Daemon X Machina Provato in Anteprima

Daemon X Machina

Daemon X Machina Provato | Manca ormai davvero poco all’uscita di Daemon X Machina su Nintendo Switch, novello sparatutto in terza persona caratterizzato dalla presenza di giganteschi mecha personalizzabili e da una brillante estetica in cel-shading: il titolo è frutto dell’ennesima collaborazione tra Kenichiro Tsukuda, storico produttore di Armored Core fin dal secondo episodio del 2000 su PlayStation 2, e Shoji Kawamori, al quale ogni appassionato di fantascienza nipponica non può che essere grato per il suo Chōjikū Yōsai Makurosu (letteralmente, Super Fortezza Spaziotemporale Macross, da noi Fortezza Superdimensionale Macross) e gran parte degli innumerevoli sequel che ne hanno arricchito l’universo narrativo, che si ritrovano di nuovo insieme dopo l’abbandono (temporaneo, si spera) del franchise robotico da parte di FromSoftware. L’entusiasmo di quanti sono rimasti orfani degli epici scontri meccanizzati orchestrati dalla talentuosa coppia creativa è quindi comprensibilmente salito alle stelle dall’annuncio piovuto nel corso dell’edizione 2018 dell’E3 e, soprattutto, dal conciso assaggio che abbiamo potuto sperimentare con la demo pubblicata sull’eShop lo scorso febbraio, a seguito della quale gli sviluppatori hanno raccolto i numerosi feedback degli aspiranti piloti di tutto il mondo e deciso di spostare la finestra di rilascio dalla primavera al termine dell’estate, onde avere modo di rifinire a dovere gli aspetti meno graditi dal pubblico. Non resta dunque che verificare se gli sforzi supplementari abbiano sortito gli effetti desiderati e se la console ibrida della casa di Kyoto possa realmente annoverare tra le sue esclusive un degno erede di Armored Core.

Daemon X Machina

La visibilità dell’interfaccia in sovrimpressione può essere regolata per conformarsi al proprio stile di gioco

Daemon X Machina: robottoni all’attacco

Daemon X Machina si apre con un breve riepilogo degli eventi che, in un lontano futuro, hanno condotto l’umanità sul baratro dell’estinzione: un incidente di natura non meglio specificata ha provocato una disastrosa collisione tra la Terra e il suo satellite naturale, con la conseguente morte di milioni di persone e l’emanazione di ingenti quantitativi di Femto, un pernicioso flusso energetico che ha trasformato le macchine in organismi senzienti devoti allo sterminio delle creature viventi sopravvissute. Per fortuna, una percentuale ridotta di individui ha ottenuto effetti relativamente benefici dal Femto, come capacità fisiche e percezioni sensoriali incrementate, e ha deciso di passare al contrattacco fabbricando dei robot di dimensioni ridotte (immaginatevi una sorta di Hulkbuster con parti intercambiabili) per rispondere alla minaccia delle intelligenze artificiali ostili, ribattezzate Immortal: questi “inumani” potenziati sono conosciuti con il nome di Outer, e le fattezze di quello che andremo ad interpretare sono liberamente modificabili in termini di fisionomia, capigliatura e altri tratti somatici, scegliendo tra una serie di modelli preimpostati. Un piccolo consiglio spassionato che posso darvi è quello di trascorrere lo stretto indispensabile con l’editor di personaggi, perché i nostri lineamenti subiranno drastiche variazioni nel corso del gioco a causa degli innesti cibernetici che ci procureremo per aumentare la compatibilità con gli Arsenal, i suddetti meccanismi corazzati che si oppongono alle IA impazzite (o forse rinsavite). Non tutti i sistemi virtuali intelligenti sono avversi alla razza umana: Four, ad esempio, è quello che gestisce la base della fondazione Orbital e, con la sua inespressiva voce adolescente, contribuisce a guidarci fra le varie voci dei pochi ma essenziali menu di gestione e configurazione tanto del nostro avatar quanto del suo mezzo antropomorfo e delle missioni da svolgere per le varie fazioni coinvolte nella lotta contro gli Immortal: come facilmente prevedibile, i primi incarichi che accetteremo sono mirati ad acquisire familiarità con il sistema di controllo e con il mondo di gioco, del quale otteniamo piccoli scampoli informativi durante i briefing preliminari che servono anche ad introdurre il variegato cast di comprimari con le loro peculiari idiosincrasie: l’impronta distintiva di Yusuke Kozaki, che in molti riconosceranno per il suo contributo a titoli del calibro di No More Heroes e dei due Fire Emblem rilasciati su Nintendo 3DS, Awakening e Fates, si rispecchia nei volti e nell’espressività del cast di supporto, per quanto le primissime ore di gioco non siano sufficienti a trasmettere un reticolato di eventi abbastanza robusto da permettere loro di lasciare un segno e sarà facile dimenticarsi della carrellata di gregari più o meno collaborativi qualche secondo dopo la loro introduzione, complice anche un assortimento di dialoghi che spaziano dal banale all’imbarazzante.

Daemon X Machina

Impareremo presto, e a nostre spese, che gli Immortal vantano fra le proprie fila anche dei meccanismi di proporzioni considerevoli

Ma non siamo certo qui per fare conversazione e, una volta scesi in campo per scacciare le macchine ribelli fuori dai confini delle barriere di contenimento note come Oval, Daemon X Machina svolge il proprio compito in maniera egregia: i comandi sono articolati e richiedono un po’ di pratica per acquisire confidenza, ma la disposizione sui tasti del controller è molto intuitiva e non impiegheremo troppo tempo prima di sfrecciare fra le vestigia delle metropoli distrutte scansando i colpi degli avversari e investendoli con raffiche di proiettili e missili, in perfetto stile Kawamori. Le ricompense ottenute al termine di ogni spedizione tengono conto di diversi fattori, come la percentuale di parti da riparare e di danni collaterali inferti, in modo da spingerci a non essere troppo disinvolti nel corso dei combattimenti per racimolare qualche credito in più. Siamo anche in grado di brandire oggetti improvvisati come pali della luce, cartelli stradali o le stesse carcasse dei nemici e, come già visto nella demo, le armi dei boss più imponenti cadono a terra dopo aver subito una dose sufficiente di colpi e possono quindi essere rivolte contro questi ultimi: saccheggiare i resti delle macchine abbattute diventerà ben presto una routine imprescindibile, dato che l’equipaggiamento raccolto in battaglia può essere scambiato immediatamente oppure inviato alla base per confrontarlo con la dotazione attuale e rivendere le componenti meno utili. Il processo viene facilitato dalla mini mappa visualizzata a schermo, che indica con colori diversi le unità alleate e nemiche, l’ubicazione degli obiettivi, i container che permettono di ripristinare la salute perduta e, per l’appunto, gli oggetti da recuperare. Una volta fatto ritorno al quartier generale, possiamo intervenire su ciascuna delle cinque componenti principali del nostro Arsenal (testa, processore centrale, braccio destro, braccio sinistro e gambe) per migliorarle o sostituirle, tenendo sempre d’occhio il carico complessivo per non incidere troppo sulla mobilità: oltre alle due armi imbracciate (che possono essere anche degli scudi, qualora sentissimo la necessità di protezioni aggiuntive), siamo autorizzati a montarne altrettante sulle spalle e trasportarne altre due di scorta, per darci modo di rispondere in maniera adeguata ad eventuali minacce impreviste o alla penuria di munizioni. Infine, prima di imbarcarci in una nuova missione, Daemon X Machina fornisce l’opportunità di prenderci qualche minuto di relax presso la locale… gelateria, i cui prodotti conferiscono bonus aggiuntivi temporanei a seconda delle combinazioni di gusti selezionate. Chi l’ha detto che la vita da mercenario non può essere anche golosa, di tanto in tanto?

 

Nel complesso, la nuova produzione Marvelous promette davvero molto bene e sembra proprio cucita addosso a quanti attendevano un nuovo action game a base di robot giganti, armamenti convenzionali e non, e una pletora di proiettili ed esplosioni in ogni dove: anche gli effetti sonori ed in particolar modo i brani che compongono la OST, realizzati da Junichi Nakatsuru e Rio Hamamoto (celebri per aver lavorato sulle colonne sonore di svariati Tekken, Soulcalibur e Ace Combat) che Bandai Namco ha generosamente prestato alla causa, sono ricchi di atmosfera con un’eccellente alternanza di elettronica industriale, chitarre elettriche e cori sinfonici. In modalità portatile, la resa visiva del titolo è un po’ più confusionaria e lo stile grafico tende a perdere la sua incisività, ma rimane comunque apprezzabile. L’unico dettaglio da approfondire è l’efficacia della trama e il modo in cui vengono concatenate le missioni, nella speranza che il tutto non si traduca in un grinding infinitamente monotono per recuperare le parti migliori da determinate IA o raggranellare la quantità giusta di crediti per sopraffare i nemici con la pura e semplice potenza di fuoco: intendiamoci, non c’è niente di male in uno schema del genere, io stesso sono un grande estimatore di serie come Earth Defense Force dove la storia minimale è un semplice pretesto per distruggere qualsiasi cosa si muova sullo schermo, ma mi aspetto qualcosa di più in tal senso da Daemon X Machina e spero che le prossime ore che trascorrerò a bordo del mio Arsenal non mi deludano.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.