Devil May Cry 5 Recensione

Devil May Cry V

ChissĆ  se verrĆ  mai dimostrato, un giorno, che i demoni possono effettivamente piangere o se i loro volti si limitano ad essere solcati dalla pioggia, anche quando non piove. Probabilmente non lo sapremo mai. Di Capcom, invece, sappiamo con certezza che sono ormai anni che non versa una sola lacrima. E come potrebbe, considerato che dal 2015 ad oggi ha imbastito un piano di rilancio obiettivamente clamoroso, anche alla luce del periodo non facile vissuto al termine della precedente generazione. Resident Evil VII, Monster Hunter World e il remake di Resident Evil 2 hanno avuto un successo dirompente e hanno centrato tutti e tre ogni possibile obiettivo, ma sono stati soltanto l’inizio: tra i brand storici di proprietĆ  della software house di Osaka era soltanto questione di tempo prima che anche Devil May Cry facesse il suo ritorno sulle scene.Ā Perso quasi subito il suo geniale papĆ  Hideki Kamiya, la serie che ha inventato dal nulla l’action stylish moderno si ĆØ sempre trovata in ottime mani, quelle di Hideaki Itsuno. Che non si ĆØ quasi mai limitato (esclusa la triste parentesi di DMC 2, da dimenticare il prima possibile) al ruolo di padre putativo: il terzo e il quarto, entrambi sotto la sua direzione, sono stati videogiochi straordinari, ampiamente all’altezza dell’opera originale di Kamiya. Dopo 11 anni di stallo, inframmezzati dal reboot di Ninja Theory (che in realtĆ  con questo discorso c’entra poco e niente, quindi lasciamolo da parte), ĆØ ora la volta di Devil May Cry 5, quello vero: per descriverloĀ vi basta prendere il florido passato di marca nipponica di cui ĆØ figlio, costellato di successi e plausi di pubblico e critica, e metterlo insieme alla ā€œnuovaā€ Capcom degli ultimi anni. Il risultato non poteva che essere uno solo.

Che Devil May Cry 5 sia nato anch’esso in un ambiente ormai perennemente in stato di grazia ĆØ evidente fin dalle prime battute e dall’intraprendenza con cui Capcom ha deciso di cambiare molti canoni finora considerati classici all’interno della serie. Il setting ĆØ stato modernizzato, sposando un’ambientazione più verosimile nel tono generale, che mette un po’ da parteĀ i collegamenti religiosi e lo stile marcatamente idealizzato, ma al contempo,Ā pervasa da un’atmosfera profana in cui massacri turpi e sanguinolenti sono all’ordine del giorno, finisce per assumere contorni più oscuri e decadenti. Non ĆØ impossibile trovare analogie con quanto accaduto a Resident Evil: anche qui, in nome del contesto generale, sono stati tagliati diversi elementi che avrebbero in parte stonato con il nuovo corso impresso alla serie. Tutto ciò, però, non rende Devil May Cry 5 meno “esagerato” dei suoi predecessori, ma semplicemente diverso, desideroso di liberarsi di ogni peso morto e proporre, ove possibile, qualcosa di nuovo.

Devils Never Cry

Per essere chiari, però, i personaggi e le loro storie sono quelli di sempre, e la trama riprende esattamente lĆ  dove Devil May Cry 4 si era interrotto, dopo il cambio alla linea temporale che ora lo vede ambientato dopo il secondo capitolo. Ritroviamo quindi il solitoĀ Dante, più in forma che mai e con i suoi abituali modi spacconi ed arroganti, ma soprattutto un Nero (vero protagonista del gioco) visibilmente cambiato. Il giovane cacciatore di demoni ĆØ ora molto più simile – in positivo, e non solo come sbiadita copia – allo storico protagonista della serie, più sagace e dalla battuta pronta fin dai primi istanti, laddove parolacce ed altre amenitĆ Ā (“hey, jackass!”) sono praticamente all’ordine del giorno, come e forse anche più che in passato. Il tutto attenendosi rigorosamente al solo binomio giapponese-inglese, e per fortuna, perchĆ© un doppiaggio italiano avrebbe probabilmente distrutto il carisma dei personaggi. Nell’era del buonismo più sfrenato, dei social justice warriors e del guardare il pelo nell’uovo ovunque, fa davvero un enorme piacere sapere che Devil May Cry se ne sia decisamente infischiato di tutte le regole non scritte da rispettare per vivere sereni e senza polemiche su internet, andando dritto per la sua strada. E, malgrado i cambiamenti operati al design sia delle ambientazioni che dei personaggi, il team diretto dal buon Itsuno ĆØ riuscito a ricostruire Devil May Cry 5 sulla sua solita identitĆ , fatta di battute sopra le righe e situazioni surreali e soprattutto un’esperienza straordinaria quando si tratta di menare le mani, le spade e chi più ne ha più ne metta.

Devil May Cry 5

L’antefatto narrativo ĆØ piuttosto semplice, e i veterani della serie, grazie a qualche dettaglio fondamentale inserito qua e lĆ  (un’arma che compare prima del dovuto, ad esempio), potranno riconoscere o quantomeno intuire i colpi di scena prima che questi si palesino in tutta la loro evidenza. Dante viene ingaggiato da un misterioso individuo mai visto prima, noto come V (che, fra parentesi, nel design ci ĆØ sembrato palesemente un incrocio fra Adam Driver e Ezra Miller, con una spruzzatina di Ben Whishaw), il quale gli chiede di fare luce su Urizen, l’enigmatico re degli inferi, e sulla crescita incontrollata dell’albero demoniaco Qliphoth, che sta infestando e mandando in rovina la cittĆ  di Red Grave. In tutto ciò, Nero si trova un po’ nel mezzo, impegnato a gestire la “Devil May Cry” nella temporanea assenza dello zio. Non ĆØ solo: con lui c’ĆØ la socia in affariĀ Nico, che lo accompagna a bordo di un improbabilissimo furgoncino brandizzato al neon, vera e propria baseĀ itinerante (e discoteca, visti i dischi in vinile che Nero si porta dietro) nella quale, nel prosieguo della storia si sistemeranno anche due vecchie conoscenze di Dante, Lady e poi Trish. Nico, dicevamo, si occupa di realizzare per Nero le braccia meccaniche che, in mancanza del suo caro vecchio Devil Bringer, sono fondamentali in combattimento, ed ĆØ caratterizzata in un modo particolare, che ci ha conquistato fin da subito, contrapponendo a un carattere da maschiaccio e a modi apparentemente rozzi (fuma come una ciminiera, cosa che l’ossigenato compagno e amico non sopporta) una certa timidezza di fondo che riesce piuttosto bene a reprimere e mascherare. Nico – e anche V, del quale però parleremo il meno possibile, onde evitare spoiler molesti – sono stati pensati da zero per sposarsi perfettamente con il nuovo mood di Devil May Cry 5; sono stati gli altri, piuttosto, a dover andare incontro a qualche cambiamento, quasi solo estetico nel caso di Dante, Trish e Lady, un po’ più marcato nel caso di Nero.

Ultra Violet

Quanto vi abbiamo descritto finora potrebbe instillarvi il dubbio che Devil May Cry 5 non sia più un vero Devil May Cry, cambiato com’ĆØ a livello visivo: potete stare tranquilli, però, perchĆ© non c’ĆØ nulla di più lontano dal vero. Se ci limitiamo anche soltanto a raschiare la superficie, andando oltre un’atmosfera che fonde fantasy e fotorealismo, ci rendiamo facilmente conto di come subito sotto ci sia non soltanto il solito, superbo action game che ben conosciamo, ma anche qualcosa in più.

Devil May Cry 5

Andiamo con ordine. Strutturalmente, a onor del vero, Devil May Cry 5 ĆØ molto classico: la storia si compone di 20 missioni, completabili in relativamente poco tempo – in casi sporadici viene offerta la possibilitĆ  di giocare con due o con tutti e tre i personaggi, in percorsi quasi gemelli che riconducono allo stesso punto – ma ĆØ caratterizzata da un grado di rigiocabilitĆ  impressionante, in pieno stile DMC. Le difficoltĆ  sbloccabili oltre alle prime due, Umano e Cacciatore di Demoni, sono ben quattro e non basta completare il gioco una volta per averle tutte a disposizione, il che impone di dover rigiocare la storia più e più volte, facendolo anche per correre verso il miglior punteggio possibile. Qui, in effetti, si annida la vera essenza di Devil May Cry e sotto questo aspetto il quinto capitolo non ĆØ cambiato di una virgola: per arrivare ai vertici e diventare veri maestri bisogna imparare non solo a uscire vivi da ogni scontro, ma soprattutto a combattere con stile, subendo meno danni possibili e incamerando una combo dopo l’altra, nella folle corsa che porta all’ottenimento di una valutazione S (o delle impossibili SS ed SSS) in ogni livello. Onore e gloria (e tanta soddisfazione) attendono chi persevera senza mai cedere: giocare alle difficoltĆ  inferiori, sebbene del tutto possibile per chi vuole limitarsi a godere della storia, lascia con una sensazione di vuoto e di incompiutezza e stimola a tornare ancora e ancora in gioco per cercare di fare del proprio meglio. ƈ per questo che Devil May Cry 5, come i suoi antenati, non ĆØ adatto a tutti: la difficoltĆ  può essere davvero brutale, ed obbliga – da Figlio di Sparda in su – a manovre perfette per aver ragione di certe battaglie. Che, nel caso dei boss si mantengono sempre su livelli eccellenti in termini di varietĆ , e anche (anzi, soprattutto) per questo possono essere davvero punitive e frustranti, specie sul finale del gioco – siete avvertiti – e ai livelli di difficoltĆ  più alti. Ma anche gli altri nemici non scherzano: se nella prima metĆ  dell’avventura si incontrano perlopiù mostri piuttosto basilari, perfetti per imparare i diversi sistemi e meccaniche, quando si comincia a utilizzare anche Dante iniziano le rogne, con creature dai pattern di difficile lettura e che possono rovinare in un colpo solo minuti e minuti di faticosi tentativi di ottenere l’ambita S o un grado superiore.

Taste The Blood

Fortunatamente, e qui veniamo alla parte più interessante, quella che consente a Devil May Cry 5 di svettare a pieno titolo su ogni altro action hack ‘n slash, il gioco di Capcom ĆØ dotato di un sistema di combattimento straordinario, che rappresenta il suo vero e proprio cuore, un cuore che scalpita e sussulta come non ha mai fatto in passato. Non a caso abbiamo aspettato di giungere dritti al nucleo centrale della nostra analisi per affrontare questo (lungo) discorso, perchĆ© quanto costruito dai designer giapponesi ĆØ quasi un unicum anche nel suo genere, mettendo a disposizione tre stili di gioco diametralmente opposti – e magnificamente pensati e realizzati – in una sola avventura. Nero, Dante e V hanno ognuno un proprio modo di combattere, e non ci riferiamo solamente allo stile e alle mosse eseguibili, quanto al comportamento da adottare sul campo, che ogni volta ci obbliga a confrontarci ancora con meccaniche basilari e a dover quasi imparare a giocare di nuovo.

Devil May Cry 5

Il primo, come accennavamo in precedenza, fa affidamento sulle braccia meccaniche costruitegli da Nico, i cosiddetti Devil Breaker, che gli permettono di combinare le tradizionali combo con spada e pistola ad effetti sempre diversi. Le braccia hanno alcune manovre in comune, come il grab (anche aereo), che consente a Nero di avvicinarsi ai nemici o di tirarli a sĆ© nel caso dei più piccoli, ma per il resto sono molto differenti l’una dall’altra: il Mega Buster (mutuato da Mega Man) spara proiettili a distanza, lo Sweet Surrender permette a Nero di curarsi, il Gerbera di proiettarsi in aria, l’Overture di tirare potenti pugni elettrici. Ma non finisce qui, perchĆ© la gran parte possiedono anche manovre avanzate: uno può essere richiamato sotto i piedi di Nero una volta lanciato come un missile, cosƬ da permettergli di surfare (si, avete letto bene) in testa ai nemici, un altro gli consente di modificare il moveset della Red Queen e di sovraccaricarla, fungendo da naturale exceed (meccanica di potenziamento della spada, altrimenti caricabile con L2/LT). Il principale malus, implementato da Itsuno per bilanciare il sistema e non permettere di abusare delle braccia robotiche,Ā sta nel fatto che queste ultime sono molto fragili e vengono trattate come veri e propri oggetti consumabili: se ne possono portare fino a un massimo di otto con sĆ© nella schermata di personalizzazione, con la possibilitĆ  di recuperarne altre direttamente sul campo, sparse qua e lĆ , magari poco prima di un importante scontro. Se Nero subisce danni durante un attacco il braccio in uso viene distrutto, ma può decidere lui stesso di farlo detonare come ultima risorsa per infliggere ingenti danni ad area attorno a sĆ©; il rovescio della medaglia sta nel fatto che non può switcharle a piacimento, ma deve necessariamente distruggerne una per passare alla successiva, in un ordine rigorosamente sequenziale. Alcune braccia sono considerate dei DLC e sono utilizzabili solamente nella versione deluxe, tramite preordine o acquisto separato spendendo pochi euro: il loro numero base ĆØ però giĆ  di per sĆ© più che soddisfacente e consente una varietĆ  senza precedenti nel combat system, anche limitandosi a prendere in analisi il solo Nero.

Shall Never Surrender

Niente male finora, vero? In effetti, viste le manovre possibili con Nero, Capcom si sarebbe potuta benissimo limitare a lui soltanto come personaggio giocabile, magari offrendo, in maniera furba, gli altri due come DLC. Ma Capcom non ĆØ più quella di qualche anno fa, e i designer al comando del buon Itsuno sono voluti andare oltre. Molto oltre, il che ci concede l’assist per parlare ancora a lungo delle meraviglie e dei tecnicismi che hanno costruito. Passiamo a V, quindi: l’enigmatico individuo dai folti capelli neri ha un modo di approcciarsi agli scontri molto diverso, quasi complementare a quello di Nero. Se quest’ultimo ĆØ un personaggio a tutto tondo ma generalmente basato sulla lotta a corta distanza, V ĆØ l’esatto opposto.

Il misterioso uomo bastone-munito incarna uno stereotipo, sia nel design che nell’approccioĀ alle battaglie, mai visto in una produzione di simile caratura e fortemente incentrato sui tecnicismi. Il suo fisico esile non gli permette di affrontare gli avversari direttamente e, se per caso gli capita di trovarsi al centro dello scontro, lo pone in grande pericolo: con lui bisogna dunque mantenersi ai margini dello scenario, il più lontano possibile dai nemici, e lasciare che a fare il lavoro sporco siano il corvoĀ Griffon e la panteraĀ Shadow, per poi limitarsi – in via opzionale, per aumentare i punti stile – a infliggere il colpo di grazia. Il controllo delle due evocazioni, i cui attacchi sono assegnati rispettivamente ai tasti X/quadrato e Y/triangolo, non deve far dimenticare che il personaggio ai nostri comandi ĆØ V stesso e che nostra principale preoccupazione dev’essere sempre quella di tenerlo fuori dai guai, grazie anche a manovre evasive del tutto particolari, che gli permettono di sfruttare ora Shadow per un dash laterale, ora Griffon per fuggire lontano, aggrappandosi in maniera un po’ posticcia alle sue zampe. I due, a ben guardare, sembrerebbero avere funzioni idealmente simili alla pistola e alla spada di Nero, ma in realtĆ  cosƬ non ĆØ, e il modo indiretto con cui si controllano fa sƬ che le loro abilitĆ  vadano studiate in tutt’altra maniera; le due bestie, inoltre, possiedono ognuna la propria barra di energia, che va tenuta costantemente sotto osservazione e, se esaurita per i troppi danni subiti, le manda in stallo: in questa fase non possono attaccare e si rinchiudono in una piccola sfera, alla quale V, privo in quel momento di quasi tutte le sue abilitĆ , può avvicinarsi con prudenza per velocizzarne il recupero. La ultimate, infine, ĆØ legata alla barra del Devil Trigger, caricabile colpendo i nemici o leggendo il libro di poesie che V porta sempre con sĆ© (ma esponendosi pericolosamente ai colpi); raggiunta una certa soglia, egli può evocare Nightmare, un gigantesco colosso che se ne va per un po’ in giro per l’arena a far danni e sul quale, una volta sbloccata la relativa abilitĆ , ĆØ persino possibile arrampicarsi per controllarlo direttamente. In generale, il non esporsi direttamente e le tante opzioni di fuga rendono V forse un po’ troppo semplice da utilizzare, specie nelle arene più aperte. Poco male, in realtĆ , perchĆ© anch’egli viene prima o poi nel corso del gioco messo di fronte a sfide impegnative, e la sua relativa semplicitĆ  di utilizzo può essere giustificata sia con la necessitĆ  di offrire un personaggio adatto ai neofiti, sia – in parte – con il totale cambio di registro rispetto agli altri due.

Devil May Cry 5

Divine Hate

E Dante? Sorpresa delle sorprese, anche lui ĆØ molto diverso sia rispetto a Nero che a V. Non l’avreste mai detto, eh? Tralasciando le ovvietĆ , e senza scadere nello spoiler, sul leggendario cacciatore di demoni (che ha finalmente capito che con la barba stanno meglio tutti, lui compreso) ĆØ incentrata la gran parte della seconda metĆ  della storia, il che obbliga, giunti al giro di boa, a disintegrare completamente tutte le certezze acquisite fino a quel momento e ad affidarsi nuovamente alla santa pazienza per imparare il terzo (terzo) personaggio, in un sistema talmente ben confezionato e strutturato da non sfigurare affatto nemmeno al fianco di un picchiaduro mediamente tecnico. Se a Nero bastano una spada e tante braccia e a V le sue evocazioni, il modo di combattere di Dante ĆØ sicuramente il più eclettico (e potenzialmente il più devastante in termini sia di danni che di stile, nelle mani giuste) e ruota attorno al cambio delle armi, divise fra corpo e a corpo e a distanza: il loro numero totale ammonta addirittura a undici, tutte sbloccate piuttosto avanti con la storia e ognunaĀ (si, avete capito bene) caratterizzata in maniera eccelsa e dotata delle proprie combo. Ogni arma va poi combinata al meglio con i quattro stili che Dante può utilizzare (anch’essi selezionabili dinamicamente alla bisogna e assegnati al D-Pad): Trickster, Gunslinger, Swordmaster e Royal Guard. Ognuno, come se tutto ciò non bastasse, dispone di manovre speciali particolari, assegnate (come gli attacchi dei Devil Breaker di Nero) al tasto B/cerchio e diverse per ogni arma. Caricando e attivando il Devil Trigger, infine, Dante può contare su ben due trasformazioni: la forma normale, legata alla barra viola condivisa anche da V, che lo rende più forte e veloce e gli permette di recuperare salute e di volare a mezz’aria, e quella definitiva, a sua volta legata a un’altra barra (rossa) e caricabile consumando il DT base senza attivarlo, incentrata totalmente sul massimizzare il danno di ogni colpo. E quando, sopraffatti da una tale mole di possibilitĆ  ludiche, comincerete a pensare di aver visto tutto e che le sorprese siano ormai finite, vi sbaglierete ancora; noi però, per evitare pesanti spoiler, non vogliamo andare oltre.

Devil Trigger

Bisogna poi soffermarsi brevemente sul design dei singoli livelli, un po’ più lineare di quello del quarto capitolo, ma quantomeno non soggetto al problema del backtracking, se non nella comprensibile strutturazione dei livelli giocabili da tutti e tre i personaggi; in particolare il tredicesimo, molto simile per tutti e tre, oltre che strutturato a imbuto e come vera e propria arena mobile. Le semplificazioni in termini di design delle mappe sono però una piccolezza che siamo dispostissimi a perdonare a DMC 5, anche considerato che non mancano segreti disseminati un po’ ovunqueĀ e che conducono alla scoperta di nuove gemme per potenziare permanentemente il Devil Trigger o la barra dell’energia, condivise, a differenza delle abilitĆ  sbloccabili,Ā fra tutti i personaggi. ƈ poi possibile cimentarsi nelle missioni segrete, sfide nascoste nei punti più improbabili delle mappe e caratterizzate da un elevato livello di difficoltĆ : in alcuni casi ĆØ difficilissimo completarle quando le si scova per la prima volta. Ciò, unito alla fisiologica impossibilitĆ  di ottenere una S in alcuni livelli se si ĆØ ancora sprovvisti di opportune abilitĆ  (o delle braccia, con Nero), aumenta esponenzialmente la rigiocabilitĆ , in maniera indipendente dalla difficoltĆ . Malgrado la relativa assenza di extra di rilievo, quindi (e considerato che come giĆ  detto, dovrete rigiocarlo più volte), DMC 5 ĆØ dotato di una longevitĆ  impressionante, in grado, se davvero si ĆØ interessati a padroneggiarlo, di tenere impegnati oltre le 50-60 ore.

Devil May Cry 5 Dante

Una nota di merito, che si ricollega in larga parte al discorso sulla nuova esteticaĀ di Devil May Cry, va poi al Resident Evil Engine, un motore straordinario, che,Ā lo diciamo senza timore di smentita, ĆØ stato uno dei principali propugnatori della rinascita di Capcom e ha permesso alla visione d’insieme di Itsuno e al character design di Tatsuya Yoshikawa di realizzarsi completamente. Devil May Cry 5 ĆØ una gioia per gli occhi, un tripudio di violenza esagerata, neon sparati a mille, riflessi ovunque, ma soprattutto tanto, tanto sangue e zero timore di mostrare scene ricche di gore e splatter. Il tutto mantenendo ben solidi i 60 FPS su ogni piattaforma, oltre che facendosi accompagnare da un altro elemento da sempre fondamentale per la serie: la colonna sonora. Noterete che nel corso di questo articolo abbiamo disseminato qua e lĆ  i brani che più ci hanno colpito, e che, a vostra discrezione e seĀ non temete gli spoiler “uditivi”, potete ascoltare. La gran figata sta però soprattutto nel loro dinamismo, nel crescere in base al punteggio ottenuto: se negli scontri rimarrete al di sotto della A non potrete sentirli per intero e alla massima potenza, mentre dalla S in poi sarete accompagnati da musiche incalzanti ed esaltanti come non mai, in un delirio crescente e che dimostra ancora una volta, come se ce ne fosse più la necessitĆ , la forza – nel suo senso più primordiale – della serie nata dalla mente contorta e geniale di Hideki Kamiya. Ad avercene sempre, di deliri cosƬ.

Devil May Cry 5 ĆØ un mezzo miracolo, incarnazione perfetta della favola che CapcomĀ sta vivendo negli ultimi anni. Grazie a lui abbiamo finalmente trovato il nuovo Dio degli action game, più specificamente di quelli insaporiti della solita vena stylish irriverente e personale che solo i giapponesi – specie quelli di scuola kamiyana – sanno infondere alle loro opere. Il quinto capitolo della serie, condito di una varietĆ  incredibile e di uno stile visivo straordinario, rappresenta la definitiva consacrazione del nuovo corso della casa di Osaka, finalmente rinata dopo le brutture e le scelte sbagliate di qualche anno fa, che stavano per condurla in un baratro senza fine e che invece, viste oggi, sembrano ormai preistoria. Devil May Cry 5 ĆØ anche la storia dell’allievo, Hideaki Itsuno, che supera (anche soltanto per un po’) il maestro:Ā Dante, Nero e V sono finalmente riusciti, dopo un decennio, a riprendersi il trono, spodestando meritatamente Bayonetta, ancora oggi l’esempio perfetto della genialitĆ  di Hideki Kamiya. C’ĆØ un nuovo re in cittĆ , e crediamo anche che sia destinato a non piangere tanto presto.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.