Avete mai pensato alla sostanziale differenza tra un farfalla e una falena? Scientificamente parlando non sono così diverse l’una dall’altra. Si potrebbe addirittura affermare che la falena è un’evoluzione della farfalla atta a vivere di notte. Lo si può capire dai suoi colori più scuri per mimetizzarsi, dalla peluria per non soffrire le basse temperature e per il modo in cui chiude le ali. Ora, ci siamo fatti un’idea di ciò che rappresentano questi insetti nella realtà, ma nell’immaginario comune come vengono visti? La farfalla è il simbolo dell’immortalità dell’anima. Viene sempre vista con malinconia e con speranza. Insomma, una vera e propria icona della luce. È triste invece pensare che la falena venga, da tempo immemore, percepita come una creatura che presagisce eventi nefasti. Il suo stretto legame con la notte ha sempre portato gli uomini a identificarla come qualcosa di maligno, quando in realtà pochissime culture ritenevano il contrario. La falena è sinonimo di sopravvivenza non di inganno o male: è semplicemente una farfalla che ha imparato a vivere in un ambiente più rigido e severo rispetto alla propria controparte diurna. In un certo senso quindi potremmo vedere questi due lepidotteri come due facce della stessa medaglia. Ed è proprio quello che Bloober Team ci invita a fare nel suo nuovo ambizioso titolo: The Medium. Si è parlato molto di questo progetto, sin dal suo reveal trailer ricco di mistero e immagini a dir poco mozzafiato. Ora è giunto il momento di parlarne e di analizzarlo. Noi di GamesVillage abbiamo avuto la possibilità di giocare la versione PC, ma è anche disponibile su Xbox Series X|S dal 28 gennaio 2021.
The Medium e la storia di Marianne
“Tutto comincia con una ragazza morta” ecco l’incipit della trama di The Medium. La storia segue le vicende paranormali di Marianne, una ragazza dotata di poteri sovrannaturali che le permettono di vivere in due realtà nello stesso momento. Questi universi, collegati tra loro da un tipo di energia, rappresentano il mondo reale e quello degli spiriti. Il compito della nostra protagonista è quello di liberare le povere anime bloccate a metà, per far trovare loro pace. In un certo senso Marianne è una mediatrice tra i due universi. Dopo una telefonata che potrebbe cambiarle la vita per sempre, e non avendo alcuna memoria della sua infanzia, la ragazza decide di intraprendere un viaggio alla ricerca del proprio passato e di risposte ormai sepolte. Le sue ricerche la portano all’Hotel Niwa, luogo dove in passato è avvenuta una disgrazia che ne ha colpito i residenti. Le anime ancora intrappolate nel mondo degli spiriti possono essere salvate da Marianne, ma alcune non sembrano voler collaborare. The Maw, ad esempio, è un mostro che si ciba del proprio contenitore indossandone le vesti umane e che ha intrappolato molti spiriti dell’albergo. Riuscirà Marianne a salvarsi e ad aiutare le anime a trovare la luce?
Sebbene la premessa iniziale fosse interessante, con il pad alla mano parte della magia che ci offuscava la mente su The Medium si perde. Le prime ore di gioco riescono a mantenere quella sensazione che un buon horror psicologico dovrebbe sempre avere ma, man mano che si prosegue con la narrazione, il titolo di Bloober Team inizia a zoppicare. Non ne avremo fatto un dramma se la storia non fosse stata così importante, ma qui sfortunatamente ricopre un ruolo chiave. Senza gli eventi che costituiscono The Medium, avremmo solo il gameplay di cui parlarvi. Il problema principale che si lega alla storia, e a come questa viene esposta, si potrebbe attribuire alla struttura stessa, a tratti troppo banale o già vista. Delle volte persino la voce della protagonista risulta esageratamente presente e spesso stona col momento, perlopiù toccante che stiamo vivendo. Ma, a detta nostra, il torto peggiore è stato fatto durante le fasi finali dove si percepisce la fretta con cui si è arrivati alla conclusione. Un vero peccato perché The Medium funzionava molto bene proprio grazie alla sua lentezza che intrecciava trama e gameplay.
In quanto a storytelling, The Medium ricalca alcune ideazioni tipiche ormai degli horror: abbiamo un Inventario, dei documenti da leggere e dei puzzle da risolvere per sbloccare una nuova area. In questo senso non è sbagliato l’approccio che il team di sviluppo ha voluto utilizzare, soprattutto se poi ne hanno espanso le possibilità tramite la loro innovativa meccanica chiamata Dual Art. Essendo una medium, Marianne può sentire l’eco degli spiriti, ovvero dialoghi perduti nel tempo, ma mai dimenticati da alcuni oggetti ben precisi. Si dice, infatti, che tutto parta dalle nostre emozioni e che se fossimo arrabbiati durante una telefonata, le sensazioni che staremmo provando si ripercuoterebbero sul nostro cellulare e, una volta deceduti, resterebbero lì a meno che il nostro spirito non avesse trovato pace. Utilizzando a proprio vantaggio questa capacità, Marianne può capire ciò che è accaduto alle povere anime dell’Hotel Niwa per aiutarle a scappare dalla prigione che The Maw ha creato nell’edificio stesso.
Un nuovo tipo di arte di gameplay
Finalmente è giunto il momento di parlare delle meccaniche di gioco di The Medium e di questa feature mai vista prima. La Dual Art, o Dual Reality, è possibile grazie alle nuove tecnologie presenti nelle console next-gen e nei PC di fascia più alta. Senza questi elementi non avremmo mai potuto raggiungere uno dei fattori più interessanti ed efficaci nel gioco. Marianne, come già accennato, può vivere simultaneamente nei due mondi. Questo aspetto del suo potere ci permette di giocare in entrambe le realtà contemporaneamente. Delle volte troveremo degli oggetti importanti nel mondo reale, altre in quello degli spiriti, altre ancora ci dovremo soffermare su alcuni enigmi ambientali… e così via. Marianne può persino vivere un’esperienza extracorporea per risolvere dei puzzle più spinosi o per aiutare alcune anime tormentate. Inoltre, sono presenti delle fontane di energia che lei può assorbire. L’energia del mondo spirituale però non è come l’elettricità che noi conosciamo. Questa si amplifica e si alimenta tramite le emozioni, ma può essere utilizzata per caricare dei generatori mal funzionanti. Insomma, per farla breve: ogni nostra azione in un universo si ripercuote anche nell’altro.
The Medium, secondo gli sviluppatori stessi, non va vinto ma vissuto. L’orrore e l’inquietudine che deve farci provare è più importante di tutto il resto. Proprio per questo motivo non ci sono elementi action nel gameplay, se non contiamo le fughe. Il titolo a tratti potrebbe sembrare persino un walking simulator se non ci fossero delle azioni da dover compiere e se, per queste azioni, non dovessimo usare un minimo di ingegno. Proprio come accade per la storia anche il gameplay parte in quarta con una serie di meccaniche interessanti da dover imparare e sfruttare a nostro vantaggio. Oltre all’energia che può essere infusa nei generatori, creando quindi dei piccoli enigmi a tempo per far ripartire la corrente nel mondo reale, sono presenti anche dei puzzle ambientali. Sfortuna vuole che molti di questi vengano mostrati durante i trailer o i “dietro le quinte” del canale ufficiale di Bloober Team, e ne restino pochi ancora irrisolti e sconosciuti.
The Medium e la telecamera persecutrice
Abbiamo già potuto parlare di questa feature in un nostro articolo ma, data la sua importanza, la telecamera necessitava di un paragrafo a parte. Partiamo col dire che questa non è statica, ma si muove e ci accompagna durante le nostre perlustrazioni. Cambia prospettiva e angolazione permettendoci di scovare indizi o forme inquietanti che altrimenti, se avessimo avuto il controllo, avremmo sicuramente perso. Nonostante possa sembrare una scelta ormai datata e in disuso, dove solo i vecchi Silent Hill e Resident Evil la utilizzavano, in realtà rende ancora più particolare il gameplay. La sensazione di essere pedinati e osservati, e quindi l’inquietudine che ne scaturisce, è possibile solo grazie a questo piccolo stratagemma. Le forme e le figure mostruose che alcuni oggetti dell’ambiente formano, a causa della loro ombra o del buio circostante, non sarebbero mai potuti esistere senza questa feature. Sfortunatamente, alcuni movimenti sono piuttosto macchinosi e delle volte le direzioni intraprese dal giocatore vengono modificate a causa del cambio di camera. Perciò sì, ha anche dei difetti. Ma a livello artistico ed evocativo funziona perfettamente, rendendo l’esperienza ancora più immersiva.
In realtà la decisione riguardo la telecamera semi-fissa era necessaria per non far sentire male i giocatori stessi. Bloober Team stessa ha affermato che, in fase di testing, c’erano stati parecchi pareri discordanti riguardo questo elemento, a dir poco, focale. Infatti, a quanto pare, durante le fasi di Dual Reality diventava davvero difficile controllare i movimenti di Marianne con la visuale in terza persona. Per questo motivo si è optato per questo limite che poi ha contribuito a rendere il gameplay ancora più originale. C’è anche da aggiungere però che forse, a livello visivo, un POV in prima persona avrebbe potuto agevolare il tutto. L’unico problema in quel caso sarebbe andato a pesare sul lavoro dei modelli, soprattutto quello della protagonista, che avremmo potuto vedere solo durante le cutscene.
Beksiński incontra Yamaoka e Reikowski
Sin dal primo reveal trailer, era nata questa curiosità comune sul mondo di The Medium. Con una colonna sonora dove si percepiva immediatamente lo zampino del maestro Akira Yamaoka, le immagini su schermo mostravano una chiesa, una donna incinta che pregava e un uomo fuori dall’edificio; elementi che troveranno una spiegazione approssimativa nel gioco stesso una volta finito. Per quanto riguarda gli scorci con cui quei pochi minuti ci abbagliavano, si poteva vedere una città distrutta, anzi consumata dalla sabbia e dal tempo, un vento incessante e delle creature ancestrali e paradossalmente affascinanti. Questo luogo non è altro che il mondo degli spiriti in cui Marianne può entrare per svolgere alcune mansioni e raggiungere degli obiettivi. Un posto deserto, abitato solo da anime perdute in cerca di pace che però imprigiona anche dei mostri ormai deteriorati, come The Maw appunto.
Per il periodo storico a cui The Medium si riferisce, la scelta di concedere un’intera parte del gioco alla dimensione spirituale era doverosa e soprattutto doveva contenere un significato molto importante. Proprio per questo motivo, l’idea di prendere spunto dall’artista visionario Zdzisław Beksiński, a detta nostra, è perfettamente pertinente con i temi trattati e, soprattutto, non si era mai vista. Legare alla base due tipi di arte quali il videogioco e la pittura è stata una decisione coraggiosa e altamente apprezzabile. Grazie all’engine next-gen possiamo passare da una realtà all’altra in maniera fluida e le immagini di entrambi in mondi sono indimenticabili. Da una parte abbiamo un Hotel ormai distrutto dalla flora e dai tragici eventi che si sono consumati al suo interno, ricordando molto un’ambientazione quasi post-apocalittica, con strade distrutte, auto polverose e pezzi di pavimento cadenti. Dall’altra c’è una controparte dove i colori caldi quali il giallo, arancione e marrone prendono il sopravvento, proprio come nei quadri di Beksiński, con edifici organici pieni di ragnatele o veli che li ricoprono e che sembrano ricordare lo scheletro stesso dei palazzi.
Il comparto visivo non riuscirebbe a funzionare completamente se non fosse accompagnato da una perfetta colonna sonora. In The Medium abbiamo una vera e propria collaborazione tra cultura giapponese e polacca che si intrecciano, come i filamenti delle cattedrali del mondo degli spiriti, dando vita ad una composizione impeccabile. Dai tipici rumori che ogni horror che si rispetti dovrebbe contenere, fino ad arrivare alle vere musiche presenti nelle OST: tutto funziona, senza se e senza ma. Questo egregio lavoro è stato compiuto da Akira Yamaoka (Silenti Hill) e Arkadiusz Reikowski (Blair Witch, Layers of Fear, Observer), due grandi compositori acclamati da pubblico e critica. I suoni che si percepiscono nel mondo degli spiriti e soprattutto l’assordante silenzio che perseguita Marianne durante le sue indagini, sono opera del leggendario Yamaoka. Mentre Reikowski ha pensato al mondo reale, con le musiche più malinconiche dell’Hotel Niwa e la stessa theme della protagonista.
Troy Baker e l’interpretazione di The Maw
Troy Baker è diventato, nell’arco degli ultimi anni, una delle punte di diamante dell’interpretazione nel medium videoludico. Grazie al suo ruolo principale in The Last of Us e Uncharted è riuscito a spiccare il volo, diventando un attore rinomato e altamente apprezzato da pubblico e critica. Tramite il suo talento riesce a modificare il timbro della propria voce trascendendo genere, età e carattere dei personaggi a lui assegnati. Proprio per questo motivo, quando fu annunciata la sua collaborazione con The Medium molti fan erano entusiasti all’idea di vedere le sue doti espressive in un titolo horror. L’unica pecca che si può attribuire alla sua presenza in questo nuovo lavoro firmato Bloober Team è il tempo a disposizione per l’attore. Baker interpreta magistralmente uno dei mostri principali di The Medium, ovvero The Maw. Un essere spregevole che modifica il tono in base al momento. In alcuni casi è freddo, severe e gutturale, pronto ad attaccare Marianne quando meno se l’aspetta. In altri è giocoso, vivace e inquietante; ciò crea un dualismo nella sua personalità causato sicuramente dall’estremo utilizzo dei corpi che ha “indossato”. A nostro modesto parere, avremmo voluto vederlo di più sullo schermo, anche per come ci veniva mostrato nei video ufficiali del canale YouTube. Un maggiore spazio a questo personaggio avrebbe solo giovato a The Medium, innalzando l’asticella del terrore che le fasi in sua compagnia riuscivano a trasmettere.
In conclusione, The Medium ci ha convinto? In parte sì, perché risulta un’esperienza ben strutturata che sicuramente gioca bene le sue carte a tema horror. Non ci sono troppi jumpscare e il terrore si genera perlopiù grazie ai suoni e all’ambiente piuttosto che con i soliti escamotage. Ma sfortunatamente ha alcuni lati negativi che rovinano l’esperienza. Partendo dallo stesso gameplay, innovativo e interessante, ma a tratti macchinoso e purtroppo ripetitivo; passando per una storia all’inizio molto intrigante che si va a perdere nella conclusione, velocizzandosi troppo; e andando a finire con le emozioni che dovrebbe farci provare. Sicuramente resta un titolo da dover provare assolutamente, soprattutto per gli amanti del genere prettamente narrativo e horror. Gli appassionati del terrore troveranno quest’esperienza poco paurosa, ma certamente inquietante grazie alle suggestive ambientazioni e alle musiche perfettamente in sintonia con il mondo reale o spirituale, in base al momento. Non volgiamo quindi vederla come una sconfitta, ammettiamo solamente che avremmo voluto forse qualcosa di più. Ma siamo certi che in futuro Bloober Team porterà sempre più titoli come questo, imparando dagli errori commessi e abbracciando invece l’inventiva che ha reso The Medium un soggetto da studiare e apprezzare.