Vivo o morto tu verrai con me! – Il mito di Robocop nei videogame

Quando Paul Verhoeven lesse la prima stesura della sceneggiatura di Robocop ne rimase disgustato. Artisticamente cresciuto in un’ Europa che ripudiava in modo netto gli eccessi della cinematografia americana, il regista olandese non riusciva difatti a comprendere il potenziale mediatico del soggetto, né cosa avrebbe potuto spingere un pubblico ormai abituato a pellicole come Blade Runner ad interessarsi a quella “goffa” rilettura del Judge Dredd fumettistico.

Robocop debuttò nelle sale cinematografiche nel 1987, seguito da Robocop 2 nel 1990 e Robocop 3 nel 1993.

Convinto dai suoi collaboratori ad accettare ugualmente la direzione del film, Verhoeven si sarebbe preoccupato di ritoccare personalmente alcuni dettagli dello script, trasformando di fatto un semplice action-movie di serie B in un brutale atto d’accusa nei confronti dell’allora nascente società corporativa.

Peter Weller ottenne il ruolo di protagonista solo dopo i categorici rifiuti di Rutger Hauer e Arnold Schwarzenegger.

Moderno Frankenstein sullo sfondo di una Detroit lacerata da violenza metropolitana e corruzione industriale, Robocop si sarebbe in tal senso elevato ad ultimo baluardo degli ideali traditi dalla classe dirigente, fino a svelare l’orrido volto dell’America del domani: una giungla di cemento, droga e soprusi, in cui progresso scriteriato e privatizzazione selvaggia avevano rimpiazzato ogni barlume di umana misericordia.

Paul Verhoeven e Rob Bottin, il designer di Robocop, ebbero il loro bel daffare per trovare un accordo sul look che questi avrebbe dovuto assumere. Il primo avrebbe infatti preferito un look molto meno umanoide, ma fu costretto infine a cedere: viceversa, Peter Weller non sarebbe mai riuscito a entrare nell’armatura.

Acclamato da critica e pubblico, Robocop riscosse un successo tale da estendersi ben oltre le aspettative dei suoi produttori e soffocare, al contempo, l’accesa vena provocatoria che emergeva dal suo plot. In men che non si dica, il romantico antieroe dei sobborghi immaginato da Verhoeven, si ritrovò pertanto ad assumere i tratti della tipica Power-Icon anni ’80, con tutte le più odiose conseguenze del caso

1990 – Robocop e il celebre wrestler Sting (alias Steve Borden) si preparano ad entrare sul ring nel corso del Pay Per View “Capital Combat” organizzato dalla World Championship Wrestling (WCW).

Per nostra fortuna, le innumerevoli iniziative cross-mediatiche legate allo sfruttamento del brand non si ridussero, in ogni caso, alla sola distribuzione d orridi sequel in celluloide, né alle inqualificabili apparizioni effettuate dal nostro sui ring della World Championship Wrestling. Grazie all’impegno profuso da alcune tra le più celebri software house dell’epoca, lo sbirro di latta avrebbe difatti trovato nel mondo dei videogame il prezioso canale attraverso cui recuperare buona parte della dignità persa altrove. Scopriamo ora insieme i più intriganti progetti videoludici mai legati al suo mito…

1988 ROBOCOP NIHON BUSSAN / AV JAPAN / DATA EAST

Dopo il fortunato debutto arcade, Robocop venne convertito su tutti i principali sistemi casalinghi.

Il primo tie-in ufficiale venne rilasciato sul mercato arcade a un anno di distanza dal debutto del film, attestandosi immediatamente come uno dei coin-op più apprezzati della sua epoca. Forte di un comparto grafico mozzafiato e di un gameplay alquanto efficace, questo robusto platform shooter macinò difatti introiti da capogiro, assicurandosi pronte conversioni su tutti i principali home system presenti sul mercato.

Tra le feature più apprezzate, la possibilità di direzionare il fuoco della Hand-Gun di Robocop in 5 direzioni differenti, cosicché questi potesse far fronte anche agli attacchi provenienti dall’alto.

Inaugurata da un claudicante edizione Apple II, quest’ondata di porting casalinghi non riuscì purtroppo ad emulare il successo della controparte originale, evidenziando lacune tecniche davvero enormi. Basti in tal senso pensare che nemmeno l’attesissima conversione Amiga, curata da Ocean, si rivelò un flop clamoroso.

1990 ROBOCOP 2 NIHON BUSSAN / AV JAPAN / DATA EAST

Robocop 2 debuttò inizialmente su Amiga, salvo poi arrivare in sala giochi e su molti altri sistemi domestici a partire dal 1991.

Robocop 2 riproponeva la struttura portante del suo predecessore, riservandosi tuttavia di arricchirne il format mediante l’introduzione di sequenze shooter a impostazione verticale e un maggior numero di segmenti platform. Strizzando l’occhio al possente character design proposto alcuni mesi prima dalla hit Capcom Final Fight, gli sviluppatori della Data East proposero anche un deciso restyling grafico, che attribuiva un look molto più massiccio agli sprite presenti su schermo.

Nel 1991, la Ocean Software delegò ai ragazzi della Painting By Numbers il compito di trasporre il codice originale del gioco anche su Game Boy. Pur distinguendosi per l’introduzione di alcuni tra i più grossi sprite mai riprodotti sullo schermo della Handheld Nintendo, quest’operazione non garantì buoni frutti.

Al contrario di quanto avvenuto in occasione del suo predecessore, Robocop 2 godette di migliori conversioni home, le quali trovarono probabilmente nell’edizione Atari ST quella più convincente. Tra le più modeste versioni ad 8Bit, spiccò invece quella destinata allo Spectrum ZX, che trovava accezioni di unicità nell’implemento di stage del tutto inediti.

1992 ROBOCOP 3 OCEAN / PROBE INC. / DIGITAL IMAGE DESIGN

Durante la fase di sviluppo il gioco fu temporaneamente intitolato Robocop 3D, ponendo enfasi sull’implemento del format poligonale.

Il fatto di essersi rivelato uno dei peggiori film della storia, non impedì a Robocop 3 di guadagnarsi i sui bei titoli dedicati. In assenza di una release arcade cui far riferimento, i vertici Ocean scelsero di finanziare il lancio di due differenti progetti, il primo e più ambizioso dei quali orientato a sfruttare le risorse tridimensionali proprie di Amiga, Atari ST e PC.

La ricostruzione tridimensionale della città di DeltaCity vista nel titolo Digital Image Design garantiva una libertà d’esplorazione idealmente simile all’attuale esperienza sandbox!

Affidato al team Digital Image Design – già responsabile del mitico F-29 Retaliator (1989) – questo progetto ripercorreva gli eventi clou della pellicola mediante struttura multi evento, nell’ambito della quale andavano accorpandosi segmenti racing, sezioni shooter e occasionali take di volo.

Le sequenze shooter venivano esaltate da una visuale in soggettiva che, all’epoca, poteva essere definita vera avanguardia.

Caratterizzato da struttura pressoché aperta, il gioco traeva grosso appeal dal supporto dell’engine poligonale, tanto che molti esperti del settore non mancarono di attribuirgli lungimiranti connotati da precursore. Ben lungi dal seguire le medesime ambizioni concettuali, le versioni destinate ai circuiti di C64, Spectrum ZX, NES, Master System, Mega Drive, SNES e Game Gear si limitarono invece a riproporre classiche routine da platform shooter a scorrimento orizzontale, lasciando ad alchimie grafiche tradizionali  il compito di esaltarne l’impatto.

1993 ROBOCOP VS THE TERMINATOR VIRGIN GAMES / INTERPLAY

Il gioco venne originariamente distribuito nei formati Mega Drive e SNES per poi approdare anche su Game Gear, Game Boy e Sega Master System.

Il crossover rappresenta una tentazione spesso irresistibile quando si parla di icone cinematografiche o fumettistiche; così come accaduto in precedenza per i brand di Alien e Predator, anche i franchise di Robocop e Terminator avrebbero finito per confluire in un’unica produzione tesa, stavolta, a stabilire il vincitore di un epocale confronto tra organismi cibernetici. Nato da una costola dell’omonimo fumetto curato dalla Dark Horse, il platform shooter prodotto da Virgin Games vedeva lo sbirro di latta intento ad affrontare un’intera legione di T800, nel tentativo di difendere l’umanità da un’apocalisse altrimenti inevitabile.

Generalmente corposi, gli stage costituenti l’avventura tendevano a svilupparsi tanto in lunghezza quanto in altezza. Ciliegina sulla torta, l’introduzione di un livello in soggettiva, col buon Robocop alla guida di un robusto carro armano!

Pezzo forte del pasto, un comparto grafico tanto coriaceo quanto performante, in cui poderosi sprite animati con una certa cura andavano ad affollare scenari multi-livello di impatto analogo. Inizialmente distribuito nei soli formati Master System, Game Gear e SNES e quindi convertito anche su Mega Drive il gioco avrebbe trovato la propria, ovvia consacrazione nelle sue versioni a 16Bit, lasciando solo sparute briciole di appeal alla successiva edizione Game Boy realizzata da Interplay e Unexpected Development nel 1994.

2001 ROBOCOP TITUS FRANCE / MIRAGE INTERACTIVE

Accolto con generale freddezza dal pubblico, questa particolare avventura dello sbirro di latta registrò anche diverse (ed ingiuste) bocciature da parte della stampa specializzata.

Giunto sul mercato a 14 anni di distanza dal debutto del film, questo curioso spin-off prodotto dalla Titus in esclusiva Game Boy Advance introduceva tematiche inedite a quelle affrontate dalla trilogia cinematografica, riservandosi di approfondirle con una discreta intelaiatura narrativa.

Nel tentativo di proporre un esperienza di gioco meno lineare, gli sviluppatori inframezzarono le sequenze più dinamiche con sezioni esplorative, nel corso delle quali Robocop avrebbe dovuto effettuare ricerche al database o interrogare personaggi di rilievo.

Esaltato da un’efficace prospettiva top down, il gioco avrebbe offerto un’esperienza di gioco alquanto piacevole che i gamer più attempati non mancarono di accomunare a classici pregressi quali Commando e Rambo III. Accolto con relativa freddezza dal mercato, il gioco si rivelava ben più intrigante di quanto le sue scarse vendite lascerebbero ipotizzare.

2003 ROBOCOP MGM INTERACTIVE / TITUS INTERACTIVE

Il progetto venne distribuito su Xbox, PS2, Game Cube Nintendo e PC, registrando vendite alquanto deludenti e recensioni ancor più funeste.

La febbre da FPS che congestionò l’intera industria favorì il ritorno in scena di numerosi action hero d’epoca cui, sviluppatori con poche idee affidarono il compito battere cassa. A tirar fuori dal cilindro un’ormai arrugginito Robocop ci pensarono, giustappunto, i membri della Titus che, acciuffando al volo una commessa diretta della Metro Golwyn-Mayer, gli cucirono intorno un frettoloso codice di maniera.

Penalizzata da una realizzazione tecnica modesta, l’adozione della visuale in soggettiva si rivelò un autogol piuttosto grossolano: a che serve avere tra le mani un personaggio come Robocop se non puoi mostrare al pubblico la sua luccicante armatura?

Nei soli 9 stage atti a sviscerare l’inedito plot scritto da Fabien Person, sarebbero andati di fatto accavallandosi tutti i più biechi luoghi comuni del genere, chiudendo giocoforza il cerchio intorno ad un prodotto tutt’altro che memorabile e ancor meno rilevante sotto il profilo commerciale.

Nato e cresciuto sulle pagine di Game Republic dove ha diretto per generazioni la sezione Time Warp, Gianpaolo Iglio ama il retrogaming e lo considera una seconda vita. O una seconda amante. Ha scritto un libro sulle avventure Sierra e insegna Game Journalism e Storia del Videogame alla VIGAMUS Academy con Metalmark.