Sedici, lunghi anni sono dovuti passare per vedere nuovamente Luciano Ligabue alle prese con una macchina cinematografica. Complice la vita impegnata, vista la sua originaria professione di scrittore e cantante, l’artista di Correggio ha deciso di tornare nuovamente alla ribalta sul grande schermo solo dopo aver pensato a una storia forte, dolce e amara come la realtà quotidiana che viviamo, assieme al suo produttore di fiducia: Domenico Procacci. Un’accoppiata che, come ho potuto personalmente osservare durante la conferenza stampa del film, risulta essere affiatata e, soprattutto, professionale. Un duo che, con l’occhio di chi la sa lunga, è riuscito a formare un cast omogeneo, basato su una sintonia lavorativa lampante: Stefano Accorsi e Kasia Smutniak sono al centro di tutto, essendo i protagonisti principali di Made in Italy. Dopo Radiofreccia e Da Zero a Dieci, Luciano Ligabue avrà fatto nuovamente centro? Scopritelo comodi, accompagnati magari da Lambrusco e Pop Corn!
Mi chiamano tutti Riko
Quella che racconta Made in Italy non è la classica e ormai stereotipata storia d’amore tormentata. Sebbene via sia alla base il concetto d’amore alla Odi et Amo del poeta Catullo, il film crea un costante parallelismo tra le questioni personali e sociali che accadono in Italia. E lo fa dannatamente bene, portando in scena attori che non sembrano recitare, bensì vivere realmente con grande intensità le vicende che ruotano attorno al personaggio che interpretano. Sin dalle prime battute, insomma, mi sono subito reso conto che quelli in scena…siamo noi. Come detto più e più volte nel corso degli ultimi mesi, Ligabue ha voluto dar finalmente la voce a una frangia di popolo non più rappresentata dalla politica odierna o da chi, generalmente, gestisce e decide le sorti del Bel Paese.
La componente su cui si poggia il film è il concetto di cambiamento, che travolge la vita di Riko e, di conseguenza, il rapporto con sua moglie Sarah e con la sua allegra compagnia di amici. Made in Italy, proprio come accaduto per il concept album campione d’incassi con annesso tour da record, è un breve ma intenso viaggio che porta un messaggio secco ma fondamentale: non serve lamentarsi, bisogna smetterla di farsi andare bene ogni cosa. Monologhi e scambi di battute, su questo argomento, regaleranno momenti di sana riflessione durante la visione e, come accaduto al sottoscritto, anche dopo.
Non ho che Te
Made in Italy è il viaggio di redenzione di Riko che, dopo aver toccato il fondo, riesce a tornare a galla riscoprendo realmente le cose più importanti che ha sempre avuto accanto o meglio… la più importante: sua moglie. La cosa più difficile, questo il messaggio, è trovare la saggezza necessaria a perdonare. Solo questo può portare a una rinascita della coppia in un momento ostico. La vita di Riko è una costante montagna russa che lo porterà a scelte drastiche quanto commoventi. Ho apprezzato molto il concetto della rabbia mostrato nel film. Una rabbia produttiva, non distruttiva. E di fatto si ritorna al punto iniziale: mai farsi andare bene le cose. Mai.
E in tutto questo, l’unica àncora di salvezza è Sarah che, complice una grande interpretazione di Kasia Smutniak, è il felice porto a cui il protagonista principale, Riko alias Stefano Accorsi, vorrà sempre felicemente sbarcare. Sia a livello recitativo che narrativo, i due riescono a creare una grande alchimia. È bene sottolineare come Ligabue abbia portato alla ribalta un sentimento di cui spesso ci si dimentica l’amicizia. Gli amici, quelli veri, possono commettere errori ma anche salvarti la vita. E Carnevale, Max e compagnia cantante sono un balsamo alle pene inferte dalla dura realtà che si vive in Italia. Insomma Made in Italy, proprio come chi l’ha ideato, non si pone mai il problema della banalità perché parla della vita di tutti i giorni senza fronzoli.
Tra scelte fotografiche e musicali, Luciano Ligabue si conferma un regista a tutto tondo
Per il risultato che costantemente ottiene, è impossibile ormai non vedere Luciano Ligabue come un vero e proprio regista. La forza di questo artista, e deve essergliene dato atto, è la cura minuziosa del dettaglio. Made in Italy, grazie agli attori presenti, gioca costantemente su primi piani introspettivi e fotografie mozzafiato del paesaggio in cui essi vivono. Dopo appena dieci minuti mi sono sentito complice di quella terra, simile a quella in cui vivo, e ho provato un netto sentimento nostalgico. In un modo assai elegante, Ligabue mi ha fatto riscoprire la bellezza che ci circonda formato pellicola: un tentativo che, sin dall’album musicale, traspare da ogni poro senza scadere nello stereotipo classico italiano.
In conclusione, posso affermare come Made in Italy sia una vera e propria vittoria. Anche se non apprezzate il Ligabue cantante, dategli una chance nelle vesti di regista. Fidatevi, non ve ne pentirete.