The Dark Pictures Anthology The Devil In Me Recensione: l’orrore diventa cinematografico

The Devil In Me

E infine ci siamo, un capitolo sta per chiudersi in casa Supermassive Games con il prossimo titolo in uscita relativo alla serie di titoli narrative horror standalone che hanno composto The Dark Pictures Anthology. Un lavoro che vediamo ora terminato e che possiamo provare nella sua interezza, dopo averlo messo alla prova poco tempo fa in un’ora circa di demo (qui trovate il nostro provato). Se nel tempo lo sviluppo dei titoli da parte del developer team ha dimostrato una qualità sempre più elevata, ma forse non estremamente soddisfacente, la vera domanda che ci siamo posti prima di affrontare The Devil In Me, quarto e ultimo titolo per questa prima stagione, è stata proprio relativa alla capacità di stupire e di migliorarsi ancora di più rispetto ai titoli precedenti. Quanta attenzione è stata davvero riposta nella realizzazione di questo quarto capitolo dell’antologia? Dopo averci offerto una panoramica più dettagliata sui singoli personaggi presenti nel gioco, possiamo ora raccontarvi con maggiori dettagli rispetto alla nostra precedente prova, ripartendo proprio da dove ci eravamo lasciati, con il fiato sospeso subito dopo aver assistito non solo alla (prima?) perdita di un membro del team e di aver scoperto, almeno in parte l’identità di chi sta tramando nell’ombra qualcosa di complesso. Vi raccontiamo tutto (o quasi, senza troppi spoiler) quello che abbiamo sperimentato, tra jump scare e altri colpi di scena nella nostra recensione di The Devil In Me, testato ancora una volta in versione PC.

The Devil In Me, una macabra vicenda a cavallo tra 1984 e Saw – L’enigmista

Riprendiamo le fila del discorso da un punto di vista narrativo guardando all’inizio della storia che abbiamo scoperto finora, di cui però in questa versione definitiva abbiamo scoperto fin dall’inizio dei nuovi retroscena. Il quarto episodio della serie, horror caratterizzato dalla narrativa ramificata sia in single player, che in cooperativa, comincia con una giovane coppia, Marie e Jeff, che nel lontano 1893 si stanno dirigendo verso il World’s Fair Hotel, una lussuosa location in Chicago, per soggiornarvi, mentre in paese si sta svolgendo una fiera importante. Al loro ingresso nell’hotel però, nessuno è pronto ad accoglierli. Solo dopo pochi istanti, fa capolino il proprietario, Henry Howard Holmes, un personaggio che non sembra farci presentire nulla di buono. Non passa molto tempo prima di assistere al nostro primo, duplice omicidio. E da lì, il balzo dal 1893 ai giorni nostri è immediato. Facciamo così la conoscenza del Curatore, colui che parla direttamente al giocatore sfondando la “quarta parete” e interpretato da Pip Torrens, attore che aveva già presenziato ai capitoli precedenti della The Dark Pictures Anthology. Sarà lui a darci diverse indicazioni sulle dinamiche del gameplay, che vedremo tra poco, oltre a svelarci a cosa servono quelle monete che, in un determinato momento della partita, i nostri personaggi troveranno. Sono gli oboli, ossia monete che venivano messe nella bocca dei defunti per pagare il dazio al “traghettatore”. Possiamo solo immaginare che si tratti dell’aldilà. Non un messaggio propriamente rassicurante. Potremo scoprirne di più solo quando Granthem Du’Met, proprietario della riproduzione del “Castello della morte” del serial killer Howard Holmes, invita la troupe della Lonnit Entertainment, per riportare alla luce le vicende del passato in un documentario del presente. I cinque membri della troupe però non sanno quali orrori li stiano aspettando in questo luogo, degno di entrare a far parte delle location dei titoli horror più spaventose (recuperate qui la nostra selezione), e dove la costante e inquietante presenza è dettata dagli animatroni

Le origini degli animatroni

La beta finiva con l’uccisione di un membro del gruppo, e proprio in quel momento siamo coinvolti in un momento dal sapore cinematografico, con quello che sembra essere il manipolatore di turno impegnato in un monologo diretto all’obiettivo della telecamera.  È in questo momento che scopriamo di essere vittime di un gioco bieco e perverso, una sorta di 1984 di George Orwell dove non solo siamo monitorati all’interno della residenza, ma siamo anche vittime di un gioco orchestrato in maniera macabra. Come ce ne accorgiamo? Con la scoperta che alcuni di questi animatroni, marionette robot controllate a distanza, assurdamente spaventose e che ci faranno venire la pelle d’oca, sono stati creati a immagine e somiglianza della squadra di protagonisti che andiamo a controllare di volta in volta. Questa è solo una delle tante componenti inquietanti di questo titolo, seguita dalle premonizioni, ossia appunto la possibilità di “vedere il futuro”, e in particolare prevedere la propria morte potenziale. Ci sono diverse possibilità di percorrere la storia, proprio perché parliamo di narrativa ramificata, e alcune di queste vie possono condurci alla sopravvivenza, così come alla fine dei nostri eroi. Visualizzando determinati oggetti, potremo sbloccare queste visioni, così come la raccolta dei sopracitati oboli ci consente di completare i diorami. Questi ultimi, raccolti in una apposita sezione del menu principale, mostrano i diversi momenti salienti di ciascuna fase di gioco. E non è il solo dettaglio che arricchisce l’esperienza di The Devil In Me: come avevamo già osservato nella prova precedente, il titolo gode di una notevole ricchezza di opzioni, come il recap delle inclinazioni del nostro personaggio, a seconda delle scelte compiute durante i dialoghi con gli altri e delle azioni nei confronti degli altri. All’interno del menu di gioco infatti, possiamo accedere a diversi contenuti, come l’albero dei segreti, che andiamo a sbloccare di volta in volta quando otteniamo indizi, o ancora l’elenco dei rapporti che ciascun personaggio tiene con gli altri, caratterizzati appunto in base alle scelte compiute nei progressi di gioco. Un’altra opzione disponibile è l’elenco delle scene selezionabili tra quelle che abbiamo già vissuto, accanto alla lista degli obiettivi che dobbiamo raggiungere presente nel menu di gioco quando mettiamo in pausa.

The Devil In Me… e nei nostri amici

Lo ammettiamo, The Devil In Me è decisamente una storia lunga e complessa, ricca di dettagli, talvolta fin troppi. La cura riposta nella narrazione è notevole, ma un po’ meno lo è stata quella dedicata all’aspetto più tecnico in sé, come vedremo tra poco. L’attenzione al dettaglio, alla dispersione di piccoli indizi che si uniscono man mano come le tessere di un puzzle sono davvero tanti e non sfuggono a un occhio attento, anche se a volte si dilunga un po’ troppo il racconto, rendendo alcune fasi esplorative ripetitive sia negli schemi di gioco, che nel contenuto offerto. Stavolta inoltre, a differenza del provato che abbiamo testato in precedenza, è stata sbloccata la modalità cooperativa, sia online che locale. La prima è Serata Condivisa, dove possiamo giocare online con un solo nostro amico; la seconda è Serata Al Cinema, dove però dobbiamo scambiarci il controller con altri amici in locale, da 2 a 5 in totale. I nostri amici però potranno selezionare solo uno dei componenti della troupe, nessun altro previsto, nemmeno Jeff che incontriamo all’inizio della storia. Con poca coerenza però, a nostro avviso, il giocatore 1 si trova selezionato di default Marie, per quanto il marito non possa essere presente. Qualche pecca, oltre alla scomodità di dover scambiarsi un solo controller tra diversi giocatori e non poterne collegare nemmeno due alla console in modalità co-op fisica, ma che ci consente di riavvolgere il nastro e ripartire da capo con la storia, vivendola attraverso diversi punti di vista e con un’esperienza leggermente differente.

Un’ottima qualità grafica, accompagnata da un motore di gioco affannoso

Non manca nemmeno un ultimo sguardo all’aspetto più tecnico, il nervo scoperto di The Devil In Me fin dalla scorsa prova. Avevamo osservato una serie di performance non soddisfacenti da parte del comparto tecnico e grafico, ma stavolta abbiamo visto qualche minima miglioria, nonostante non si raggiunga ancora un risultato ottimale. Permangono alcuni bug grafici in primis, tali per cui il corpo del personaggio che controlliamo passa attraverso le pareti o si muove a volte in maniera innaturale, così come spesso non si riesce ad esempio a spostare la telecamera mentre muoviamo un personaggio nello stesso momento. Abbiamo anche notato parecchi stacchi di immagine poco fluidi, oltre a movimenti a scatti dei character stessi, a dimostrazione della difficoltà talvolta legnosa della risposta del motore di gioco. Come vi avevamo già consigliato in fase di prova, l’uso del controller risulta essere una soluzione parzialmente migliorativa rispetto a mouse e tastiera, qualora vi approcciaste a The Devil In Me in versione PC, per quanto non abbiamo notato evidenti discrepanze rispetto all’utilizzo di mouse e tastiera. Rispetto alla versione demo invece, i dialoghi sono risultati meno ripetitivi, anche grazie alla presenza di tasselli narrativi ulteriori rispetto a quelli conosciuti in precedenza, ma spesso si dilunga parecchio la narrazione, come già evidenziato. E proprio perché le sequenze dialogiche sono solitamente abbastanza lunghe e talvolta pedanti, non avere a disposizione la possibilità di skipparle diventa facilmente un minus di non poco conto. Inoltre, se è vero che guidare i nostri personaggi tramite controller è meglio rispetto a mouse e tastiera, abbiamo rilevato alcuni bug fastidiosi, come ad esempio alcuni suggerimenti di comandi da utilizzare per superare determinate sequenze non sono corretti e consigliano di premere tasti diversi da quelli necessari per proseguire. Una serie di piccoli nei che inficiano in parte il risultato dell’esperienza complessiva di questo titolo.

Piattaforme: PS5, PS4, Xbox One, Xbox Series S|X, PC

Sviluppatore: Supermassive Games

Publisher: Bandai Namco

La nostra ulteriore prova nella versione di uscita ufficiale di The Devil In Me termina dunque lasciandoci un retrogusto dolceamaro, con piccole soddisfazioni a fronte di una narrazione e una storia nel complesso coinvolgenti, ma in parte rovinata da un comparto tecnico che, in versione PC da noi testata, non ci ha del tutto convinto. Se è vero che l’attenzione alla costruzione della trama è stata ampiamente ricca di dettagli e cura, così come delle svariate opzioni presenti nel menu di gioco, lo stesso non si può dire per quanto riguarda il risultato tecnico e gli schemi di gioco, spesso ripetitivi all’interno di una stessa ambientazione. Per carità, i jump scare sono parecchi e il titolo è impregnato di horror, proprio come richiesto dal suo genere di appartenenza, ma talvolta la prevedibilità e la ripetizione fanno da padrone in un fil rouge che dovrebbe invece coglierci di sorpresa e alimentare la nostra paura. Rimane pur sempre un ottimo lavoro, che consigliamo sia agli amanti della The Dark Pictures Anthology, sia ai giocatori novelli e ancora non iniziati a questo franchise, ma consci di andare incontro a un’opera non scevra di difetti. Del resto si sa, se la differenza la fanno i dettagli, è anche vero che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E questa sembra essere l’ennesima dimostrazione a supporto di questa tesi.

VOTO: 7.5