Utawarerumono Zan Recensione

Utawarerumono Zan

Utawarerumono Zan Recensione | Per quanto abbia davvero apprezzato gli sforzi profusi da Atlus per la localizzazione delle due visual novel Mask of Deception e Mask of Truth, rispettivamente secondo e terzo capitolo della saga di Utawarerumono inaugurata nel 2002 da Aquaplus sotto etichetta Leaf, l’ultima cosa che mi sarei aspettato di vedere è proprio la versione occidentale di questo Utawarerumono Zan, una sorta di bignami di Mask of Deception che rimpiazza le sezioni strategiche con un gameplay hack and slash non dissimile da molte altre produzioni affini ben più conosciute, come la serie Warriors di Koei Tecmo: al di là dei meriti intrinseci del gioco, infatti, il potenziale bacino di utenza non sembra essere particolarmente esteso, ma forse la casa di Jack Frost ha pensato che questa variante condensata potesse essere un’introduzione migliore per quanti fossero rimasti affascinati dalle atmosfere fantasy/folcloristiche di Utawarerumono, senza però avvicinarsi perché atterriti dalla mole incredibile di testo che è necessario digerire per comprendere la storia. E dunque, riusciranno i nostri eroi a conquistare anche i perplessi e diffondere il poema epico del salvatore del regno di Yamato ad un pubblico più vasto?

Utawarerumono Zan

Utilizzeremo spesso gli attacchi Chain per spazzare via gruppi un po’ troppo numerosi e insistenti di nemici

Cerchiamo subito di dirimere la questione essenziale: no, Utawarerumono Zan non è in alcun modo un prodotto utile per far conoscere ai neofiti l’universo narrativo dello splendido romanzo per immagini firmato Aquaplus, poiché il ritmo con cui eventi e personaggi si succedono è talmente sincopato da non offrire una panoramica apprezzabile a chi non l’ha già giocato in precedenza, con dialoghi e intermezzi estrapolati di sana pianta da Mask of Deception senza un ragionevole filo conduttore. Inoltre, la stessa sequenza animata iniziale mostra senza alcun problema il colpo di scena finale dell’episodio cui il titolo si ispira, cementando dunque l’impressione che si tratti di una rilettura in salsa action dedicata ai conoscitori dell’originale, i quali non avranno troppi problemi a legare fra di loro i brandelli di trama che legano i segmenti interattivi. Tutti gli altri, o perlomeno quelli che speravano in un approccio più snello alle vicende della visual novel, farebbero bene a rivolgersi direttamente a quest’ultima o ad un riassunto scritto da qualche appassionato, onde evitare di ritrovarsi con molte più domande (e spoiler involontari) in testa di quelle con cui erano partiti. Il gameplay di Zan è invece sorprendentemente robusto e più articolato di molti suoi “colleghi”: i giocatori assumono il controllo di 12 personaggi diversi, ciascuno dotato di un assortimento di movenze sufficientemente variegato da distinguerlo dagli altri. Le basi sono grossomodo le medesime che i numerosi Dynasty Warriors ci hanno insegnato, con i tasti quadrato e triangolo a governare gli attacchi leggeri e pesanti, la possibilità di concatenarli fra loro e anche di sfruttare sequenze di mosse differenti a seconda che tali pulsanti vengano toccati oppure tenuti premuti per un breve lasso di tempo: i ragazzi di Tamsoft, già autori di Senran Kagura e MegaDimension Neptunia, dimostrano di sapere il fatto loro confezionando un’esperienza di gioco gradevole e multiforme, che riesce ad elevare Utawarerumono Zan una spanna sopra la media.

Utawarerumono Zan: un taglio piuttosto smussato

Alcuni personaggi, ad esempio, sono deboli ma possiedono attacchi potenzialmente distruttivi, come il pavido Maroro la cui bizzarra danza, necessaria per scatenare i suoi terrificanti poteri pirocinetici, viene tradotta fedelmente durante le battaglie in tempo reale, mentre altri possono volare per brevi periodi, immobilizzare gruppi di nemici o restituire al mittente i danni ricevuti con feroci contrattacchi. Gli attacchi speciali, cosiddetti Chain perché composti da più sequenze di colpi, si attivano con il tasto cerchio e la loro efficacia, proprio come nelle vecchie porzioni strategiche, è legata al tempismo con cui effettueremo le pressioni successive, ma sono accessibili soltanto dopo aver accumulato un quantitativo sufficiente di Zeal, il “fervore guerriero” che si rigenera in proporzione al nostro contributo durante gli scontri. Oltre ad alimentare i già citati Chain, lo Zeal consente anche di trascendere per qualche istante in una forma potenziata, opportunamente detta Overzeal, che conferisce notevoli benefici statistici al personaggio sotto controllo e, posto di averla sbloccata, permette di eseguire una devastante tecnica finale che infligge un ragguardevole ammontare di danni a tutti i nemici che hanno la sfortuna di trovarsi lungo la sua traiettoria: ciascun personaggio può utilizzare tali tecniche soltanto una volta per livello ma, dato che ci è concesso schierare fino a quattro membri del party, nulla vieta di attivare l’Overzeal e le rispettive capacità segrete per ognuno di loro. La rosa di attacchi a disposizione degli eroi di Utawarerumono si amplia conquistandoli con l’esperienza guadagnata, soddisfacendo specifici obiettivi secondari, affrontando le missioni libere oppure un livello personale dell’arena, una modalità separata dalla storia principale.

Utawarerumono Zan

I modelli tridimensionali sono ben fatti e riprendono puntualmente la caratterizzazione degli originali, anche a livello di postura ed espressioni del viso.

Prima di passare agli aspetti meno convincenti del gioco, bisogna proprio rivolgere un encomio a Tamsoft per aver trasposto tutte le sfaccettature più caratteristiche dei combattimenti strategici di Utawarerumono in un picchiaduro 3D a scorrimento, particolare questo che lascia trapelare la conoscenza e la devozione che gli sviluppatori nutrono nei confronti dell’opera: l’intero comparto visivo, compresi i modelli poligonali dei personaggi e il modo in cui sono stati animati, è stato ricostruito con una fedeltà sbalorditiva come soltanto un gruppo di fan che ha sviscerato l’originale sarebbe stato in grado di implementare, ed analoga cura è stata riservata alla colonna sonora che rielabora con la giusta dose di energia i brani classici dalle sonorità più pacate. Malgrado ciò, e mi addolora doverlo ammettere poiché rientro appieno nella cerchia dei “nuovi” seguaci di Utawarerumono (non ho infatti giocato il primissimo episodio, del quale attendo con trepidazione il remake in uscita nel 2020), la lacuna fondamentale di Zan è la congenita mancanza di contenuti o, meglio, di una reale varietà degli stessi: i capitoli che compongono la trama di base richiedono grossomodo 3 ore di tempo per essere completati, metà delle quali le trascorrerete ascoltando ingarbugliati scambi di battute tra i personaggi che, come già detto, se non conoscete già riusciranno soltanto ad istigare un certo qual senso di frustrazione, mentre tutte le missioni supplementari non sono altro che gli stessi, identici livelli già affrontati da ripetere ad libitum per raggranellare il denaro necessario a migliorare equipaggiamento ed accessori. Il gioco va completato più volte da capo con difficoltà crescente per ottenere tutto l’armamentario di ogni combattente, comprensivo di costumi extra, ma il sistema pensato per potenziare gli oggetti è alquanto opinabile: in sostanza, si tratta di investire la valuta guadagnata (per fortuna solo quella in-game, dato che non sono previste microtransazioni) in una lotteria tipica dei miliardi di cosiddetti giochi gacha per dispositivi mobili, il cui esito può fruttarci nuovi manufatti di rarità variabile oppure accrescere l’efficienza di quelli già in nostro possesso. Per quanto anche i giocatori occidentali siano avvezzi a questo genere di meccaniche, basti pensare ai frammenti del sangue di Diablo III, il sospetto che Utawarerumono Zan potesse essere stato originariamente concepito come gioco free 2 play si è incastonato in un angolo del mio cervello e non mi ha più abbandonato…

Utawarerumono Zan

La croce direzionale consente di passare ai comandi di un altro membro del party, utile quando vogliamo prendere in mano situazioni particolarmente spinose…

Alcuni incarichi possono essere affrontati in cooperativa, tuttavia è bene precisare che l’unica collaborazione prevista è quella fra giocatori online: sebbene il tipo di gioco si presti anche allo split screen e il motore grafico non sia certo fra i più impressionanti mai visti su PlayStation 4, il multiplayer locale è fuori discussione, un vero peccato se consideriamo le possibili combinazioni tra personaggi, equipaggiamento e sigilli di supporto che sarebbe possibile pianificare intorno a un tavolo per le quali, invece, dobbiamo affidarci al buon senso degli sconosciuti incontrati in rete. Nel complesso, pur volendo portare a termine tutte le modalità di gioco e acquisire ogni singolo oggetto a disposizione, Utawarerumono Zan non richiede più di una decina d’ore per essere completato, fattore che avrebbe dovuto incidere pesantemente sul prezzo di vendita, ma la cosa che fa più rabbia è constatare quanti dettagli, piccoli e grandi, lo facciano sembrare in qualche modo troncato: alcuni dei mostri che avremo modo di affrontare compaiono soltanto nella terza parte della storia, Mask of Truth, quando il gioco termina bruscamente alla conclusione di Mask of Deception, mentre due o tre livelli (su tutti, l’ultimo) si distaccano dal canonico schema beat’em up per introdurre varianti nel gameplay che non vengono mai più riprese, indizi che fanno sospettare un pianificato adattamento di entrambi gli episodi abbandonato in seguito per mancanza di tempo o budget. Di certo, l’inclusione di Mask of Truth, che già in formato visual novel presenta molti più conflitti che avrebbero beneficiato di ulteriori variazioni sul tema come quelle presenti in Zan, avrebbe costituito un enorme valore aggiunto per quest’ultimo.

Non posso dire di essermi annoiato con Utawarerumono Zan, complice un combat system ben strutturato, la possibilità di scovare gli accostamenti più letali fra le abilità dei personaggi disponibili e la volontà di rivivere l’epopea del colorito cast di personaggi dell’originale, ma l’esiguo ammontare di contenuti e la ripetitività di mostri e livelli lo rende adatto soltanto ai fan più sfegatati del franchise, e anche per questi ultimi è difficile giustificare il prezzo pieno al quale viene venduto. Magari, semmai venisse realizzato un sequel più lungo, rifinito e soprattutto completo, potrebbe avere senso acquistarlo in coppia con quest’ultimo, invece così com’è il gioco resta purtroppo vittima di una serie di scelte poco comprensibili in termini di gameplay e longevità, senza riuscire a realizzare tutto il suo pur notevole potenziale.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.

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