Va tutto bene Recensione

Va tutto bene

Va tutto bene | Presentato nella sezione Cineasti del Presente dell’ultimo Locarno Film Festival, Va tutto bene è l’esordio della regista tedesca Eva Trobisch, approdata in via ufficiale su Netflix dallo scorso 6 giugno. Protagonista del film è Jeanne (Aenne Schwarz), una giovane donna disoccupata. Dopo essere stata a una festa tra amici, subisce una violenza sessuale che la traumatizza, ma di cui decide di non rivelare nulla a nessuno, costruendo un muro di facciata. Nel momento in cui troverà a doversi confrontare nuovamente con il suo assalitore però, le sue certezze inizieranno a crollare, rendendo evidente la sua debolezza e la sua paura.

Va tutto bene: trasformare la ferita in una cicatrice

È dunque possibile intuire sin da subito che il titolo del film, come la sua protagonista, propongano una versione menzognera della realtà. Nulla va bene nella vita di Jeanne, e il far finta di niente non la salverà. C’è però dell’altro che non va bene, ed è lo stesso film in sé. Benché riesca a evitare un didascalismo e una retorica in cui è facile incappare con questo genere di storie, la regista (e sceneggiatrice) non riesce a conferire alla sua opera d’esordio un’originalità tale da poter aggiungere importanza alle tematiche, che si limitano così a essere una mera cronaca al limite del documentario.

Il film risulta confuso, mancando di un vero e proprio sviluppo psicologico del personaggio, arco narrativo che invece avrebbe reso certamente più attraente il personaggio e la sua vicenda. La scrittura in generale sembra offrire una serie di contenuti che non riescono a emergere come dovrebbero, rimanendo privi di una reale direzione. Fortunatamente il lungometraggio acquista pregio da un punto di vista più prettamente tecnico. La regia della Trobisch svela un’interessante approccio, con inquadrature e movimenti di macchina che riescono a conferire un peso ai corpi dei personaggi e alla messa in scena.

Va tutto bene

Va tutto bene si perde proprio nei suoi momenti più intimi, raccontando una storia che non riesce a emozionare.

Va tutto bene si rivela dunque essere un prodotto ambizioso, ma che narrativamente non riesce a essere all’altezza delle premesse. Ci consegna però quella che potrebbe essere, con il giusto progetto, una nuova interessante voce registica, che dimostra di saper affrontare scelte di regia tali da risollevare in parte le sorti di un film comunque poco riuscito.

Gianmaria è sempre stato un grande appassionato di cinema e scrittura, tanto da volerne fare la sua professione. Studiando queste materie all'Università decide di fondere le sue passioni nella critica cinematografica e nella scrittura di sceneggiature. Tra i suoi autori preferiti vi sono Spike Jonze, Noah Baumbach e Richard Linklater.

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