System Shock Recensione: hacker contro le IA assassine

System Shock

Il neologismo “abandonware” fonde in un’unica parola il concetto di software abbandonato, di programma che, a prescindere dalla sua importanza storica, è ormai seppellito dalle sabbie del tempo, dimenticato in un limbo apparentemente eterno. Lo sviluppatore Nightdive Studios ha fatto degli abandonware il suo core business: come un facocero affamato, lo studio scava tra i detriti di antichi editori videoludici al fine di ricavarne titoli da restaurare e rimettere sul Mercato. Tra le perle recuperate negli anni dal gruppo figura System Shock, capostipite di un filone videoludico da cui derivano capolavori quali Bioshock e Prey e che ora si presta a tornare in campo in una versione significativamente rinnovata.

Non basta però rimaneggiare un capolavoro del gaming-che-fu per dar vita a un successo assicurato. La storia di Nightdive non è priva di passi falsi, inoltre la genesi di questo specifico remake è estremamente complessa e tortuosa. Il gioco ha compiuto i suoi primi passi su Kickstarter nel lontano 2016, da allora ha subito sospensioni, rimaneggiamenti e persino l’eliminazione completa dei contributi offerti del celebre autore Chris Avellone, il quale ha visto la sua carriera inciampare in accuse di molestie sessuali che sono state poi ritirate in fase di giudizio. Un percorso tutt’altro che tranquillo, insomma. Considerati questi pregressi, avevamo stemperato molto le nostre aspettative, tuttavia il redivivo System Shock si è dimostrato un prodotto solido, seppur poco audace.

System Shock, dalle origini al remake

L’originale System Shock è comparso sulle mensole dei negozi nel lontano 1994, appena a un anno di distanza da quel Doom che aveva sconvolto il mondo videoludico. Tenendo in considerazione le limitazioni dell’epoca, questo insolito prodotto sci-fi era estremamente ambizioso: ci si poteva acquattare, era possibile sporgersi da dietro gli angoli, le armi erano dotate di molteplici munizioni, si interagiva con elementi ambientali e il tutto veniva fortemente alimentato da una trama accattivante. Si è trattato di una vera pietra miliare che, tuttavia, ha avuto la sfortuna di essere fortemente adombrato dal suo sequel, scomparendo anche dal panorama del retrogaming . Chiunque sia stato temprato agli standard del game design odierno faticherà infatti non poco a immergersi in questa esperienza che – anche solo a livello progettuale – è figlia di un periodo storico che ci siamo lasciati lungamente alle spalle. Il primo approccio di Nightdive si è scontrato quindi con questa obsolescenza: la demo messa a disposizione durante il crowdfunding aveva aggiornato le estetiche del gioco, ma a livello di design e a meccaniche gli sviluppatori si erano perlopiù orientati a riprodurre pedissequamente l’originale e il risultato finale sapeva di stantio. Con il passare del tempo, lo studio ha riconosciuto che fosse necessario imporre delle modifiche autoriali più significative, traslando il progetto da un vero e proprio remake a un qualcosa più affine a un reboot. Esempi virtuosi di questo approccio sono ormai all’ordine del giorno – Resident Evil 4 e Doom, per menzionarne un paio –, tuttavia gli obiettivi prefissati hanno dovuto fare i conti con una certa carenza di fondi, con il risultato che System Shock ha assunto una posizione creativa meno audace, orbitando a metà tra il nuovo e il vecchio.

La vita di un hacker comatoso

Le vicende esplorate dall’opera iniziano senza troppi fronzoli: un hacker ingaggiato da una megacorporation disattiva le limitazioni etiche di un’intelligenza artificiale – SHODAN –, quindi viene narcotizzato dal suo datore di lavoro e si risveglia all’interno di una stazione spaziale soggetta a un’inquietante epidemia. A esclusione di qualche registrazione recuperata in giro per la nave, il protagonista è abbandonato a sé stesso, così come lo è anche il giocatore. Nel giro di pochi minuti risulta chiaro che l’IA di bordo, privata di ogni criterio, ha deciso di ribellarsi agli umani: le apparecchiature meccaniche e i robot attaccano a vista, le stazioni di rigenerazione sono state modificate per trasformare i civili in cyborg e i sopravvissuti sono stati infettati con un virus che li ha profondamente mutati. La missione da completare risulta a quel punto altrettanto cristallina: bisogna eliminare SHODAN così da poter tornare a casa sani e salvi. 

L’hacker dovrà visitare i diversi piani della stazione orbitale al fine di distruggere i server che reggono l’infrastruttura, quindi gli toccherà infiltrarsi nel software dell’intelligenza artificiale al fine di debellarne l’influenza. Il tutto si dipana attraverso un gameplay a cavallo tra lo sparatutto e l’action-adventure, con una componente esplorativa che domina l’intera fruibilità del titolo. Tra porte che richiedono chiavi d’accesso e strumentazioni limitate da computer hackerabili, il backtracking diventa un passaggio d’obbligo, ancor più perché gli obiettivi da perseguire non sono esplicitamente evidenziati. System Shock confida dunque nell’attenzione dei suoi giocatori, imponendo spesso loro di leggere o ascoltare i documenti raccolti.

Non si tratta peraltro di un gioco facile! Riverberando lo stile dei primi anni Novanta, il titolo offre un grado di sfida più alto di quello ormai convenzionale. Le munizioni scarseggiano, il personaggio è relativamente vulnerabile e bisogna costantemente fare i conti con la gestione di un inventario a griglia che limita fin troppo rapidamente la raccolta delle risorse. Non si arriva a toccare le frontiere del survival-horror, ma sussistono non di meno dei ponti in comune con il genere, soprattutto quando sul finale dell’avventura ci si rende conto di aver consumato troppe cure e munizioni durante i primi livelli. Facile che la prima partita venga insomma annichilita dal fatto che i propri rifornimenti siano insufficienti a sopravvivere alle sfide dell’epilogo, quindi preparatevi spiritualmente alla possibilità di dover cominciare una seconda run ancor prima di aver completato la prima.

Un System Shock a metà tra due ere

Nonostante sia completamente rinnovato, il System Shock di Nightdive Studios rimane a suo modo arcaico. Il gameplay è stato svecchiato, è al passo coi tempi, ma la sua infrastruttura progettuale resta altresì fedele all’astruso originale, nel bene e nel male. Il giudizio in merito è altamente soggettivo – Legend Of Grimrock dimostra che ogni tanto vale la pena guardarsi indietro –, tuttavia l’offerta contenutistica del reboot non è comunque in linea con quello che ci si aspetterebbe da un’uscita del 2023. A livello tecnico-grafico gli sviluppatori hanno giocato la carta del motore grafico Unreal Engine 4, quindi i risultati sanno essere appaganti pur non raggiungendo traguardi stupefacenti. Al massimo si registra qualche problema di gestione dei modelli, difetto che spinge i cadaveri nemici a ondeggiare sul posto non appena si varca un’area di caricamento. Se la cosa vi potrebbe sembrare un difetto minore, tenete conto che certe volte nuovi avversari vengono generati nelle stesse aree dei corpi, complicando la vita a chiunque voglia capire celermente se ha dinnanzi una minaccia o un bug.

Più grave è, a nostro giudizio, la quasi totale assenza di opzioni pensate per l’accessibilità del titolo, una mancanza che colpisce sia il frangente del gameplay che quello più prettamente tecnico. Le difficoltà a disposizione si limitano per esempio a riflettere quelle presenti nel System Shock degli anni Novanta, non sono presenti nuove impostazioni che possano alleggerire il fardello a coloro che non sono soliti perdersi in dedali apparentemente sconclusionati: non ci sono segnalatori, percorsi luminosi da seguire o overlay che notifichino gli obiettivi attivi. Nel voler essere ottimisti possiamo liquidare la questione come una scelta mirata a preservare il senso di solitudine e abbandono che trasudava dall’opera di riferimento, tuttavia una simile benevolenza non può in ogni caso estendersi anche alla latitanza di quei rimaneggiamenti che potevano invece essere integrati senza incappare in stravolgimenti di forma.

In un mondo videoludico che diviene sempre più inclusivo, ci aspettiamo ormai che un remake si sforzi di introdurre opzioni utili ad assecondare le necessità degli ipovedenti, dei daltonici, degli ipoudenti, elementi che qui non sono presenti. Non solo, a mancare sono anche certe possibilità banali quali l’opportunità di modificare il livello di difficoltà a gioco iniziato o di alterare la dimensione dei sottotitoli in modo che questi siano ben visibili anche nei momenti più concitati. Questa penuria di aggiunte non inficia il valore di questo rinnovato System Shock, ma calibra bene la portata delle prospettive in campo: il gioco permette di esplorare senza patimenti un capolavoro ormai quasi intoccabile, ma gli sviluppatori non hanno compiuto alcun passo evolutivo che sia in grado di superare quel singolo traguardo.

Sviluppatore: Nightdive Studios
Publisher: Prime Matter
Piattaforme: PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X/S, PC

Il System Shock di Nightdive Studios rende finalmente accessibile alle nuove leve un titolo che ha fatto la storia del game design, ma che allo stesso tempo veste con poca grazia i suoi quasi trent’anni. Finalmente tutti possono lanciarsi nella battaglia contro l’intelligenza artificiale SHODAN senza temere di avere a che fare con le pesanti limitazioni tecniche dell’epoca, tuttavia chi dovesse imbarcarsi nell’avventura scoprirà anche che gli sviluppatori hanno deciso di mantenere vive quelle complessità progettuali che sintetizzano lo zeitgeist videoludico dei primi anni Novanta. Al posto di puntare su di un reboot che sia in grado di abbracciare i gusti contemporanei, Nightdive Studios ha infatti preferito lanciarsi in una restaurazione radicale che preserva quasi integralmente la formula consolidata. Gli aggiornamenti sono funzionali, ma non sostanziali, una differenza che complica non poco il rimodernamento di System Shock, soprattutto ora che il Mercato ci ha abituato a remake e reboot di altissima qualità.

VOTO 7.4