Star Wars: L’ascesa di Skywalker Recensione, lo squarcio nella dicotomia

Una delle saghe storiche del cinema moderno sta per concludersi, ed è già un pugno nello stomaco. Io so cosa state provando. È inutile che facciate finta di niente. Avverto il conflitto che è in voi, tra la gioia di mettere piede un’ultima volta nella galassia lontana lontana e il terrore che questa avventura possa finire nel modo che non vi aggrada. Lo so. I più ottimisti fra voi sanno in cuor loro che questo potrebbe essere solo un addio temporaneo, una pausa di qualche anno. Eppure Star Wars: L’ascesa di Skywalker è un pesante fardello per casa Disney: la chiave per la trasformazione definitiva del franchise e un trampolino di lancio per dare una vera e propria consacrazione ai nuovi eroi apparsi sul grande schermo nei passati due film. La querula diatriba tra i fan di vecchia data e coloro che invece stanno respirando solo ora l’atmosfera galattica della pellicola non è mera follia, ma il giusto timore per la poca maturazione che ha annacquato il settimo e ottavo titolo. La tensione è tanta e le aspettative hanno raggiunto dei limiti importanti, specie perché il ricercato successo per l’opera aprirebbe la strada a un galvanizzante seguito della storia tra spin-off e tante carte da giocare. Non ci si stanca mai della squisita fantascienza in salsa J.J. Abrams, ma non è solo il banale tentativo di rivalsa per una saga storica, tanto più la conferma o smentita dell’impegno disneiano che tanto ha fatto discutere in questi anni. Ci si sarà aggrappati alle certezze passate o si sarà finalmente delineata una strada per il futuro? L’unica risposta è l’ardua sentenza che ci aspetta in questa recensione, quindi preparatevi: facciamo un salto a velocità luce e scoviamo l’equilibrio nella Forza. Ovviamente lungi da noi il rovinarvi l’esperienza con spoiler, tranquilli. 

Lo squarcio nella dicotomia

Tra le leggende del passato e l’inevitabile ritorno al conflitto fra Primo Ordine e Ribellione, lo storico passato del brand collide in modo preponderante in questa trilogia finale, concludendo un cerchio aperto nella primissima filmografia. Il mondo si annichilisce in un groviglio di potere e terrore, mentre la speranza di libertà rimane attanagliata da chi la vuole dilaniare una volta per tutte. Cambiano i pedoni e la scacchiera, ma i fili della partita li tessono gli ideali che tanto ci hanno fatto urlare in questi anni. Alla fine di questo si tratta: passaggio del testimone, ma nel modo più glorioso possibile. Ognuno dei protagonisti a fine film si identificherà in un mentore e ne incarnerà i valori. La chiave di lettura di Star Wars: L’ascesa di Skywalker è proprio il ritorno dell’eroe, della speranza, ma anche la redenzione. “Laddove c’era conflitto, ora vedo pace” dovrebbe essere lo slogan definitivo per questa trilogia, capace di sfruttare la propria intelaiatura narrativa per farci mettere in dubbio ogni strada, e ci riesce piuttosto bene. Nulla è scontato: è forse il più grande merito della trilogia va proprio all’imprevedibilità. La fiducia riposta nella dicotomia formata da Rey e Kylo Ren nel loro gioco psicologico di conversione ad una delle due parti, trova ora il suo meritato lieto fine. Bisogna ammetterlo: non mi era chiaro dove volessero andare a parare e non mi stava affatto entusiasmando l’evoluzione dei protagonisti, eppure l’emozione in sala è stata così tangibile che a volte mi è mancato il respiro. Un duo poetico, da ogni punto di vista.

Il grido della speranza

Laddove la dicotomia tra i protagonisti apre a squarci narrativi davvero galvanizzanti, una vittoria agrodolce spetta invece agli altri. Se in passato la frivola metamorfosi dei singoli non era poi così marcata, qui ognuno si ritaglia un proprio spazio sul grande schermo. Siamo ben lontani dall’ammaliante fascino e carisma degli eroi originali ma, al di là di alcuni giudizi secondo me troppo frettolosi, mi sono trovato al cospetto di una squadra ben amalgamata. Non solo si tende la mano a risvolti intriganti, ma si lascia ampio spazio per l’elemento umano, vero protagonista di Star Wars: L’ascesa di Skywalker. La fumosa narrazione dei film precedenti ora giunge a una meritata destinazione, anche se con un pizzico di fatica. A malincuore mi tocca constatare che non tutti hanno il loro impatto quando il gioco si fa duro, e a livello emozionale, nel caso di alcuni personaggi secondi, non ci siamo proprio ed anzi, talvolta fungono da meri orpelli per il quadro di eventi generale. Una buona evoluzione certo, ma sicuramente non così memorabile. Le leggende del passato, che a lungo hanno ancorato la saga al loro destino, ora lasciano elegantemente il posto ai nuovi eroi, riuscendo egregiamente a staccare il cordone ombelicale che non permetteva l’ascesa dei novizi per la loro conclamata capacità di monopolizzare la scena. Un lavoro complesso e che non mi aspettavo riuscisse con tanto delicatezza, ma ne sono rincuorato. È tempo che sorgano le fiammanti stelle del futuro disneiano e, volente o nolente, bisognerà chiudere un’Era a suon di lacrime. A chiudere il cerchio vi sono una lunga carrellata di personaggi minori assai intriganti e dai possibili risvolti, che non solo addolciscono il climi teso del film, ma rimangono piacevolmente impressi nella mente per la vivida caratterizzazione.

La danza della Forza

A livello tecnico Star Wars: L’ascesa di Skywalker si presenta come una pellicola sontuosa e dal dirompente impatto su schermo. Impetuosi e maestosi, i vari paesaggi proposti come sfondo alle avventure e alle battaglie dei nostri beniamini bucano lo schermo per atmosfera e coinvolgimento. La grande varietà di colori e ambientazioni carica non poco la dose di pathos; dispiace però aver solo intravisto alcuni sfuggenti scenari ammirati anche nei trailer e che tanto avrei gradito contemplare. Troppo spesso sono solo un assaggio del clima unico di ogni mondo, ma sono fiducioso del fatto che alcuni di essi potrebbero tornare in futuro in funzioni diverse. Ipnotiche scene di coreografia e fotografia ruggiscono in sala in un tripudio di colori e scintille, dando man forte all’encomiabile recitazione e fascino di tutti gli attori. La sceneggiatura in diverse situazioni risente di forzature piuttosto evidenti, unicamente mosse ai fini della trama, anche se tutto sommato l’atmosfera piacevole del film ne scongiura ogni accezione negativa. Un mirabolante J.J. Abrams dunque, che non solo riesce a strappare più di una lacrima, ma che mantiene il ritmo dell’intero racconto calzante e godibilissimo, seppur con qualche difettuccio. L’unico vero passo falso della pellicola è stato il riciclare momenti memorabili dell’universo di Lucas, per poi riproporli in una veste su misura. Metterci la propria firma è sacrosanto, ma alcuni situazioni urlano al già visto e purtroppo, citandovele, incorreremmo nello spoiler.

Star Wars: L’ascesa di Skywalker è un film che, malgrado le confusionarie premesse dei precedenti, incarna alla perfezione gli ideali della saga. Le leggende della trilogia originale sono riuscite a tramandare egregiamente ai novizi i valori e l’eroismo che tanto bramavamo di ritrovare, mantenendo la propria dignità e vigore. Le briciole narrative seminate nelle ultime due pellicole ora marcano un sentiero ben delineato, in gran parte merito dell’interminabile lotta al dualismo tra Kylo Ren e Rey: duello che delineerà la metamorfosi finale di entrambi. Laddove sontuosi paesaggi sono lo sfondo perfetto alle pluripremiate musiche iconiche della saga, la sceneggiatura talvolta scricchiola per incisività e forma, lasciando all’entropia troppi avvenimenti. Non mancano i momenti di vuoto certamente, ma una regia ben orchestrata sopperisce ad alcuni problemi minori, siglando una fine dignitosa ed elegante a una saga decennale. L’opera non è solo piacevole da vedere e da vivere, cosa non semplice ai giorni nostri, ma si fa carico dell’edace fardello che condizionerà il futuro del brand. La completa formazione dei nuovi eroi è stata portata a termine senza dubbio e si apre il sipario su molti retroscena interessanti, che sicuramente saranno protagonisti di spin-off che – ci giochiamo la qualsiasi – sono già in cantiere e strizzano l’occhio al passato di alcuni beniamini. Il titolo non arriva all’eccellenza su carta solo perché i ritmi scanditi dalla sceneggiatura non convincono in diversi punti per incisività e, cosa imperdonabile a mio avviso, lo zampino disneiano ha calcato troppo la mano in alcuni contesti, riciclando emozioni troppo familiari ai più. Si conclude un viaggio, in un titolo che è stato capace di emozionarmi così tante volte che sarà difficile scordarmene. Si conclude un viaggio, che apre Star Wars a un meraviglioso e ineffabile periodo di incertezza, e se la forza è equilibrio, io ho avvertito un profondo squarcio nella dicotomia.

Sebbene abbia un nome così letterario, sin dalla tenera età egli matura un interesse per il genere RPG e quello fantasy, al punto tale da sognare di farne parte. Avete presente quei bambini che emulano l’onda energetica? Ecco, il suo sogno è invece quello di entrare nella realtà virtuale per lanciare lui stesso magie ai suoi nemici! Se non gli piace qualcosa, attenti, vi farà assaggiare la potenza degli elementi!