Gylt Recensione: l’incubo è nel cuore di chi odia

Sviluppato da Tequila Works e pubblicato originariamente su Google Stadia, Gylt è un’avventura che travolge il cuore e lo fa attraverso un racconto non facile, impreziosito da una tematica delicata come il bullismo. Vi è mai capitato di sentirvi soli e inadatti? Vi è mai successo di essere presi in giro a tal punto da essere considerati di troppo, come se la vostra presenza non fosse necessaria? Chiunque, purtroppo, ha subìto un torto ed è stato, a causa di altre persone, bistrattato e offeso, nonché portato totalmente al limite. Provare un peso nel cuore, solitudine, incomprensione e talvolta impotenza accade a chiunque, specie a chi è preso di mira ripetutamente da qualcuno che non ha tanta pietà e non sa effettivamente come comportarsi. Ci si ritrova a piangere in un angolo, sperando che le dicerie e il resto finiscano. Tra un singhiozzo e l’altro, mentre si cerca di levarsi di dosso la tristezza, si cerca inoltre di abbracciare un nuovo approccio alla vita che consenta così di essere libero.

Giocare a Gylt, opere uscita su Google Stadia come esclusiva su PlayStation 5, è stato come fare un tuffo nei ricordi del passato e a un fanciullezza interrotta troppo presto dall’oscurità del proprio animo e dalla tristezza. Qualcuno direbbe che capita, che è normale, che è la vita e non si può fare nulla. Siamo stati abituati a lasciarci andare e a non preoccuparci del resto, perché tanto eravamo convinti di meritarcelo. E invece no, non ce le meritavamo affatto: avevamo bisogno di rispetto. Ecco, ci siamo interfacciati così all’opera riproposta da Tequila Works che, stufa di restare confinata a un sistema in streaming che però non ha raggiunto i traguardi sperati, necessitava di uscire sulle console madri per farsi conoscere a un pubblico più vasto. Oltre a essere un buon ritorno, si tratta di un’occasione ghiotta per recuperare una piccola perla indipendente ben caratterizzata e stimolante che arriva dritta dritta all’obiettivo, riuscendo a scalfire il cuore e l’animo di chiunque, anche del più duro fra gli uomini.

GYLTLa storia di Sally ed Emily

Sally è giovane, tanto giovane, così giovane e spensierata che, fino a qualche tempo fa, aveva un rapporto speciale con la cugina Emily, scomparsa misteriosamente da qualche giorno. Nessuno sa il perché, dove sia finita e cosa l’abbia portata a un gesto del genere, specie in una cittadina piccola in cui tutti vengono a sapere cosa succede in tempi abbastanza veloci. Normale, qualcuno direbbe. E lo è davvero, se pensiamo a quante storie di persone scomparse abbiamo avuto modo di trattare su queste pagine, specie Alan Wake – uno dei videogiochi con cui Gylt condivide oltre a una meccanica speciale, pure una storia abbastanza analogo, al netto delle brutalità fuoriuscite da questo orribile incubo.

Considerando che non intendiamo farvi spoiler né dirvi troppo, ci teniamo a rassicurarvi su un punto: Gylt è una storia originale che propone delle tematiche importanti su cui è meglio riflettere a lungo, specie in un momento complesso come il nostro, dove la sensibilizzazione nei confronti di certi temi è ridotta all’osso. Il racconto veicola un messaggio importante e ben strutturato, complice una scrittura ben amalgamata e proposta che arriva al suo obiettivo. Creato questo approccio, insomma, c’è l’altro lato della medaglia, vale a dire l’aspetto più horror della produzione. Già, Gylt fa paura e inquieta a tal punto da essere non soltanto una storia qualunque, bensì qualcosa di più grazie alle sue atmosfere spettrali. Sally si ritrova in una cittadina completamente distrutta, come se un uragano l’avesse colpita improvvisamente spazzando via tutto, anche i suoi sogni. Attraverso i suoi stessi occhi, mentre cerca la cugina ovunque, entra nella scuola frequentate da entrambe. Cosa si palese di fronte a lei, oltre a essere inquietante, trasmette rabbia nei confronti del giocatore, una rabbia che chiunque proverebbe quando accade un’ingiustizia perpetrata dai bulli. Nel caso di Gylt, infatti, cosa viene mostrato ha dell’incredibile: ci sono ragazzini costretti a bere l’acqua del bagno, tirate di mutande improvvise, prese in giro, parole brutali scritte sulla lavagne ed esortazioni al suicidio che donano alla narrativa qualcosa in più.

Può però fare male, talmente tanto male che qualcuno di più sensibile e suscettibile potrebbe trovarsi non a suo agio vedendo tutta quella sofferenza. Lo scopo del team di Gylt, però, è cercare di veicolare quel messaggio per farlo arrivare a più persone possibili, andando ben oltre la condanna e ciò che ne consegue. Anche se è complesso, parlarne con qualcuno può essere la soluzione. Non è però semplice, non è qualcosa che arriva subito come riflessione e ciò non aiuta neppure chi è da fuori anni dal bullismo e dalle sue orrende colpe. Le persone sanno essere orribili e brutali: Gylt, che attraverso la sua maturità racconta in maniera particolareggiata cosa significhi andare ben oltre un incubo costante, mette nel calderone molto altro, superando le più rosee aspettative sotto questo aspetto.

Le sfumature di Gylt

Proposta come un’esperienza tridimensionale, Gylt è un videogioco lineare che fa parte della grande famiglia delle avventure dinamiche che abbiamo imparato ad apprezzare nel corso degli anni. Per l’occasione è stata aggiunta alla miscela una buona dose di enigmi da risolvere e situazioni complesse con cui approcciarsi. Non si tratta di un game design, però, incredibile né originale. Come qualunque esperienza di questo genere, oltre a proporre situazioni in cui è necessario usare l’intuito, la difficoltà effettiva non rende la vita impossibile. Sospeso fra fasi stealth ben curate e scontri con la torcia contro i nemici, Gylt è un videogioco che fa del ragionamento il suo totale punto di forza. L’altro aspetto, ancora meglio sfruttato da parte del team, si riflette invece sull’esplorazione del level design, non particolarmente intricato come in tante opere di questo calibro, ma comunque ben condensato e proposto in una ricetta ludica che arriva all’obiettivo e sorprende.

L’opera, sin dall’inizio alla fine, sa coinvolgere ma non mette mai realmente in agitazione, facendo percepire come se non volesse realmente premere a fondo sulla convinzione e lasciare che l’avventura non si perdesse. Scegliere la linearità in un mercato in cui ormai qualunque videogioco propone dei mondi aperti è una scelta coraggiosa e lodevole, perché permette di godersi un’esperienza con spensieratezza e appagamento. Abbiamo usato una torcia per avanzare nei vari livelli proposti all’interno dell’esperienza, che non interrompono l’azione o il racconto e vanno, quindi, finemente dritti al sodo. Se da una parte Sally può usare la torcia per illuminare l’ambiente circostante, dall’altra è inoltre capace di seminare le sue tracce, celandosi dietro a qualunque mobile che le consente di arrivare a un altro per evitare in questo modo i nemici. Per evitare la loro attenzione, inoltre, può usarla come diversivo o, come il buon Assassin’s Creed insegna, lanciare qualcosa per attirare le creature in un’altra direzione rispetto a quella in cui deve andare.

Sotto questo approccio non c’è nulla di nuovo o particolarmente innovativo, quanto più essenziale ma comunque efficace per arrivare allo scopo e differenziare gli scenari e i vari approcci al game design. L’intelligenza artificiale dei nemici, però, è ciò che contestiamo maggiormente, al netto delle tante situazioni che si possono trovare. Se però loro non combattono mai con ferocia e non si accorgono totalmente della nostra presenza, è perché la gestione sotto questo aspetto non è stata proposta in modo coerente con il senso d’ansia che il team ha saputo finemente proporre. Pur essendo comunque un’esperienza che coinvolge determinate emozioni, bisogna considerarla una produzione con più strati che, come direbbe Shrek, è come le cipolle. Gylt, al netto delle piccole sbavature inevitabili per una produzione di questo genere, riesce in ogni caso a tenere incollato il giocatore incollato per circa otto ore al suo interno. Di meno, però, se non vorrà darsi al collezionismo e replicare l’esperienza per il sudato e meritato platino.

Racconto di un dolore di mezz’estate

Al netto di qualche piccola sbavatura nel game design, il lato tecnico non ha proposto nulla che potesse metterci in difficoltà. Lo stesso vale, inoltre, sulla grafica: assolutamente cartoon e dalla stampo in stile Tim Burton, Gylt propone uno stile favoloso e ben proposto, che potrebbe ricordare a qualcuno Lost in Random, una produzione che ha affascinato e coinvolto tanti giocatori nel corso del lungo periodo all’interno del panorama dei videogiochi. Se c’è certamente un aspetto che abbiamo gradito maggiormente, pur non essendo nulla di nuovo, è l’approccio scelto per descrivere gli orrori del bullismo in ogni sfumatura.

C’è il peso delle proprie scelte, che è totale. C’è un mare di dolore, che è inevitabile. E c’è il silenzio, che è rotto solo dalle lacrime e da sentimenti interrotti e distrutti, anch’ess prosciugati da fiumi di lacrime che parlano del dolore in modo diretto e brutale. Se state cercando un’opera che vi consenta di godere un’esperienza non molto impegnativa ma comunque rilevante, Gylt potrebbe essere la scelta migliore che potreste fare in un luglio che si focalizza sui recuperi di certe opere. Questa riproposizione, d’altronde, ha proprio questo obiettivo. Sarebbe un peccato rinunciarvi.

Piattaforme:  PS4, PS5, PC, Xbox One e Xbox Series X|S

Sviluppatore:  Tequila Works

Publisher:  Tequila Works

Una storia densa, caratteristica, brutale ed elegante: questa è Gylt, che delle tematiche, del racconto e di molto altro fa il suo cavallo di battaglia assoluto, impreziosito inoltre da approccio al racconto ottimamente proposto. Non sarà facile, considerando l’argomento trattato, restare completamente impassibile a cotanta sofferenza, ma potrebbe valerne la pena, specie per il viaggio che s’intende fare al suo interno. Il game design, pur non proponendo nulla di nuove, riesce ad arrivare in ogni caso al suo scopo, offrendo otto ore che potrebbero pesarvi tutte per delle atmosfere al limite di Stranger Things.  

VOTO: 7.6