In questa recensione di Gungrave G.O.R.E. avrei voluto parlarvi in modo più entusiasta di questo sequel di una serie tanto trash e “divertente”, a modo suo, targata anni 2000 (ma cementata negli anni ’90). Invece, purtroppo, Gungrave G.O.R.E. si rivela un titolo assurdamente piatto, datato e che può trovare giocatori interessati a portarlo a termine solo tra i fan più accaniti del franchise Gungrave. Dall’inizio alla fine del pellegrinaggio mortifero di Grave, il silenzioso protagonista, armato di pistole e… di una “bara-fucile”, Gungrave G.O.R.E. si gioca, si percepisce, si vede e si sente come fosse una remaster, più che un gioco del tutto nuovo. Come se il tempo intorno a voi, alla vostra console e al gioco si fosse fermato, e avesse iniziato a scorrere all’indietro portandovi in un’era videoludica diversa: defunta, se lo chiedete a me. E per delle buone ragioni. Non basta più avere violenza esagerata e quasi insensata, non è più sufficiente accarezzare il giocatore con una miriade di nemici da squartare quasi “a la musou”, per stimolarlo a proseguire nella narrazione di una trama così ridotta all’osso da essere quasi inesistente. Soprattutto, non è più ammissibile far ripetere identici a sè stessi livelli su livelli su livelli, costruiti con una linearità da sparatutto su binari, giustificandosi con la “fedeltà al materiale originale”. Se persino un mostro sacro come Final Fantasy 7 è riuscito a cambiare gameplay (e persino STORIA) in barba alla “nostalgia canaglia”, chiunque può quantomeno tentare un’evoluzione. Tentativo che Gungrave G.O.R.E., stoico quanto il suo protagonista (anche lui invecchiato molto male), ha rifiutato con risultati evidentemente insoddisfacenti.
A chi è diretto Gungrave G.O.R.E.?
Facciamo un passo indietro, e in questa recensione cerchiamo anzitutto di inquadrare Gungrave G.O.R.E. nel panorama, ampio e multimediale, del suo storico passato. Inizia tutto con Gungrave, titolo per PS2 del 2002 che obiettivamente, nel panorama dell’epoca, suscita un certo scalpore con un gameplay frenetico, una storia semplice che non si “infila” mai nelle questioni ludiche più del dovuto, e una serie di personaggi che sembrano tirati fuori da un anime carismatici, stilosi ed esageratamente trash. Ma ehi, erano gli anni giusti per tirare fuori un prodotto del genere, il cui successo è confermato, un anno dopo, dalla produzione di un anime (era quindi il 2003) che rimaneggia quanto basta la storia del protagonista, Grave, per permettergli di spiccicare un paio di parole tra una sparatoria e l’altra. Visto che l’anime e il gioco andarono bene, poi, sono seguiti titoli francamente più dimenticabili: Gungrave Overdose e Gungrave VR; che però, va detto, non lasciano i fan dell’ormai franchise multimediale Gungrave. Si sparava? Si sparava. Il protagonista era sempre un ex-hitman ucciso, resuscitato, vestito come se The Undertaker (il wrestler) fosse un personaggio anime giapponese? Lo era. E il nemico da combattere era rimasto ancora la malvagia associazione semi-mafiosa e ricchissima, capitanata da un mix tra il Dottor X di Action Man e Kingpin della Marvel, intento a inondare di droghe sintetiche il mondo mentre fuma il sigaro in penombra? Potete scommetterci.
Se leggendo queste poche righe della recensione di Gungrave G.O.R.E. siete casualmente inciampati negli anni ‘90, direi che avete compreso non solo quanto Gungrave fosse un titolo interamente costruito sui gusti, i trend, la moda (anche estetica) del periodo storico in cui è stato rilasciato. Il problema è che, felici o no che sin sia di questo fatto, gli anni ‘90 ce li siamo lasciati alle spalle da tanto, non solo a livello di spazio-tempo. Proprio intendendo quel tipo di estetica, valori non-valori, malvagi gruppi di cattivi anonimi con un solo elemento riconoscibile: il capo. O ancora, scendendo nel tecnico: quei videogiochi tutti concentrati sul recapitare un unico tipo di intrattenimento, di sensazione, di missione e procedimento all’interno della struttura e del level design. Level desing che, poi, un po’ per limiti dell’epoca un po’ per far concentrare il giocatore sui personaggi, non brillava certo di varietà, complessità o eleganza. Semplicemente, brutalmente se volete: tutto questo non funziona più. E gli sviluppatori di Gungrave G.O.R.E. ce l o hanno spedito dentro la console come fosse una VHS, immutato e immobile. Per loro stessa ammissione, gli sviluppatori hanno tarato Gungrave G.O.R.E. sui gusti del fandom in trepidante attesa di un sequel che li catapultasse di nuovo in questo magico mondo che vi ho appena descritto (e nel quale sono cresciuto n.d.r.). Senza toccare niente, o quasi, dell’ossatura tecnica (gameplay, level design, direzione artistica) di Gungrave. Quasi come se non si potesse fare un titolo che BASANDOSI sugli anni ‘90 e i loro mutanti, le loro droghe cattive e fluorescenti, il gusto per il trash, la violenza e l’esagerazione, ne evolvesse il gameplay e la tecnica.
Anche fosse stata una scelta autoriale, però, come mi è capitato di confessarvi nella recensione di Deadly Premonition 2 su questi lidi, accettarla e valutarla come tale per tutti i tipi di giocatore sarebbe scorretto. Un gioco datato, volutamente o no, resta datato. Anche se ad acquistarlo è un fan di quel suo essere “datato”. Pertanto capite che nella posizione di chi vi scrive, pur riconoscendo la volontà degli sviluppatori di non discostarsi da un prodotto pensato per rievocare le stesse emozioni di un tempo, non c’è spazio per la nostalgia. Se non, appunto, nel dirvi che se vi riconoscete nel fandom di Gungrave, o anche solo chi negli anni ‘90 si fosse perso questa perlina trash del videogioco, probabilmente il voto in calce a questa recensione di Gungrave G.O.R.E., per voi, può serenamente alzarsi di qualche punto. Ma tutti gli altri, i giocatori che intendono avvicinarsi al franchise, i giocatori attratti dalle cutscene obiettivamente di qualità viste nei trailer, dal design del protagonista (che però dovrebbe stare attento, a forza di portare quella bara sulla schiena gli è venuta una discreta gobba): pensateci bene. Non avete di fronte un remake, una remaster, ma un gioco nuovo, sviluppato per uscire nel 2022. Siete sicuri che da un titolo così non volete qualcosa di più, non dico moderno, ma… coerente con la modernità?
Una pallottola arrugginita
Un conto è citare il passato, un conto è farcelo rivivere a forza, proponendo, oltre alle citazioni, anche le problematiche che la tecnologia attuale e il cambiamento di gusti, valori e tendenze hanno permesso di risolvere, od ovviare. Gungrave G.O.R.E. è una pallottola datata, arrugginita nel cuore stesso del suo essere videogioco. I movimenti del personaggio sono lenti e meccanici, costretti lungo assi cartesiani piuttosto che lasciati liberi. Lo si nota schivando, e dovrete schivare molto, lo si percepisce quando si usa il rampino per prendere un nemico e usarlo come scudo. Ma la ruggine è infestante e non si attacca solo sui movimenti, il gunplay. Arriva a colpire anche il level design e la direzione artistica, entrambi fermi ai “corridoi infiniti” e a texture, particellari (le esplosioni… meglio non parlarne) anacronistici. Persino ciò che, rispetto al passato, si è cercato di innovare sembra “vecchio”. Il pool di mosse del protagonista è di impiccio all’azione pura che il titolo voleva conservare, e permettere di migliorare Grave evolvendolo lungo un albero di abilità più variegato e ramificato non fa altro che rendere la scelta della difficoltà obbligata su “difficile”. A normale, infatti, già senza alcun potenziamento è quasi impossibile morire. Le boss fight, infine, non sono altro che lunghe battaglie trascorse sparando a una spugna che assorbe tutti i nostri colpi artificialmente, fino a esplodere dopo essersi esibita in pochi, e poco scenografici o pericolosi, pool di movenze.
Vorrei approfondire il discorso spiegandovi che, a ben guardare, sbloccando più movenze e potenziamenti, sfruttando i quattro slot “speciali” in dotazione, volendo dare fondo a tutte le abilità che Grave indubbiamente possiede, in effetti il protagonista, e noi che lo controlliamo, ha a disposizione un moveset più che vasto: vastissimo. Può fare fuoco semplicemente sparando davanti a sè (mirando automaticamente verso il nemico più vicino); decidere a chi sparare mirando precisamente verso un solo target; schivare, e mentre schiva decidere se sparare o meno al target più vicino; usare le quattro mosse finali per eliminare orde più rognose, recuperando anche vita in proporzione al numero di avversari uccisi. O ancora: fare fuoco a 360 gradi tutto intorno a sè, in stile Reaper di Overwatch, magari mentre si è potenziato (nei danni e nella cadenza di fuoco) sfruttando delle apposite cariche che si ottengono eseguendo combo più lunghe. Senza contare che possiamo, e spesso dobbiamo, anche eseguire delle mosse finisher e prese su nemici storditi per recuperare un po’ del nostro scudo. Ovvero, uno strato difensivo che ci ripara e si rigenera da solo a meno che non veniamo colpiti più volte di seguito. A quel punto, lo scudo sparisce, e al posto suo iniziano a scendere gli HP di Grave. Pensate: ci sono anche altri colpi di cui non vi ho parlato: caricati con le pistole, fisici usando la bara come ariete, in salto, ecc.. Ma anche sapendo tutto quello che vi ho scritto fin qui, come vi ho già detto, in modalità normale basterà sparare dritto e tutto andrà per il meglio. Mentre giocando a difficile, sarete costretti sempre a schivare a ripetizione sparando nel frattempo, e basta. Ogni altra mossa vi esporrà nella maggioranza dei casi a un fuoco incrociato tanto fitto da impedirvi di portarla a termine. “Tanto rumore per nulla” direbbe qualcuno.
Piattaforme: PS5, PS4, Xbox One, Xbox Series X/S, PC
Sviluppatore: Iggymob
Publisher: Prime Matter, Plaion
Se salvo (in corner) Gungrave G.O.R.E. in questa recensione, quindi, è solo perché, in fondo in fondo, il mio essere un figlio degli anni ‘90 mi ha permesso di trovare qualche scintilla di intrattenimento qua e là: nella soddisfacente animazione di presa per esempio, o nell’assurdità dei dialoghi tra i comprimari e il protagonista (che poi, se lui non risponde mai possiamo dire che sia un dialogo? O è piuttosto un monologo?). Dialoghi che, altro punto a favore del gioco, sono splendidamente doppiati sia in inglese che in giapponese. Pur non essendo un fan del franchise, insomma, da contemporaneo alla serie ho trovato qualcosa per cui valesse la pena giungere fino ai titoli di coda, circa 11 ore dopo la cutscene iniziale. Ciononostante, non posso che valutare Gungrave G.O.R.E. piuttosto negativamente, in virtù di tutta la ruggine che lo infesta e ne impedisce la fruibilità da parte di chiunque non abbia lo stomaco di reggere un gioco pesante, lento e datato. Forse sarebbe stato meglio che gli sviluppatori seguissero il loro cuore, e proponessero un Gungrave G.O.R.E. in salsa souls-like (come alcuni leak suggerivano prima del trailer d’annuncio). Così com’è adesso, Gungrave G.O.R.E. è una vestigia di un passato morto e sepolto. Resuscitato come il protagonista, certo: ma a quale prezzo?