Se nel tempo abbiamo avuto modo di conoscere la definizione di follia grazie ad un noto sparatutto open-world del 2012, oggi c’è un nuovo titolo pronto a riscrivere i canoni di quel termine, nonostante lo avesse già fatto in passato, ma c’è sempre spazio per rincarare la dose, giusto? Goat Simulator 3 incarna proprio il concetto di follia videoludica in un sandbox che ci mette nei panni di una capra, esattamente come il predecessore. No, non esiste un Goat Simulator 2, il che rafforza l’idea alla base del progetto di “simulatore di capra” sviluppato da Coffee Stain North e pubblicato da Coffee Stain Publishing, nonsense e sfrontato all’ennesima potenza, che non vediamo l’ora di raccontarvi nella nostra recensione dopo avervene parlato nella nostra anteprima, dove ci siamo messi nuovamente nei panni di Pilgor, la capra sfacciata e molesta del primo capitolo del 2014, che in questo sequel torna a distruggere tutto ciò che gli si para davanti, stavolta in compagnia di qualche amico caprino.
Goat Simulator 3: un sandbox senza regole
Una familiare e grottesca scena d’introduzione a bordo di un camion che richiama molto da vicino The Elder Scrolls V Skyrim contestualizza il nostro arrivo in una fattoria localizzata sull’isola di San Angora. Il primo impatto una volta liberi può essere spiazzante, poiché non c’è un vero e proprio obiettivo da raggiungere, dopotutto, quali sono gli obiettivi di una capra?
Entrati in quest’ottica, eccoci pronti a prendere a testate, leccare e distruggere ogni elemento su schermo come più ci aggrada, non prima di aver fatto tappa alla nostra personalissima base situata in una torre magica accanto alla fattoria. Questo luogo è a tutti gli effetti un posto sicuro che si amplierà al compimento di diverse azioni che sanciscono la progressione di gioco per dare vita ad una vera e propria corte reale. Effettivamente siamo liberi di fare ciò che vogliamo e andare ovunque vogliamo, ma alcuni obiettivi intrinsechi, detti istinti, ed eventi locali ci permettono di accumulare punti per migliorare la base e sbloccare accessori con cui personalizzare Pilgor. Insomma, il mondo è alla mercé di una capra in tutti i sensi, poiché potremo interagire con ogni cosa e innescare situazioni al limite dell’assurdo, con diverse sorprese ad attenderci.
Goat Simulator 3 in tal senso, non manca di citare diversi esponenti del mondo videoludico e della cultura pop, parodizzando su alcune iconicità che negli ultimi anni hanno scandito i diversi media, e lo fa davvero bene, proponendosi molto più estremo rispetto allo scorso capitolo. Ora il tutto è più grande, più folle, più caotico, e non che la cosa ci dispiaccia, dopotutto, dalle ottime basi del prequel le cose potevano solo che migliorare. Ad occhio potrebbe sembrare un more of the same e per certi versi è così, ma l’ampiezza dell’esplorazione e dei contenuti ci porta decisamente ad un sequel che vuole passare al livello successivo senza tradire le proprie origini.
Innanzitutto, le meccaniche di gioco son rimaste pressoché identiche, con la possibilità di dare testate di fronte a noi per colpire, usare la lingua per trascinare in giro qualsiasi cosa, effettuare acrobazie aeree e mettersi in uno stato di ragdoll. Fin qui nulla di nuovo, ma ciò che colpisce è la varietà delle situazioni proposte e dei gadget che è possibile utilizzare. Già dalle prime ore capiamo di che pasta son fatti i nuovi contenuti della produzione, con più di 350 elementi di personalizzazione al servizio di Pilgor, e altrettante chicche di natura atmosferica e ambientale che attraverso degli eventi specifici possono generare panico e delirio su schermo.
Si va dall’estetica alla funzionalità di alcuni accessori, importanti anche per spezzare la monotonia di un gameplay che può rendersi ripetitivo molto presto, mentre il piacere della scoperta è parte centrale dell’esperienza sandbox voluta dal team di sviluppo, che per arricchire ancora di più l’offerta e rendere più interessante e proficuo il tempo a San Angora mettono a disposizione dell’utenza la possibilità di giocare il titolo in cooperativa online con amici e in locale, per causare distruzione in compagnia di altre capre fino a 4 giocatori, che insieme potranno accedere a 7 minigiochi dedicati localizzati in vari settori dell’isola.
Quest’ultima si presenta vasta, piena di segreti e cose da fare, un complesso variopinto da esplorare in lungo e in largo come si preferisce in cerca di punti d’interesse che mutino gli equilibri e che ricompensino Pilgor con qualcosa di nuovo. Questa è la vera forza di Goat Simulator 3, che si concretizza nell’estrema libertà offerta negli approcci ludici e nel plasmare il mondo di gioco, gameplay che tuttavia può far venire noia presto se non si entra nell’ottica del tipo di gioco che si ha davanti. Interpretare il pensiero degli sviluppatori dinnanzi ai diversi eventi programmati è il vero nucleo dell’intrattenimento di questa terza (seconda) iterazione. Occorre scrutare ogni angolo in cerca di qualcosa che inneschi la scintilla creativa del giocatore, meglio se l’esperienza viene condivisa con qualcuno per farsi delle sane risate e aumentare esponenzialmente il tempo di permanenza a San Angora.
Finché si è impegnati in un obiettivo, anche personale, il gioco riesce nello scopo di intrattenere, ma i tempi morti tra un obiettivo e l’altro possono far uscire tutti i limiti della produzione, dove si ha la necessità di essere costantemente stimolati dal titolo, alla ricerca disperata di qualcosa da fare; i lati negativi di avere una mappa così grande, problematiche che il comparto multiplayer contribuisce a limitare enormemente, garantendo inoltre una maggior longevità ed espressività ludica. Come negli open world più classici, la mappa dispone di sezioni oscurate che andranno svelate grazie alla sincronizzazione delle torri magiche presenti in ogni macroarea, le quali garantiscono anche il viaggio rapido tra esse oltre che il canonico accesso alla propria base. Per i completisti entra in scena un numero assai elevato di collezionabili tra statuine e accessori, che in una mappa di molto più grande del predecessore avranno il loro bel da fare.
Se son capre…
Dal punto di vista tecnico, Goat Simulator 3 migliora nettamente la resa rispetto al predecessore pur mantenendo dei tratti distintivi, dove il colpo d’occhio ha sicuramente una marcia in più, potendo gli sviluppatori sfruttare l’approdo only next-gen per delle migliorie grafiche evidenti, ma l’impianto di base è indubbiamente quello del 2014, comparto da cui ad ogni modo non avremmo di certo preteso molto. La nostra prova su PS5 ha evidenziato una certa fluidità a 60 fps durante tutta la durata della prova, mentre non mancano i famigerati bug, presenza che sinceramente non sappiamo se sia negativa o positiva in questo contesto, i quali contribuiscono attivamente a rendere buffa e surreale un’esperienza che non vuole mai prendersi sul serio.
Il comparto audio fa il suo dovere senza infamia e senza lode, mentre vanno sottolineati i caricamenti fulminei sulla console next-gen di Sony. Un buon lavoro è stato svolto sui particellari, per un colpo d’occhio complessivo che non dispiace affatto se non ci si sofferma sui singoli aspetti grafici, che non rappresentano di certo un’avanguardia. In aggiunta, troviamo un caricamento delle texture talvolta non immediato e del pop-in ambientale evidente, non facendoci mancare diversi problemi di compenetrazione tra elementi, che al di là di una buona dose di ilarità non rendono mai critica l’esperienza.
Funzionano invece la gestione dell’illuminazione, che rende viva un’ambientazione colorata e colma di dettagli, e la fisica degli elementi in gioco, che reagiscono coerentemente come ci si aspetterebbe da un titolo simile, anche se non sempre le collisioni ci hanno convinto, e non è raro in questo senso ritrovarsi scaraventati a chilometri di distanza senza ben comprenderne il motivo. Apprezzate invece una maggior chiarezza e precisione dei testi in basso allo schermo che descrivono le singole azioni di Pilgor ai danni di qualcosa o qualcuno come se fossimo in un RPG, utili per comprendere bene a cosa corrispondono certe azioni che magari su schermo possono risultare poco limpide.
Piattaforme: PS5, Xbox Series X|S, PC
Sviluppatore: Coffee Stain North
Publisher: Coffee Stain Publishing
Era difficile prevedere l’uscita di un sequel di Goat Simulator, tantomeno di un Goat Simulator 3, che con un numero si beffa dell’industria, confondendo l’utenza meno attenta, e offrendo un sandbox più grande, più folle, e se vogliamo, più ambizioso. Non c’è spazio per orpelli tecnici o meccaniche profonde, nel nuovo titolo di Coffee Stain si fa baraonda, e tanta, dove l’immaginazione raggiunge vette che difficilmente si possono prevedere. L’espressività ludica di Goat Simulator 3 ci ha sorpreso in positivo, anche se dispiace che il numero elevato di contenuti e personalizzazione può non sopperire a monotonia e ripetitività, sebbene comunque un multiplayer intelligente sappia elevare l’offerta della produzione al quadrato e arginare gran parte dei problemi.