima di sconfinare nel VM18). Nel corso dei primi tre capitoli ne sono successe di ogni: Sly ha dovuto recuperare il libro che la famiglia Cooper si tramanda da secoli, il Thievius Raccoonus, combattere contro un certo Clockwerk, responsabile della morte dei suoi genitori, mentre il povero Bentley si è ritrovato a vivere su una sedia a rotelle, a seguito di uno sfortunato incidente con Murray.
A questo giro, però, il pericolo arriva dal passato: qualcuno infatti sta catturando gli avi del nostro Sly, nel tentativo di modificare la storia dei Cooper per sempre. Per fortuna, grazie a un’immancabile macchina del tempo, torneremo indietro in diverse epoche e luoghi per aiutare il parentado passato. Un’ottima scusa questa per mettere assieme tutta una serie di ambientazioni uniche e particolari, come il Giappone feudale, il selvaggio West, l’Era Glaciale e l’antica Arabia. Ogni location presenterà diversi generi di difficoltà e particolarità uniche, con meccaniche legate a degli specifici abiti che Sly dovrà di volta in volta indossare per affrontare adeguatamente determinati passaggi. Per esempio, un’armatura da samurai gli permetterà di muoversi indisturbato fra le fila nemiche, mentre un abito da novello Robin Hood gli conferirà abilità da lanciatore di frecce e corde, come l’ultima Lara Croft.
Bentley può lanciare bombe di vario genere, anche a una certa distanza.
Il gameplay è basato su livelli abbastanza aperti, liberamente esplorabili, ricchi di oggetti e segreti da trovare e raccogliere. Rimane comunque fondamentale recuperare quanto più denaro possibile, distruggendo tutto quello che si può, svuotando silenziosamente le tasche delle numerose guardie e, magari, scovando qualche utile manufatto. Le monete, infatti, sono essenziali per acquistare potenziamenti per tutto il gruppo, dato che Bentley e Murray avranno un ruolo attivo nelle varie missioni. Di tanto in tanto potremo anche prendere il controllo di Carmelita e, una volta liberato, di uno degli antenati di Sly. Questi ultimi dispongono di abilità particolari, legate a determinate meccaniche di gioco: Bob può scalare pareti di ghiaccio, Tennessee riesce a sparare a più bersagli contemporaneamente, mentre Rioichi è in grado di coprire con un balzo distanze notevoli.
Ladri nel Tempo è rimasto fedele alle sue radici, presentando numerosi sottogiochi, generalmente gestiti da Bentley: si tratta di passatempi piacevoli, dove conta molto l’abilità e che si rifanno ai vecchi coin-op di una volta. Molto divertente, seppur alla lunga ripetitiva, la fase shoot’em up, mentre quella più labirintica tira in mezzo il dimenticato sensore di movimento del DualShock 3 (e funziona anche discretamente). Per il resto, abituati come siamo alla libertà concessa da titoli come Assassin’s Creed, non è possibile fare a meno di notare le diverse limitazioni relative ai movimenti dei personaggi: è uno stile di gioco figlio della scorsa generazione di console e tocca conviverci. Del resto Sly 4 non pretende di essere un gioco tripla-A, ma quel che c’è funziona e diverte.
Tecnicamente, poi, si tratta di un titolo che fa bene il suo dovere. La grafica riprende perfettamente lo stile della serie originale, ovviamente migliorandone diversi aspetti, e, più in generale, le ambientazioni sono realizzate con una discreta cura. Il frame rate si mantiene quasi sempre sui 30 FPS, tentennando giusto in qualche frangente, mentre è davvero rimarcabile il supporto al 3D stereoscopico, ben implementato e senza particolari compromessi in merito alla resa visiva. Peccato per i caricamenti, davvero eccessivi in certi frangenti: ogni volta che un personaggio entra o esce da una location, tocca attendere dai 20 ai 35 secondi: sono tempi lunghi, figli per lo più dell’assenza di qualsiasi tipo d’installazione su hard disk. Infine, come sempre, troviamo un ottimo doppiaggio, che ripresenta le stesse voci dei capitoli precedenti, nel segno di una continuità che non era così scontato ritrovare.