Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno arriva finalmente sugli scaffali dopo una serie di ritardi come non eravamo più abituati a vedere da un po’ nell’iperefficienza dopata di dollari su cui veleggia l’attuale epoca videoludica. Lo stesso titolo di Level-5 sembra appartenere ad un’altra era, un tempo in cui le durate e il ritmo delle esperienze erano in sé diverse, così come diverso era lo spirito con cui queste venivano assaporate. Pur variando parecchio sul copione tradizionale, Ni no Kuni II dimostra in modo lampante quale fosse l’elemento indispensabile dei GDR giapponesi a partire dagli anni di PSX: la profonda e ammaliante poesia insita nel concetto di maturazione e in tutto il lavoro che ciò richiede. Se sentite un brivido lungo la schiena, abbiamo finalmente il gioco che fa per voi, e per me. Ho letteralmente amato le 60 ore di gameplay che ho appena trascorso e non faccio fatica ad immaginare che la poesia ammaliante di Ni no Kuni II entrerà nel cuore di ogni videogiocatore.
Una storia travagliata
Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno arriva a 5 anni di distanza dal primo capitolo della saga (se contiamo l’uscita europea) e a ben 7 se consideriamo invece la prima pubblicazione su PS3 per il mercato nipponico. L’iterazione atterrata sull’ammiraglia di Sony era a sua volta una conversione da Nintendo DS, che era dunque la prima console ad aver ospitato la saga di Level–5. I natali su console portatile non devono trarvi in inganno: sin dalle primissime anteprime, Ni no Kuni: La Minaccia della Strega Cinerea è sempre stato presentato come una produzione di altissimo profilo. Basti pensare infatti che uno degli asset principali in fase di marketing era stata la collaborazione con il mitico studio Ghibli diretto dal maestro Hayao Miyazaki, che tutti conosciamo per capolavori immortali quali Il Castello Errante di Howl, La Città Incantata o Nausicaa della Valle del Vento, oltre a molti altri.
Nel formidabile stile in cel shading – che a molti ricordò un altro fortunatissimo franchise di Level–5 per DS, ossia Professor Layton – così come nella narrazione, il connubio fra gli sviluppatori e lo studio Ghibli ha prodotto un mondo assolutamente perfetto in cui ambientare un JRPG, il tutto ulteriormente impreziosito dalla magica colonna sonora di Joe Hisaishi, che abbiamo ritrovato anche in Ni no Kuni II.
In questo seguito manca invece il supporto diretto dello Studio Ghibli, anche se a giudicare dalla piacevole continuità con l’estetica del capitolo precedente (e in virtù di un comparto tecnico certamente più muscoloso) l’assenza non si fa sentire più di tanto. A giudicare dai risultati estetici complessivi, si direbbe che il lungo lavoro di design operato all’epoca del precedente titolo abbia lasciato dei segni profondi nel modo di operare di Level-5; fattore certamente facilitato dall’inclusione di alcuni membri di Ghibli, come Yoshiyuki Momose, noto animatore dello studio. Non ci resta comunque che sperare in un eventuale ritorno di fiamma.
Un piccolo Re di nome Evan
La storia è ambientata molti secoli dopo rispetto al primo capitolo. La situazione geopolitica è completamente variata, così come il nostro protagonista principale, ossia il re decaduto Evan Pettwhisker Tildrum. Decaduto perché nell’arco dei primi due capitoli di gioco, il regno di Gatmandù – di cui Evan è legittimo sovrano – viene scosso da un colpo di stato dal quale il nostro eroe riesce a salvarsi per miracolo. Inizia quindi una lunga odissea per la restaurazione del regno in cui Evan è il perno di una sorta di romanzo di formazione dove il giovane sovrano imparerà a procacciarsi nuovi agganci politici, ascoltare i propri consiglieri e intuire i momenti giusti per l’azione.
La narrazione nel suo complesso è senz’altro affascinante, soprattutto per i risvolti che la carriera politica di Evan ha nel gameplay e nel sistema di crafting. Mi sento però di dire che sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosina in più per quanto riguarda la storia. Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno imprime certamente una virata più matura alla narrazione rispetto al capitolo precedente, il tutto però rimane ancora su livelli non elevatissimi.
Fra cutscene mozzafiato e ambientazioni molto suggestive, i nodi della trama scorrono senza richiamare neanche lontanamente la magica miscela fra fiaba e realtà tipica di Miyazaki, confronto che viene inevitabilmente naturale fare. Inoltre, seppure alcuni personaggi come Roland, Hamnar o lo stesso Evan risultino sufficientemente profondi, il resto del party è anonimo ad un livello a tratti inspiegabile. Vista la mole assai considerevole del tempo che spenderemo con tutti i personaggi, lo scarso carisma di molti di questi lascia un po’ l’amaro in bocca.
Gameplay tristella
In termini di gameplay, Ni no Kuni II conferma la natura “arcaica” alla base del suo predecessore. Cosa aspettarsi dunque da un tipico gioco di ruolo nipponico? Esatto, bravi: combattimenti, esplorazione, crafting. Combattimenti, esplorazione, crafting. Combattimenti, esp… circa 50 ore per completare la quest principale, come minimo. More of the same, direte voi. E invece no, i cambiamenti rispetto al primo capitolo sono sostanziali e la comparazione fra i due approcci, visto il risultato consustanziale per molti aspetti, lascia uno spazio di riflessione su quale sia l’anima effettiva di un JPRG.
I combattimenti, ad esempio, sono passati da una struttura a turni verso un vero e proprio Action RPG. Fatta eccezione per i dungeon, in cui l’area di combattimento non ha soluzioni di continuità, al contatto con un nemico durante la fase esplorativa entreremo infatti in una sorta di piano alternativo dove si svolgono degli scontri in tutto e per tutto Action dal carattere molto semplice e dinamico. Per sconfiggere i nostri avversari potremo disporre di varie mosse corpo a corpo, di proiettili a distanza, di magie, di parate / schivate, di ultimate da caricare ed infine delle classiche pozioni e consumabili di vario genere, fattore che, accanto alla presenza costante di statistiche numeriche che quantificano danni ed energie, mantiene i combattimenti ancorati ai ritmi di un GDR tradizionale.
Ho trovato il bilanciamento di queste fasi molto interessante: se infatti la semplicità delle dinamiche Action, talvolta eccessiva, possa far pensare ad un’interazione complessivamente noiosa, il risultato è quello di spostare pesantemente l’accento sull’efficienza del crafting già effettuato e tradurre quindi in un contesto Action la dinamica strategica preponderante di un sistema a turni. Un’altra differenza rispetto al primo capitolo è la presenza dei “Cioffi”. Questi piccoli esserini, che vi saranno molto utili in battaglia, possono essere trovati durante l’esplorazione, donando dei materiali a degli idoli di pietra, oppure creati nel calderone di Eostaria, dove ci verrà anche permesso di potenziarli ottenendo effetti devastanti.
Nel caso non fosse già trapelato, la semplicità fine a sé stessa che caratterizza molti titoli mainstream degli ultimi anni mi suscita la piacevolezza di un ferragosto in tangenziale, eppure ho trovato l’esperienza di Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno assolutamente appagante in questo senso, nonché originale. Anche le boss fight, pur presentando sempre sfide piuttosto abbordabili, mi sono risultate interessanti ed avvincenti in tutto l’arco dell’avventura.
La crescita di un regno
Parlando sempre di crafting, scopriamo un altro aspetto in cui Ni no Kuni II si distacca dal suo predecessore, laddove la ricerca e l’allenamento in stile Pokemon lasciava già a desiderare, a mio parere, 8 anni fa. Andando a ripescare idee già sperimentate in titoli storici di Level–5 quali Dark Cloud e Dark Chronicle, lo studio nipponico ha scelto di decentrare l’intero sistema di crafting dai personaggi verso le città che re Evan conquisterà progressivamente nella sua opera di restaurazione dell’Evermore Kingdom.
Potenziando il nostro regno saremo chiamati ad edificare nuove strutture, le quali garantiranno l’opportunità di accumulare ulteriori risorse, craftare il party, ottenere nuovi oggetti e apprendere una miriade di abilità fondamentali per completare il titolo. Ogni struttura richiederà di essere abitata da uno o più NPG, che dovremo reclutare portando a termine delle queste secondarie le quali, seppur non brillando per varietà, risulteranno piacevoli e, soprattutto, molto appaganti in termini di ricompense. Vedere infatti la nostra città crescere, farsi sempre più bella e riempirsi di abitanti dai talenti più disparati è in assoluto uno degli aspetti più eccitanti del titolo.
Battaglie Campali
Come già accennato, il successo della meccanica va rintracciato nel ruolo che tale sistema di crafting assume contemporaneamente per il gameplay e la trama: dall’essere un re senza terra, Evan – e noi con lui – ci sentiamo progressivamente sempre più forti e galvanizzati, oltre che soddisfatti dall’osservare e godere dei nostri successi in campo politico e bellico. Si, perché per riconquistare un regno ci vuole un esercito, elemento che vedremo in azione nelle fasi cosiddette “Battaglie Campali”.
In tali sequenze comanderemo Evan sul campo di battaglia, circondato dalle sue truppe, comandate l’utilizzo dei tasti dorsali per proteggere il re dagli avversari, nonché per gestire in modo tattico il conflitto. Potremo, ad esempio, scegliere di sistemare all’avanguardia la fanteria pesante per contrastare dei soldati leggeri, piuttosto che lasciare nelle retrovie le formazioni di arcieri, che si occuperanno di indebolire a distanza qualsiasi tipo di minaccia. L’idea è carina – e l’implementazione non è malvagia – ma purtroppo queste fasi di combattimento campale risultano alla lunga ripetitive e poco stimolanti, fino al punto da far rimpiangere l’eleganza dei combattimenti principali.
Le Porte Oniriche sono un’altro elemento importante di questa produzione. Queste nove porte sparse per il mondo sono veri e propri dungeon procedurali con elementi Roguelike, un pò come i “Chalice Dungeon” di Bloodborne. Tramite queste speciali porte avremmo la possibilità di trovare armi ed equipaggiamenti di altissimo livello. Esiste anche una porta segreta… ma questa è un’altra storia.
Un mondo da esplorare
Molto più brillante delle Battaglie Campali è la fase esplorativa, aspetto in cui il corposo lavoro di world design di Level–5 tira acqua al mulino di Ni no Kuni II, soprattutto se paragonato al capitolo precedente. Partendo dalle stravaganze a base di neon di Changal fino ad arrivare alle coste splendenti di Talissa, i cinque regni che caratterizzano la world map risultano affascinanti e ben diversificati fra loro. Sarà meraviglioso il senso di viaggio che avremo durante il nostro percorso: prima su una nave solcando i mari e in seguito con un’areonave in stile “Highwind”, attraverso i cieli.
L’efficacia smaliziata del mondo di gioco è chiaramente frutto di una cura del comparto tecnico/artistico assai minuziosa: tutto, dalle animazioni agli scenari, alla qualità delle texture e del sonoro, nonché alla precisione dei comandi, va a consolidarsi all’interno di un’esperienza complessiva che ci fa letteralmente sprofondare nel gioco. Solo un frame rate non troppo stabile e un leggero effetto pop-up macchiano l’opera di Level-5, ma sono cose di poco conto di fronte alle qualità di Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno.
Viene da pensare che i numerosi ritardi debbano essere stati dovuti proprio dall’ottimizzazione generale, e il risultato non fa altro che confermare la bontà di tali scelte strategiche. La pulizia degli ambienti, il silenzio delle stradine periferiche, l’eleganza semplice delle architetture che si riempiono progressivamente di chiacchiericci, episodi, stili di abbigliamento completamente diversi fra loro contribuiscono ad innervare di vita la fiaba. Questa realtà, così eterea ma al tempo stesso palpitante e calpestatile in ogni suo centimetro, si rivela essere la vera chiave di volta che permette a Ni no Kuni II di innovare parecchi paragrafi del copione accademico di un GDR, lasciandone intatta la fragranza. In questa amalgama perfettamente bilanciata si annida quindi il segreto di un titolo che mi ha fatto riassaporare piaceri ormai dimenticati sin dai tempi della PSX.
In Conclusione
Non mancano certo le impurità, come le “Battaglie Campali”, ripetitive e noiose, o la trama non eccelsa e priva di un antagonista al livello di quello del primo capitolo. Nonostante questi piccoli difetti, però, le singole parti di Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno valgono meno della somma e gli obiettivi centrati di conseguenza sono molti. Il nuovo titolo di Level-5 è infatti l’erede perfetto di una tradizione ormai dimenticata. Una fiaba da vivere fino all’ultimo respiro. Un sorso di poesia da una bottiglia d’annata. Un vero e proprio tuffo al cuore per chi, come me, è cresciuto e si è nutrito di JRPG. E voi che state leggendo, siete pronti a decidere il destino del regno di Eostaria?