Inquadrare Paranoia: Happines is Mandatory non è stato certo un compito facile. L’opera di Black Shamrock e Cyanide Studio, pubblicata dai più noti ragazzi di Bigben Interactive, si voleva imporre del mondo dei GdR puri, fortemente ispirato ai primissimi Fallout ma anche a titoli più recenti come Wasteland o anche Disco Elysium, per citarne un altro. Tuttavia, Paranoia si pone l’obiettivo di offrire all’utente un mondo di gioco differente da quello di questi ultimi, riuscendo sì a caratterizzarsi rispetto gli altri dello stesso genere ma restando incapace di sfoggiare un suo carattere unico e distintivo.
Preparate il vostro sorriso migliore
Ma non fraintendete, perché Paranoia: Happiness is Mandatory riesce soprattutto nell’immergere i giocatori in un ambiente tanto ostile quanto profumato di un leggerissimo black humor – attenzione – senza mai sfociare nell’esagerazione. Dopo aver scelto nome e volto del nostro protagonista, purtroppo senza possibilità di modificarne le fattezze, veniamo catapultati fuori da quella che pare essere una vera e propria incubatrice. Scopriamo così che come ogni altro abitante di quella stazione non siamo altro che cloni, uomini artificiali ma che somigliano in tutto e per tutto a veri esseri umani. Per quanto possa sembrare strano, non è neanche questa la parte più stravagante di tutta la faccenda: quasi ogni personaggio presente in Paranoia pare aver accettato il pericolo di essere “terminati” da un momento all’altro per qualsiasi loro azione ritenuta “poco felice”, e così non si farà troppi problemi a lasciarsi scappare qualche battuta un po’ troppo macabra. Se c’è da ridere o meno, la decisione spetta a voi.
In Paranoia: Happiness is Mandatory la felicità è necessaria per la sopravvivenza. Chi è triste viene considerato come un traditore della stazione e sarà conseguentemente terminato nell’inceneritore, cosa che è proprio quello che pensate di aver capito. A capo dell’enorme struttura, l’Alpha Complex, in cui prendono luogo gli eventi del gioco c’è il Friend Computer, ovvero un enorme occhio in un altrettanto grande schermo. I riferimenti al Grande Fratello di 1984 di George Orwell, così come all’HAL di 2001: Odissea nello Spazio sono davvero palesi, ed è esattamente ciò che gli sviluppatori volevano sottolineare con il Friend Computer. Gli Agenti dell’Alpha Complex sono quasi costantemente osservati da questa entità superiore e si ritrovano spesso costretti a sorridere ed essere felici, sebbene la voglia di ribellarsi è sempre accesa durante tutta la storia.
Nei panni di uno di loro saremo così chiamati a guidare una squadra di risolutori di problemi di ogni sorta. Durante la nostra prima missione scopriremo così che qualcosa di strano sta accadendo ai robot del complesso e con il nostro team di aggiustatutto partiremo per una vera e propria avventura, tra una quest e l’altra, che ci porterà a scoprire la verità sull’Alpha Complex.
Sebbene la narrazione non riesca a gettare premesse interessanti, se non per gli amanti del genere, il gameplay si è rivelato essere capace di soddisfare anche coloro cui i GdR non fanno necessariamente gola. Muoveremo contemporaneamente un singolo personaggio o l’intero party all’interno delle mappe con visuale isometrica, non modificabile. Potremo muovere la visuale spostando la levetta sinistra o il mouse e quindi il relativo cursore su schermo, cosa che ci permetterà di prendere la mira su nemici specifici o anche di controllare i dintorni.
Quando entreremo in una stanza in cui è presente un robot da distruggere, però, si manifesterà un sistema di combattimento quanto mai incerto. In Paranoia: Happiness is Mandatory potremo scegliere tra due modalità di attacco, ovvero quella automatica e manuale. Se i nostri Agenti sono fermi vicino un nemico lo attaccheranno senza dover premere alcun pulsante, e con tanta facilità di abbasseranno per pararsi quando si trovano vicino dei ripari. Se invece preferite passare a un gameplay più tecnico e tattico, al contrario, potete premere in qualsiasi momento il tasto Y del controller per fermare il tempo e decidere quale mossa compiere con i singoli personaggi e con delle azioni selezionabili con le frecce direzionali o spostando il cursore con mouse in basso allo schermo. Inutile specificare che ogni Agente avrà le sue caratteristiche e mosse, ma ciò che ci teniamo a far notare è qualcosa che davvero non ci saremmo aspettati.
Paranoia: Happiness is Mandatory ha un tutorial completamente da rivedere, e lo diciamo senza troppi giri di parole. Quando crederete di aver appreso abbastanza per potervi gettare sul campo di battaglia vi renderete conto che il gameplay è invece reso più complesso da meccaniche di gioco che non vengono mai spigate. La frustrazione sta nel rendersi conto che determinati eventi non sono bug o glitch, bensì delle vere e proprie dinamiche che restano nascoste e che dobbiamo andar a notare dopo del tempo passato con il pad alla mano.
Ma non solo di questo: ciò di cui Paranoia soffre maggiormente è la mancanza di una sua identità caratteristica, senza parlare di meccaniche inedite e che possano differenziarlo dalla concorrenza. L’opera non riesce ad eccellere in nulla, sebbene le premesse si erano rivelate essere buone sin dall’annuncio, e questa è una cosa che – con tutta onestà – ci dispiace molto. Il setting in cui siamo stati catapultati aveva un potenziale molto interessante, e non a caso è ciò in cui il gioco riesce a identificarsi meglio. Ma non mancano bug che vi costringeranno a ricominciare dall’inizio una missione, causati molto spesso dal riprendere la partita dove l’avevamo lasciata.
Interessante è invece il comparto grafico, realizzato puramente in cel-shading e idoneo a un contesto generalmente scherzoso, anche se è evidente come sia stata riposta poca attenzione nei disegni dei personaggi, in quanto carenti di animazioni. Peccato anche per il level design, che purtroppo non eccelle né in direzione artistica né in struttura, e risulta essere spesso fin troppo scontato.
Insomma, chiaramente si poteva fare molto di più e forse sarebbe bastata qualche accortezza per rendere Paranoia: Happiness is Mandatory un’opera indie da ricordare. Siamo sicuri che qualche mese di sviluppo in più avrebbero giovato perché si sa, realizzare un GdR puro non è certo un’impresa da poco. Apprezziamo il coraggio che i ragazzi di Black Shamrock e Cyanide Studio sono stati capaci di dimostrare, questo non può essere negato, ma forse troppi elementi, dinamiche, meccaniche ed eventi sono stati dati per scontato durante lo sviluppo, cosa che non ha affatto giovato sul prodotto finale. Un setting interessante, ma una triste interpretazione.