Videogiochi e anime: pro e contro di unioni non sempre perfette

Dragon Ball FighterZ Bandai Namco

Videogiochi e anime sono due industrie che negli anni si sono evolute parallelamente. Da un lato,  un medium in continua crescita, al pari passo con le tecnologie che man mano svelavano – e svelano tutt’ora – nuovi orizzonti e traguardi da raggiungere nel campo dello sviluppo dei videogiochi. Con l’animazione giapponese, abbiamo avuto delle evoluzioni simili all’industria videoludica, i cui miglioramenti, oltre a quelli artistici, si sono concentrati maggiormente sulle tecniche d’animazione adottate dai singoli studi, proponendo delle perle rare visivamente perfette. Col passare del tempo, queste due industrie dell’intrattenimento hanno avuto un’espansione che addirittura l’Impero Romano potrebbe invidiare: oltre ad adattarsi a qualsiasi tipo di pubblico, le due parti hanno raggiunto ogni angolo remoto del mondo, soprattutto quello dell’industria degli anime, che può contare su un merchandising veramente fenomenale. Ma la domanda è lecita: cosa accade quando queste due arti si uniscono per realizzare un singolo prodotto? In questa occasione, esploriamo il risultato nato dalla combinazione di questi due medium dell’intrattenimento, soprattutto in questa generazione di console.

Dragon Ball FighterZ

Videogiochi e anime rappresentano un connubio quasi perfetto…

Parliamoci chiaro, quando si realizza un videogioco tie-in basato su un prodotto d’animazione giapponese, ogni team di sviluppo può incappare in quello che possiamo definire un videogioco di mero fanservice. In altri casi invece, la produzione va oltre e propone un’esperienza di gioco più che soddisfacente, il quale non solo risalta una fedeltà di tutto rispetto verso l’opera originale su cui si basa il videogioco, ma immerge il giocatore in un’esperienza videoludica coinvolgente. Un esempio perfetto è la serie di Naruto Ultimate Ninja Storm di Bandai Namco. La saga sviluppata da CyberConnect2 non solo vanta di una riproduzione fedele degli eventi che vedono coinvolto il celebre ninja biondo di Konoha,  incentivata soprattutto dai quick time event spettacolari, ma anche di un gameplay accessibile ed immediato, dove ogni giocatore può ritrovarsi facilmente. Si tratta di una serie di videogiochi che con l’avanzare di capitolo in capitolo, ha ricevuto sensibili miglioramenti, fino a raggiungere la perfezione con l’ultimo videogioco sviluppato, di cui tra le altre cose, sigla l’epilogo del manga di Masashi Kishimoto. Con Naruto Ultimate Ninja Storm 4, abbiamo avuto un tie-in quasi perfetto, che sigla un connubio tra videogioco ed anime eccellente sotto ogni punto di vista: un roster combattenti sterminato che non esclude nessun personaggio, meccaniche di gameplay classiche della serie migliorate, una modalità storia godibile e perfetta nella fedeltà verso l’opera originale e un comparto tecnico e grafico ottimo, il quale ha saputo coinvolgere egregiamente il videogiocatore.

naruto shippuden: ultimate ninja storm 4

Ma l’opera di Kishimoto non è l’unica ad aver ricevuto una trasposizione videoludica degna di nota. Risulta quasi impossibile non citare anche Dragon Ball, il quale con il picchiaduro sviluppato da Arc System Works ha considerevolmente elevato il livello raggiunto dalla serie videoludica basata sul manga di Toriyama, con animazioni di elevata fattura – un marchio di fabbrica per il team di sviluppo citato poc’anzi -, le cui citazioni e riferimenti verso l’opera originale, passano attraverso dei filmati speciali sbloccabili durante una battaglia, soddisfacendo soprattutto determinate condizioni. A sua volta, anche l’introduzione di musiche ufficiali tratte dalle edizioni televisive di Dragon Ball Z, GT e Super, garantiscono una maggiore immersione nell’universo narrativo creato dal maestro Toriyama. Ma Dragon Ball FighterZ oltre a proporre una storia originale che vede l’introduzione dell’androide 21 ed uno stile artistico che rispecchia l’opera originale, invita i giocatori ad avvicinarsi a quella schiera di picchiaduro ingenuamente ritenuti di nicchia, ossia i classici arcade. Con un gameplay impostato sui precedenti lavori di Arc System come Guilty Gear e BlazBlue, Dragon Ball FighterZ ha avvicinato i giocatori ai picchiaduro più classici e competitivi, senza contare che oggi è uno dei protagonisti dell’EVO, nonché il torneo più importante dedicato ai picchiaduro. Oltre ai due titoli finora citati, il mercato presenta molti prodotti validi a partire da Attack on Titan 2: Final Battle di Koei Tecmo e Omega Force, il quale vanta di una storia coerente all’adattamento televisivo del manga di Hajime Isayama. In questa occasione, il team di sviluppo ha optato per un racconto narrato da un altro punto di vista esterno e conforme al gameplay del gioco, coinvolgendo il giocatore in prima persona. Anche Fist of the North Star: Lost Paradise propone un’esperienza ludica ricca e variegata sviluppata dagli autori di Yakuza. Nonostante il contesto in cui Kenshiro viene inserito possa risultare incongruo a quello che è stato il manga disegnato da Tetsuo Hara, possiamo garantire che il gameplay – stile Yakuza – risalta le arti marziali dettate dalla Divina Scuola di Hokuto, questo grazie soprattutto ad abilità ottenibili tramite i punti esperienza. Questi sono soltanto alcuni esempi in cui il connubio tra videogiochi ed anime ha dato vita a prodotti molto divertenti, i quali non si limitano ad una semplice operazione di marketing per far risaltare un determinato marchio. Ma non sempre i tie-in giapponesi riscuotono successo.

Videogiochi e anime

…Ma non sempre le ciambelle escono con il buco.

Vi sono altri casi in cui il tie-in proposto non sempre rispecchia le aspettative o non trasmette la stessa qualità dell’opera originale. Sono tanti i titoli che non sono riusciti a raggiungere il successo sperato e spesso, questo è dovuto ad un tentativo fallito di cavalcare l’onda del successo di una serie TV anime o manga. Il caso più emblematico che vi segnaliamo è quello di My Hero Academia: One’s Justice, il videogioco picchiaduro basato sullo shonen di successo della Shonen Jump. La serie, animata dallo studio Bones, ha conquistato sin da subito una vasta platea di pubblico, tant’è che il successo scaturito ha incentivato varie produzioni, tra cui speciali e una pellicola cinematografica ed ovviamente, anche un videogioco. My Hero Academia: One’s Justice appartiene a quella cerchia di trasposizioni videoludiche che non sono riuscite a convincere gli appassionati dei due mondi dell’intrattenimento, proponendo quello che sembra essere a tutti gli effetti un prodotto tirato avanti solo ed esclusivamente dal marketing.

Accade spesso che un’opera non appena ottiene un pizzico di successo, viene ampliata da una miriade di prodotti che vanno ad invadere ogni ramo possibile dell’intrattenimento: come già dichiarato nell’introduzione, il merchandising gioca frequentemente  un ruolo fondamentale e per massimizzare i guadagni, o detto in parole povere, per spremere una determinata opera, si cerca di produrre qualsiasi cosa finché si cavalca l’onda del successo. I cartoni animati giapponesi vengono coinvolti in produzioni videoludiche prive di anima, che annoiano subito e finiscono nell’immediato nel dimenticatoio degli appassionati. Impossibile in questo caso non citare videogiochi come Black Clover: Quartet Knights, un picchiaduro tratto dall’omonima opera disponibile su Crunchyroll, dove team da quattro combattenti si scontrano in modalità online ad obbiettivi, nasce per supportare la produzione della serie animata pubblicata sulla piattaforma di streaming citata poc’anzi. Anche Seven Deadly Sins: Knights of Britannia, il picchiaduro d’azione ispirato al manga di Nanatsu no Taizai, è nato con lo scopo di dare man forte all’ottima seconda stagione televisiva della serie originale di Netflix.

Anche la prima iterazione videoludica targata Boruto: Next Generation, ossia Naruto to Boruto: Shinobi Strikers, è un’altra vittima del successo dell’opera originale. Nonostante vanti della buona formula “Xenoverse”, il quale permette di creare un io virtuale attraverso la combinazione di fattori estrapolati dall’opera originale di riferimento, l’offerta contenutistica di Naruto to Boruto è risultata al lancio quanto più castrata possibile, con l’assenza di personaggi principali introdotti tramite contenuto scaricabile a pagamento. Anche l’assenza di una vera e propria modalità storia – sostituita da delle missioni VR che servono a rafforzare lo shinobi – e una componente multigiocatore competitiva piuttosto scarna, hanno contribuito al mancato successo del titolo sviluppato da Soleil. Cosa dire invece dei tie-in crossover: la collaborazione tra Bandai Namco e Shonen Jump nel tempo ha avviato la produzione di diversi picchiaduro, i quali riuniscono sotto lo stesso tetto svariate opere, il cui target era rivolto verso al grande pubblico. Da questa collaborazione tra le due parti, abbiamo visto nascere titoli come D.O.N, J-Stars Victory e Jump Force, ma solo il primo di questi è stato veramente apprezzato dagli appassionati. Questi sono stati titoli spinti e messi in risalto da un marketing ben orchestrato, ma non sempre il tie-in tratto da un anime riceve una buona campagna pubblicitaria eppure, sono usciti negli ultimi anni dei titoli validi ma passati un po’ in sordina o che addirittura, non sono ancora approdati in occidente.

Videogiochi e anime

Quelli del “Non sapevo nemmeno che fosse uscito!”

In un’era in cui le notizie e gli annunci svelano fin troppo riguardo un videogioco che deve essere ancora pubblicato, risulta quasi strano non sapere se un titolo sia o meno approdato sul mercato. L’industria dei videogiochi tie-in giapponesi ha una vasta gamma di titoli di cui si ignora l’esistenza e che soprattutto, non sono mai approdati da noi, nonostante siano tratti da serie apprezzate in tutto il mondo.  Primo esempio tra tutti è Gintama Rumble – o Ranbu nell’edizione giapponese -, il quale nonostante sia tratto dal celebre manga di Hideaki Sorachi e che nel tempo, sia riuscito a ricoprire un ruolo fondamentale nelle alte sfere della rivista Shonen Jump, il videogioco ispirato alle gesta di Gintoki Sakata è rimasto sin dalla sua pubblicazione, relegato nei territori dell’Asia tra Indonesia e Giappone. Il titolo, un hack and slash che ripercorre i principali eventi della serie TV, non ha goduto dello stesso marketing riservato ad altri titoli da parte di Bandai Namco, eppure il manga parodistico di Sorachi è indubbiamente amato in tutto il mondo, ma la trasposizione videoludica purtroppo non può vantare dello stesso successo. La serie di Gintama non vanta della stessa fama degli altri colossi in mano a Shonen Jump e Bandai Namco, tant’è che il publisher nipponico non ha voluto puntare – al momento – su una pubblicazione occidentale per il videogioco sviluppato da Tamsoft.

Non solo Gintama Ranbu: anche videogiochi come “Konosuba: God’s Blessing on this Wonderful World!”, il dungeon RPG di Entergram e  “Is It Wrong to Pick Up Girls in a Dungeon? Infinite Combat“, un Action RPG comunemente conosciuto come DanMachi, sono confinati in oriente. In entrambi i casi i videogiochi da noi citati hanno ricevuto una localizzazione in lingua inglese seppur destinati ai paesi del sud-est asiatico, ma la pubblicazione in occidente resta infattibile per vari motivi, soprattutto economici. Esistono altri tie-in giunti nel mercato occidentale, soprattutto in Europa. Tra questi troviamo la visual novel di Psycho Pass: Mandatory Happines o Jojo’s Bizarre Adventure: Eyes of Heaven, il picchiaduro che racchiude in sé l’essenza dell’opera di Hirohiko Araki. Nonostante una serie animata giapponese possa riscuotere un certo successo, non sempre può ripetersi anche in una trasposizione videoludica – o addirittura  live-action -, questo dipende soprattutto dall’investimento effettuato durante il processo di produzione e pubblicitario, ma soprattutto dall’opera da cui il videogioco è tratto.

Videogiochi e anime

Quando un videogioco diventa anime

Non sempre l’operazione di trasposizione vede un anime diventare videogioco: infatti alcuni brand nati nel medium videoludico hanno ricevuto un adattamento anime, questo merito soprattutto della volontà di alcune compagnie di espandere un brand e farlo approdare anche sulla televisione o piattaforme di streaming. In questa categoria la serie che ha ottenuto il maggior successo, questo merito anche dei vari studi d’animazione come Ufotable che propone una qualità artistica senza paragoni, è Fate Stay Night. Quello creato da Type-Moon è un’universo complesso, le cui migliaia di trasposizioni animate hanno espanso sensibilmente la storia e i personaggi tratti dai videogiochi, fino a raggiungere un abisso di incomprensione degli eventi da cui non è semplice sfuggire. Qualitativamente, la trasposizione animata con l’operato di Ufotable per quanto riguarda Fate Stay Night: Unlimited Blade Works, ha permesso alla serie di spiccare il volo nell’ambito dell’animazione giapponese e il successo ottenuto, ha permesso a molti di conoscere per la prima volta il prodotto di Type-Moon. Ma anche Bandai Namco sotto questo punto di vista ha investito molto: stipulando una collaborazione con lo studio d’animazione Ufotable, la compagnia ha prodotto serie animate come God Eater e Tales of Zestiria: The X – entrambe disponibili su VVVVID -, anch’esse vantano di una qualità visiva pazzesca. Ma la collaborazione tra le due compagnie ha portato anche alla realizzazione di filmati animati realizzati per alcuni videogiochi  del noto publisher nipponico. Oltre a God Eater 3 e Tales of Berseria, anche Code Vein verrà curato nei suoi filmati dal medesimo studio d’animazione, soprattutto per quanto concerne la sigla d’apertura.

Sorprendentemente, anche Atlus si è data da fare nell’espandere l’universo della sua serie JRPG di punta: Persona. Unendo le forze con A-1 Pictures, la compagnia giapponese ha dato vita a diverse trasposizioni animate basate sul noto brand. Con Persona 3, sono stati prodotti ben quattro lungometraggi i quali riprendevano a grandi linee la narrazione del videogioco originale. Con Persona 4 e Persona 5 invece sono state realizzate ben due serie da venticinque episodi l’una e anch’esse si sono attenute alla storia dei due videogiochi, con qualche approfondimento sui personaggi ed eventi principali, il tutto accompagnato dalle celebri colonne sonore composte da Shoji Meguro ed un’animazione a tratti altalenante. Anche la visual novel di Stein; Gate ha ricevuto diversi adattamenti televisivi ad opera di White Fox, tra cui qualche lungometraggio. Nonostante la serie d’avventura fantascientifica di 5pb. e Nitroplus sia nata su console, essa ha riscosso più successo dalla serie animata, la cui distribuzione almeno in Italia è stata curata da Dynit. Scavando più a fondo, pure Capcom ha prodotto un anime basato sul mondo di Monster Hunter, intitolato Monster Hunter Stories: Ride On, una serie dalla durata di 75 episodi prodotta da David Production (Le Bizzarre Avventure di Jojo, Fire Force e Cells at Work!, tanto per citarne alcuni). E per concludere, come si potrebbe non menzionare Final Fantasy XV: Brotherhood, una serie di episodi antecedenti al gioco principale, dove il rapporto d’amicizia nato tra Noctis, Gladio, Prompto ed Ignis viene messo in primo piano, seppur con una qualità dei disegni e delle animazioni non proprio eccellente.

Videogiochi e anime

Abbiamo visto come questo connubio possa regalare soddisfazioni e delusioni, come il nome di un brand molto apprezzato non basti per catturare l’attenzione del pubblico appassionato. Quando il processo di trasposizione assume una direzione opposta, in alcuni casi, come quello di Fate Stay Night o Steins; Gate, l’opera videoludica può ottenere maggiore notorietà. Ma l’unione tra videogioco e anime non passa soltanto attraverso una trasposizione: citazioni ed easter egg sono i riferimenti più semplici da applicare all’interno di un videogioco, soprattutto per stuzzicare un po’ il fanservice. E’ meraviglioso assistere all’unione di due o più arti dell’intrattenimento per dare vita a un singolo prodotto, soprattutto se realizzato con cura e dedizione e che punti prima di tutto a coinvolgere chi ne usufruisce. 

Matteo è un grande appassionato di videogiochi, manga ed anime. Come videogiocatore nasce sul Nintendo 64, Il suo primo videogioco? Super Mario 64. Col passare del tempo si è unito alla famiglia delle console di casa Sony e adora in particolare i videogiochi di produzione giapponese, ma grazie anche al suo spirito di cacciatore di trofei, prova interesse in ogni sfaccettatura del videogioco.