Brothers A Tale of Two Sons Remake

Brothers A Tale of Two Sons Remake Recensione: il lungo cammino verso la perdita

Negli ultimi decenni, la narrazione videoludica ha raggiunto vette prima ritenute inaccessibili, grazie tanto all’evoluzione tecnologica quanto alla generale “maturazione” del mezzo, divenuto una nuova piattaforma attraverso cui trasmettere pensieri, inquietudini ed emozioni. Una volta il veicolo era un quadro, una pagina, una pellicola, un pentagramma. Ora, il dolore, la gioia, la riflessione, persino la denuncia sociale possono essere trasmessi al pubblico, oltre che dagli strumenti già citati, anche dai videogiochi. Gli esempi sono numerosi (What Remains of Edith Finch, Detroit, Disco Elysium, The Walking Dead, Firewatch, Life is Strange), ed è sempre un piacere constatare come la tendenza sia in continuo aumento. Tra gli esponenti più rappresentativi di questo tipo di “tela”, che gli autori cercano di riempire per trasmettere al pubblico emozioni, condividere pensieri ed esternare il proprio mondo interiore, c’è un’opera firmata dalla svedese Starbreeze Studios. I “freddi nordici” che in passato avevano declinato digitalmente le antieroiche ordalie del Riddick di Vin Diesel, e che in seguito sarebbero divenuti celebri per le rapine e le sparatorie di Payday, nel 2013 scelsero di mostrare un lato completamente diverso con Brothers A Tale of Two Sons. Un lato che tutti avrebbero dovuto conoscere e che oggi 505 Games, insieme alla talentuosa e italianissima Avantgarden, dopo un primissimo assaggio ci invita a riscoprire a modo suo.

Brothers A Tale of Two Sons Remake

Brothers A Tale of Two Sons Remake: più grande è l’amore, più grave è la mancanza

Concepito dalla fervida immaginazione di Josef Fares, regista svedese di origini libanesi, già acclamato per lungometraggi quali Jalla! Jalla! e Zozo, che qui inizia a delineare le meccaniche che avrebbero i futuri A Way Out e It Takes Two, Brothers è una storia toccante di amore, ricerca e abbandono, nel senso più materiale del termine. Un racconto capace di farci riflettere sul significato intrinseco della famiglia, sul bisogno degli esseri umani di avere la consapevolezza di un aldilà, sull’avversione nei confronti dell’oblio e sul vuoto che esiste dopo la morte. È una fiaba matura, oserei dire esperienziale, che lascia a bocca aperta più volte nel corso della sua breve durata (parliamo di circa 3-4 ore nell’originale) e veicola considerazioni di un certo peso anche dopo aver riposto il controller. I protagonisti sono due ragazzini, fratelli appunto, che hanno perso la madre in un incidente in mare aperto e ora rischiano di assistere alla medesima la tragedia dopo che una malattia improvvisa colpisce il padre. Per salvarlo, la coppia intraprende un viaggio verso un luogo mistico che esiste da qualche parte nel loro mondo, per trovare un albero magico che dovrebbe costituire la panacea per ogni male. E così, la loro avventura ha inizio.

Brothers è un gioco di avventura con elementi platform, cadenzati da frangenti in cui è necessario spremere le meningi onde risolvere svariati enigmi ambientali. Per molti, l’approccio insolito alla gestione dei personaggi, che riserva uno stick analogico e un grilletto a ciascuno dei due fratelli, è stato o una meccanica geniale oppure un concetto impenetrabile che ha generato più frustrazione che appagamento. A dieci anni dalla sua comparsa su Xbox Live Arcade, lo schema di controllo di Brothers può risultare ancora un po’ confusionario, anche per chi l’ha completato più volte su altre piattaforme: indipendentemente dalla posizione dei fratelli sullo schermo, lo stick che li controlla rimane lo stesso, quindi imparare a ricordare che Naiee, il minore, è assegnato alla porzione destra del pad e Naia a quella sinistra può rivelarsi sconcertante, soprattutto quando si trovano sui lati opposti dello schermo. Fortunatamente, dopo circa un’oretta di gioco ci faremo l’abitudine, ma all’inizio la sensazione è piuttosto alienante. Come accaduto per la conversione su Switch, Avantgarden ha pensato bene di integrare il supporto al multiplayer locale, distribuendo semplicemente i comandi su due pad qualora avessimo un amico disposto a condividere la strada insieme a noi. Il formato in solitaria è ancora presente per coloro che vogliono sperimentare il titolo nella sua forma originale, e si può anche passare da una modalità all’altra a piacimento tramite il menu di pausa, ma devo ammettere che la decisione di includere un’esperienza cooperativa più tradizionale ne smorza in parte il fascino.

Brothers A Tale of Two Sons Remake

Il pellegrinaggio conduce i due fanciulli in una pletora di ambientazioni pittoresche, tra cui oscure caverne in cui dimorano i troll, foreste fiabesche, giganteschi campi di battaglia innevati e fortezze abbarbicate sulle cime di alte montagne. Tutti i paesaggi sono disegnati con una scelta estetica affascinante e malinconica, mentre la fedeltà visiva viene garantita dall’uso del motore Unreal, la versione 3 nella sua prima incarnazione e la 5 in questo rifacimento. Se avete giocato all’originale, noterete immediatamente quanto il remake sia più sontuoso dal punto di vista grafico: ambienti molto più dettagliati e vivaci, personaggi nitidi e definiti, il lavoro del team italiano è riuscito a stupirmi ad ogni passo. Pur essendo stato rilasciato nel 2013, quando le piattaforme casalinghe avevano già beneficiato di titoli incredibili a livello audiovisivo come God of War III, Mass Effect 2, Assassin’s Creed: Black Flag, Batman: Arkham Asylum e City, Metro 2033 e Red Dead Redemption, Brothers non poteva certo contare su un comparto tecnico all’avanguardia a causa della portata del progetto e del budget ad esso riservato e dunque, seppur condividendo la filosofia “frugale” del predecessore in termini economici, il salto qualitativo della nuova trasposizione è assolutamente straordinario. In termini di impianto ludico, non è cambiato granché: la struttura complessiva è rimasta in gran parte uguale e le sequenze si svolgono più o meno nello stesso modo, dunque chi ha già dimestichezza con la prima versione del gioco, si abituerà rapidamente ai comandi e alle scelte di design. In questo senso, il remake di Brothers A Tale of Two Sons va senz’altro consigliato a tutti coloro che non hanno mai provato il primo excursus digitale di Fares. Tuttavia, se avete vissuto la storia di Naia e Naiee e la conservate ancora nel vostro cuore, il remake non porta sul tavolo molto di nuovo o, comunque, di necessariamente positivo.

Brothers A Tale of Two Sons Remake

Non cade ombra dove non splende il sole

Alcuni passaggi, in origine molto semplici e lineari, qui sono stati allungati, e non sono sicuro del motivo che abbia spinto gli sviluppatori a prendere tale scelta. Ad esempio, poco prima di abbandonare il loro villaggio, i fratelli incorrono nelle ire di un cane piuttosto aggressivo. Un piccolo e spassoso diversivo che serviva giusto a delineare ulteriormente le personalità dei due protagonisti diventa qui, con il mastino trasformato in un velocista rabbioso e scampoli di terreno che rallentano le movenze, un ostico e fastidioso contrattempo. L’inseguimento era sicuramente troppo semplice nell’originale, ma le modifiche introdotte nel tentativo di ritoccare il grado di sfida verso l’alto sono alquanto maldestre e non l’hanno reso più efficace o coinvolgente, in maniera analoga al modo in cui altre sezioni interattive sono state riviste e diluite. Lo stesso dicasi per alcune delle modifiche visive e artistiche più marcate: sebbene, come già ribadito, il gioco sia di certo più impressionante sul piano visuale, la maggiore fedeltà e la ricchezza di dettagli non rappresentano per forza di cose un miglioramento a tutto tondo, soprattutto per i fan dell’originale. Dimostrazione pratica sono il design e le animazioni dei personaggi, che questa volta sono molto più dettagliati e, se vogliamo, esagerati, così come il tono generale del gioco: l’avventura del 2013 presentava atmosfere molto minimaliste, comunque funzionali per comunicare la graduale transizione dalle tematiche più mondane alla tragica realtà del mondo che circonda i protagonisti, fatto di foreste incantate e creature fantastiche ma anche di guerra, morte, sofferenza e malinconia.

Una musica di sottofondo a malapena accennata accompagnava, e accompagna ancora grazie al sapiente riarrangiamento della Bratislava Symphony Orchestra, i fratelli mentre si inerpicavano lungo ardui sentieri montani, fra sinistri insediamenti abbandonati e dentro grotte buie e claustrofobiche, con il paesaggio ricoperto da colori grigi e tenui. Il remake è appariscente, luminoso, romantico, dai toni più vivaci, ma trasmette vibrazioni parzialmente diverse. Per tutto il corso dei primi capitoli, la spiccata lucentezza che pervade ogni scorcio e una colonna sonora orchestrale forte e imponente danno la sensazione di intraprendere il viaggio di una vita, non necessariamente una missione di vita o di morte. Il che non è un male, anzi regala emozioni forti e intense, ma anche differenti dall’originale. Chiunque conosca già Brothers respirerà all’istante queste variazioni di tono, accorgendosi di aver imboccato un sentiero molto simile ma non proprio uguale.

Brothers A Tale of Two Sons Remake

Eppure, proprio questi ultimi devono prendere atto di un ulteriore assunto, ossia che questa specifica riedizione non è pensata in primis per loro, o almeno non come lo sono state quelle di Resident Evil 4 o Dead Space, pregne di rettifiche, aggiunte e migliorie alle fondamenta capaci di ravvivarle anche per quanti vi si erano cimentati ripetutamente nel corso degli anni. L’intenzione capitale di Avantgarden e 505 Games resta quella di offrire a una platea moderna la possibilità di conoscere l’opera prima di Fares, in ambito videoludico s’intende, senza apportare troppi stravolgimenti alla meravigliosa reciprocità di storia e gameplay che, ancora oggi, avrebbe davvero tanto da insegnare. E così, pur vantando un’estetica che non sfigurerebbe in un qualsiasi Kingdom Hearts laddove quella primigenia sembrava presa di peso dal primissimo Fable, l’essenza di Brothers A Tale of Two Sons resta quella circoscritta dalla sua portata più intima, capace di veicolare emozioni senza pronunciare o scrivere una singola battuta: l’idioma incomprensibile utilizzato dagli abitanti di questo mondo, unito al linguaggio del corpo, alle espressioni facciali e alle emozioni che scorrono sullo schermo, parlano al cuore del giocatore molto più di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi dialogo.

Simile ad altre esperienze brevi ed emotivamente intense come Journey o The Vanishing of Ethan Carter, Fares non ha ideato un racconto particolarmente longevo, progettandolo piuttosto per costruire una traiettoria narrativa e un impatto emozionale ben precisi: le istanze allegoriche e significative contenute in ogni scena sono talmente numerose che non perderemo mai nemmeno un minuto dietro attività futili o lungaggini artificiose, in modo da facilitare l’assimilazione del loro messaggio in una singola sessione. Paragonare Brothers ad una favola significa evocare il significato originario di queste ultime, ossia fungere da monito e spauracchio per i bambini: nel corso delle peripezie assisteremo a diversi accadimenti spiacevoli, ma l’impegno dei due fratelli nei confronti dell’obiettivo comune e della reciproca sopravvivenza è un’incredibile forza trainante che si intreccia alla perfezione con il contesto, e che rende davvero indimenticabile tanto l’inizio quanto la conclusione del nostro viaggio. Piccola nota di demerito per i contenuti extra, che in pratica si riducono ad una galleria di disegni concettuali (splendidi, questo sì) e al video gameplay con commento di Fares dell’originale, presente anche in quest’ultimo, peraltro privo di sottotitoli.

Piattaforme: PC, PlayStation 5, Xbox Series X|S

Sviluppatore: Avantgarden SRL

Publisher: 505 Games

Brothers: A Tale of Two Sons è uno degli esemplari più brillanti e singolari della moderna industria videoludica. Un gioco che, attraverso la reiterazione e la saturazione, si reinventa di continuo ed è quindi in grado di offrire una gamma di esperienze appassionanti, innovative e commoventi, cui la rilettura perfezionata di Avantgarden rende un riverente omaggio. Produzioni del genere sono più uniche che rare, oggi come allora, ed è proprio questa sua unicità a conferirgli un posto speciale tra le opere che meglio hanno caratterizzato la nostra passione nel corso dei decenni, al netto dei piccoli peccati comunque veniali che si porta dietro. Se non l’avete ancora fatto, aggiungetelo subito alla vostra libreria: le sue tre ore di durata non potranno che restarvi per sempre impresse nella mente e nel cuore.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.