A nemmeno 10 anni dalla sua uscita su PlayStation 3, il quarto capitolo “ufficiale” dello strategico firmato Nippon Ichi fa capolino anche sull’attuale ammiraglia Sony in quello che non possiamo definire né un remaster né un remake ma, di fatto, un “semplice” porting quasi pedissequo della versione per PlayStation Vita lanciata qualche tempo più tardi, e contenente sia la gamma completa dei contenuti scaricabili messi a disposizione per l’originale che tutto un ventaglio di correzioni e aggiustamenti alle meccaniche di gioco. Ciò che rende questo ennesimo rilascio davvero completo, come vuole il titolo, sono alcune migliorie ereditate da Alliance of Vengeance, il quinto episodio che ha riportato in auge la saga su PlayStation 4, PC e Nintendo Switch, ma si tratta di postille marginali atte a semplificare la vita in termini di gestione dell’interfaccia (l’anteprima delle armi in cui vengono trasformati i mostri sottoposti a Magichange, ad esempio) e del flusso di gioco (sia lodato il salvataggio automatico post-battaglia!): in realtà, ciò che rende Disgaea 4 Complete Plus imperdibile per gli amanti degli strategici è proprio la possibilità di saggiare con mano una delle iterazioni più fortunate del franchise come trama, personaggi e rivisitazione degli aspetti meno apprezzati nei predecessori, su tutti lo spauracchio del grinding infinito per massimizzare le nostre unità, senza dover rispolverare le nostre vecchie console. Lasciatevi dunque accompagnare in un nuovo viaggio nelle profondità degli Inferi dove farete la conoscenza di un vampiro decaduto la cui incredibile forza è paragonabile soltanto alla sua vorace e insaziabile fame di… sardine!
La complessità delle mappe cresce esponenzialmente, ma è così che aumenta anche il divertimento
Dopo una vivace introduzione animata, la storia infatti ci trasporta nell’Ade per incontrare Valvatorez o, per meglio dire, Lord Valvatorez, un potente tiranno del regno dei morti caduto in disgrazia a causa di una promessa formulata quattro secoli prima che gli vieta di consumare sangue umano (ripiegando invece sul pesce, tanto ricco di Omega 3), e divenuto un umile ma orgoglioso istruttore di Prinny. La fervida passione che Valvatorez riversa nel suo lavoro è la medesima di quando seminava terrore e distruzione nel mondo degli umani, con un certo rammarico da parte di Fenrich, il fedele lupo mannaro al suo servizio, che invece vorrebbe vederlo di nuovo al vertice della piramide del potere demoniaca, perciò quando si scontra con il nefasto piano del Governo Corrotto (o “Corrupternment”, nella migliore tradizione dei giochi di parole che hanno da sempre caratterizzato la serie) per la soppressione degli adorabili ma eccessivamente numerosi pinguini zoppi, che ricordiamo essere le anime scellerate dei criminali obbligati a scontare i propri peccati in tale forma prima di potersi reincarnare, ha inizio la sua personale crociata tesa a rovesciare l’organizzazione politica vigente. Ad accompagnarlo troveremo, oltre al già citato Fenrich, Fuka Kazamatsuri, una studentessa delle medie deceduta che avrebbe dovuto essere trasformata in un Prinny ma, a causa di qualche taglio di troppo al bilancio, si è ritrovata con un semplice cappello da pinguino in testa, e poi Vulcano, l’angelo dell’avarizia, Emizel, il figlio del presidente dell’oltretomba, e non Desco, una ragazza mostruosa che ambisce a diventare un temibile boss finale. La commistione di temi politici e comprimari assolutamente fuori di testa, ben oltre gli standard cui siamo già stati abituati negli altri capitoli, intriga e diverte allo stesso tempo, mentre la pletora di avventure secondarie a corredo fornisce i giusti approfondimenti sui singoli membri della bislacca armata Brancaleone ai nostri ordini, garantendo un corposo quantitativo di intermezzi e dialoghi prima di entrare nell’inevitabile vortice del post-game.
Un demone come me non infrange mai una promessa!
Ma in Disgaea 4 non dovremo sempre menare le mani, perché se c’è una cosa che il team di sviluppo ha sempre fatto bene è l’integrazione di elementi supplementari che rimescolano le carte quanto basta da impedire alla ripetitività di farsi strada nelle nostre teste: poiché il tema centrale delle vicende è la declinazione diabolica dell’arte di governare, avremo la possibilità di modificare un certo numero di elementi di gioco come il valore degli oggetti nei negozi, il numero di alleati con cui scendere in battaglia e persino regole specifiche di gameplay sottoponendo le nostre mozioni al Senato Oscuro, un eclettico assembramento di ministri che dovremo convincere a votare in nostro favore utilizzando anche mezzi non proprio convenzionali come mazzette, attentati o sfide vere e proprie, dato che potremo anche affrontarli sul campo qualora volessimo far approvare un’interpellanza con la forza.
I fattori principali di cui tenere conto sono la razza e le inclinazioni dei membri del consiglio, e la componente online ci permette anche di visitare e partecipare ai senati di altri giocatori con i nostri personaggi nel ruolo di ministri degli esteri. Altra dinamica amministrativa è la Cam-Pain, molto simile all’assemblea di classe presente in Disgaea 3, nella quale i compagni prendono posto su una mappa che si amplia con il prosieguo della narrazione e che ci torna utile per due ragioni fondamentali: la prima è quella di aumentare le caratteristiche e l’affinità di quelli che andiamo a schierare l’uno accanto all’altro, indispensabile per aumentare drasticamente i danni inflitti con gli attacchi in combinazione e di gruppo, e l’altra è di poterli impiegare al posto dei ministri di default nel senato per garantirci un piccolo margine di successo in più, che tuttavia non sempre viene onorato. Abbiamo poi una speciale stanza delle torture per “educare” i nemici catturati a fornirci accesso ad uno scrigno del tesoro in una delle mappe accessibili, sottrarre loro denaro oppure reclutarli nelle nostre fila, ben due aree separate per affrontare livelli specifici mirati a potenziare equipaggiamento e personaggi, la facoltà di fondere i mostri sotto il nostro comando per ottenere evoluzioni sempre più potenti, punti guadagnati in combattimento per sbloccare abilità speciali e tanto altro ancora… tolta la storia principale, che possiamo considerare come una sorta di gigantesco tutorial e che richiede all’incirca 40-50 ore per essere completata, i contenuti supplementari e la lunga strada verso la conquista dell’ambito livello 9999 vi occuperanno oltre il doppio del tempo senza mai annoiare… o almeno, non troppo.
Gli intermezzi fra le battaglie evidenziano accuratamente l’eccentricità di Valvatorez e dei suoi improbabili alleati
Dal momento che stiamo parlando di un SRPG, è chiaro che il fulcro vero e proprio di Disgaea 4 sia il combattimento tattico: le due macroclassi in cui rientrano le unità selezionabili sono Umani e Mostri, con i primi in grado di apprendere e specializzarsi in classi diverse che spaziano dai tradizionali Guerriero, Ladro e Guaritore alle più atipiche Teschio (un mago specializzato in “bombardamenti” ma particolarmente fragile), Valchiria (una guerriera molto più precisa rispetto alla sua controparte maschile) e Buttafuori (un demone molto versato nell’incassare bordate), ciascuna esperta nell’utilizzo di determinate categorie di armi quali spade, pugni, archi e bastoni, mentre i secondi possono brandire soltanto attrezzature specifiche per la loro categoria. A tutti questi strumenti di morte possono quindi venire associate delle esclusive “maleficità” (le consuete “evilities”, da “evil” + “abilities”) che ne accrescono le opzioni di attacco. Gli scontri veri e propri si svolgono su mappe suddivise in settori quadrati all’interno delle quali evochiamo un numero variabile di alleati e facciamo eseguire loro una vasta gamma di azioni per debellare gli avversari: a differenza di altri titoli simili, i comandi non vengono eseguiti immediatamente ma attendono un input esplicito del giocatore, questo perché i personaggi che attaccano i medesimi bersagli possono dare vita a catene di colpi o assalti di gruppo che infliggono danni incrementati. Le suddette abilità e le tecniche speciali, anch’esse ripartite fra armi e classi, aggiungono un po’ di pepe alle sequenze offensive, e naturalmente è sempre possibile “impilare” i compagni (solo quelli umani, purtroppo) l’uno sulle spalle dell’altro per formare vere e proprie torri che consentano a quanti sono in cima di raggiungere altezze fuori portata con il movimento normale, come pure di assestare ulteriori e devastanti attacchi di gruppo che arrivano a schiantare i nemici sulla luna! Insomma, c’è sempre qualche tattica nuova da scoprire, collaudare e padroneggiare sul campo di battaglia, e la ciliegina sulla torta è rappresentata dai cosiddetti Geo Block, evoluzione naturale dei Geo Panel visti nei predecessori che fanno a loro volta ritorno in questo capitolo, capaci di provocare ingenti danni alle unità rivali se adoperati con giudizio oppure di spingerci verso una prematura sconfitta: la subdola e ponderata presenza di entrambi gli ingredienti sulle mappe rende gran parte di queste ultime degli autentici enigmi da studiare a fondo, giacché non sempre la forza bruta è sufficiente per avere ragione dei livelli più complessi.
Ci sono solo due cose che temo al mondo!
A livello visivo, Disgaea 4 rappresentò all’epoca il tanto agognato salto verso gli sprite in alta definizione, caratteristica questa naturalmente preservata e migliorata grazie alla risoluzione delle moderne macchine da gioco, anche se, come già accadde su PlayStation Vita, l’opzione per visualizzare i modelli bidimensionali in versione “pixellosa” è stata rimossa. Gli scenari sono coloratissimi e pieni di dettagli grandi e piccoli da contemplare, mentre le animazioni sono cospicue e tutte di altissima qualità, con una menzione d’onore particolare per la gestualità di Valvatorez e dei Prinny. Addirittura, i mondi extra a volte sono talmente affollati di oggetti, personaggi e particolari da mostrare qualche piccola incertezza, ma stiamo parlando di occasioni più uniche che rare. La colonna sonora è stata affidata ancora una volta alle sapienti mani di Tenpei Sato, il compositore per antonomasia della Nippon Ichi Software, che ha unito alle tradizionali melodie rockeggianti una serie di brani più frizzanti e conviviali che accompagnano alla perfezione il lato umoristico del copione. Ma, dato che stiamo parlando della tragedia di un vampiro ambientata nel mondo dei morti, organi e cori da chiesa la fanno da padrone e sottolineano le atmosfere gotiche più o meno esplicite, anche se l’eclettismo di Sato lo spinge anche verso il jpop, le note caraibiche, le marcette militari e persino qualche passaggio al clavicordio, aumentando e diminuendo l’intensità delle battute a seconda di quanto ci viene mostrato a schermo.
Non è difficile capire perché Disgaea 4 venga considerato da molti il miglior episodio della saga: il classico gameplay mesmerizzante viene accompagnato da una quantità gargantuesca di contenuti, e il carisma del protagonista e di buona parte dei comprimari che lo accompagneranno nella sua guerra contro il governo corrotto degli Inferi valgono da soli il prezzo del biglietto. La componente strategica va di pari passo con l’esplorazione del bizzarro e affascinante mondo di gioco, con la sperimentazione delle miriadi di combinazioni di armi e classi, con le decisioni politiche e, in generale, con l’estrema varietà di cose da fare. Di contro, non c’è traccia di reali incentivi per tornare al fianco di Valvatorez qualora lo avessimo già accompagnato nelle sue peripezie durante la scorsa generazione, a parte forse il desiderio di giocare qualcuno dei DLC: come detto in apertura, Disgaea 4 Complete Plus è, di fatto, una trasposizione diretta di A Promise Revisited, e forse soltanto la versione per Nintendo Switch può rappresentare un reale valore aggiunto per considerare un eventuale riacquisto grazie alla modalità portatile. Per tutti gli altri, l’acquisto è quasi obbligatorio: in fin dei conti, chi è che non vorrebbe vivere un’avventura con un vampiro che addestra le anime dei defunti a forma di pinguino, convinto che le sardine siano di gran lunga più nutrienti del sangue umano?