Nelle sale da questo fine settimana, grazie a Vision Distribution, arriva Brado, opera terza dell’attore e regista Kim Rossi Stuart, nonché libero adattamento del volume scritto di suo pugno dal titolo Le guarigioni (Ed. La nave di Teseo). E, infatti, apertamente dedicato al padre, Brado (che prende il nome dal ranch che fa da protagonista reale e morale a tutto il film) scava a fondo nel rapporto conflittuale ma profondo tra un padre e un figlio legati dall’amore per i cavalli e per la libertà, e indaga attraverso il suo carattere da western esistenzialista le ferite e le guarigioni dei rapporti più stretti, più intimi, nella loro volubile capacità di essere tanto salvifici quanto fatali. Un film che esplora le ragioni della vita e della morte, e che s’interroga sulla paternità/genitorialità, su quel ruolo di guida che può da un lato proteggere ma che dall’altro deve, in un modo o nell’altro, preparare alle insidie della vita, rendere l’individuo pronto ad affrontare il suo personale percorso a ostacoli. Dotato di grande cuore e una certa dose di realismo, Brado cavalca il terreno sempre scosceso e impervio della vita, restituendo la misura di un legame che trova nelle pieghe più profonde del suo conflitto la forza (forse) per rinascere.
Questa la sinossi della pellicola:
Un figlio che non voleva più avere niente a che fare con suo padre, è costretto ad aiutarlo a mandare avanti il ranch di famiglia dopo che questi si è fratturato alcune ossa. I due si ritrovano per addestrare un cavallo recalcitrante e portarlo a vincere una competizione di cross-country, ma allo stesso tempo provano a sciogliere quel grumo di rabbia, ostilità, rancore, che ha impedito loro per tanto tempo di essere vicini. È un difficile percorso a ostacoli quello che deve compiere il cavallo, ma anche quello che devono affrontare i due per ricostruire l’amore e la vicinanza che avevano perduto. In questa impresa li aiuterà un’addestratrice di cavalli, di cui il giovane si innamora.