DeathSprint 66

DeathSprint 66 Provato: il reality show della morte

Un aspetto interessante di alcune nuove produzioni è la volontà di rielaborare più concetti noti ma separati all’interno di uno stesso contesto, per proporre un titolo familiare nelle sue meccaniche eppure relativamente nuovo. Cosa accadrebbe se combinassimo le corse sci-fi ad alta velocità di Wipeout con la brutalità di The Running Man, il mitico film con Arnold Schwarzenegger? Probabilmente otterremmo DeathSprint 66, l’ultima creazione di Sumo Newcastle. Questo gioco si ispira al genere action-racing, proponendo una rivisitazione moderna di un concetto classico. In vista del lancio, il publisher Secret Mode ci ha invitato a provare le intense gare PvP che costituiscono il cuore del gioco, permettendoci di valutare meglio i suoi punti di forza. Dopo oltre un’ora di letali partite online contro altri giocatori, abbiamo ottenuto una visione d’insieme su cosa aspettarci per il futuro: i pregi e le criticità di un titolo che, se ben gestito, potrebbe catturare l’attenzione di un gruppo specifico di appassionati.

DeathSprint 66

DeathSprint 66: gladiator decadence

La demo che abbiamo testato ci ha mostrato un prodotto chiaramente ancora in sviluppo, che non mette sul piatto tutte le sue proposte ma solo alcuni degli aspetti più eclatanti. Tuttavia, è riuscita a trasmettere un’atmosfera di base che introduce efficacemente il mondo di gioco e giustifica gli eventi sullo schermo. Tra trailer, confronti diretti con lo staff di Secret Mode e il gioco stesso, abbiamo potuto osservare un panorama di mondi decadenti e cupamente distopici. DeathSprint 66 si ambienta in un futuro ipotetico dove grandi metropoli abbandonate e fatiscenti vengono recuperate per ospitare letali gare campestri.

Nel contesto del gioco, per intrattenere una popolazione opulenta e decadente, il Bachman Media Network ha creato una versione moderna dei combattimenti gladiatori, trasmettendo in diretta gare in cui i partecipanti affrontano tracciati pieni di ostacoli mortali e trappole come seghe circolari e laser. In queste competizioni feroci, i corridori possono usare equipaggiamenti come mine di prossimità e droni esplosivi, senza preoccuparsi della mortalità. Infatti, i partecipanti non sono veri esseri umani, ma cloni, manovrati a distanza dagli impulsi nervosi di atleti teoricamente al sicuro da ogni danno. L’ambientazione offre così un escamotage per spiegare l’assenza di istinti di sopravvivenza nei partecipanti e la loro capacità di tornare in gara pochi secondi dopo essere stati distrutti. Il contesto fantascientifico permette di accettare che l’umanità abbia sviluppato tecnologie avanzate e miniaturizzate per il campo di battaglia, garantendo potenziamenti letali che ricordano una versione adulta e splatter degli oggetti offensivi di Mario Kart. L’impostazione del gioco, per certi versi, richiama quella di Bomberman: Act Zero, ma è arricchita da una buona dose di ironia e black humor.

Si ringraziano gli sponsor

Le basi di DeathSprint 66 sono estremamente semplici e accessibili, progettate per essere comprese immediatamente senza bisogno di molte spiegazioni. Le dinamiche del gioco diventano chiare non appena si prende in mano il controller. Le azioni principali dell’avatar controllato si limitano a muoversi, saltare e derapare. Questi movimenti elementari, una volta eseguiti, aumentano gradualmente l’entusiasmo del pubblico, riempiendo una barra energetica che può essere utilizzata per aumentare temporaneamente la velocità del proprio atleta. Inoltre, sulle piste si trovano potenziamenti e armi che, in stile Hunger Games, vengono offerti dagli sponsor della corsa. Questi bonus possono essere utilizzati strategicamente, ma non possono essere accumulati, risultando essenziali per ostacolare gli avversari e migliorare le proprie prestazioni.

DeathSprint 66 si rifà ai classici giochi di azione e corse che hanno segnato la storia del genere, distinguendosi più per il suo stile e le sue tematiche che per i contenuti effettivi. Nonostante alcuni bug minori e occasionali problemi di connessione, tipici di un gioco ancora in sviluppo, l’opera di Sumo Newcastle si è dimostrata interessante e con potenzialità che meritano attenzione. Una delle scelte distintive è quella di utilizzare corridori invece di veicoli, permettendo la progettazione di circuiti più stretti e pericolosi, pieni di insidie e curve letali.

Un atleta si muove diversamente rispetto a un veicolo: la sua accelerazione e manovrabilità sono diverse grazie alle articolazioni delle gambe, più agili e versatili rispetto agli assi automobilistici. Questa distinzione nella giocabilità è sottile e potrebbe non essere immediatamente evidente ai giocatori occasionali, ma rappresenta una caratteristica fondamentale che, se ben valorizzata, potrebbe attirare una particolare nicchia del settore e-sport, verso cui DeathSprint 66 sembra evidentemente orientato.

DeathSprint 66

Uno show ripetitivo?

Pur riconoscendo che DeathSprint 66 sia ancora in fase di sviluppo, la nostra prova ha sollevato alcune perplessità, in particolare riguardo al fattore rigiocabilità. A differenza di altri giochi dello stesso genere, l’opera di Sumo Newcastle non offre una grande varietà di veicoli, piloti e ambientazioni: le piste che abbiamo testato appaiono piuttosto monotone, variando solo nel tracciato ma ambientate sempre in scenari urbani decadenti, con trappole che tendono a ripetersi. Questo senso di monotonia si estende anche agli avatar, che nella nostra prova erano fissi e poco caratterizzati.

Gli sviluppatori hanno indicato che nella versione finale del gioco sarà possibile riscattare i risultati ottenuti durante le partite sotto forma di “fama”, che sbloccherà elementi cosmetici per personalizzare il proprio avatar. Questa è una soluzione che può rendere il gioco più vivace, ma speriamo di vedere anche forme di personalizzazione più radicali, che permettano di alterare le prestazioni dei personaggi. La mancanza di varietà estetica delle piste potrebbe essere dovuta alla loro natura modulare, basata sull’uso di segmenti di mappa prefabbricati assemblati in vari modi. Se questa tecnica è effettivamente utilizzata, sarebbe interessante offrire ai giocatori la possibilità di creare i propri livelli. Un editor di tracciati non risolverebbe completamente il problema dell’aspetto visivo, ma potrebbe comunque stimolare la formazione di una comunità attiva e creativa, simile a quanto avvenuto con la saga di Mario Maker. Trasportare quel tipo di partecipazione in un contesto più violento potrebbe rivelarsi una mossa vincente.

Piattaforme: PC (via Steam)

Sviluppatore: Sumo Digital

Publisher: Secret Mode

Data di uscita: TBA 2024

In occasione del provato di DeathSprint 66, sentiamo di aver appena iniziato a esplorare il potenziale di questo singolare titolo, concentrando il test principalmente sulla giocabilità delle gare PvP. Queste, sebbene non siano estremamente innovative all’atto pratico, offrono un’esperienza coinvolgente sia per le atmosfere che per le meccaniche, riuscendo a ritagliarsi uno spazio nel sempre più affollato e complesso mercato dei videogiochi. Speriamo che, oltre alle necessarie ottimizzazioni tecniche, gli sviluppatori di Sumo Newcastle dedichino tempo ed energie per migliorare le opzioni di personalizzazione, le modifiche e le variazioni tematiche, in modo da arricchire ulteriormente l’esperienza di gioco. Al momento, il team ha accennato a una modalità PvE, di cui però si conoscono ancora pochi dettagli ma che potrebbe fare la differenza, aggiungendo molto all’esperienza. Restiamo quindi curiosi e impazienti di vedere come il gioco si rivelerà da qui al suo lancio ufficiale.

Toumarello è il nickname che si porta appresso ormai da anni, ma non chiedetegli di spiegarvelo: è un tipo logorroico e blablabla. Per vivere (in ogni senso) scrive e descrive, in particolare di roba multimediale, crossmediale, transmediale... insomma, gli interessa il contenuto ma spesso resta affascinato dall'utilizzo del contenitore. Ama Tetris e le narrazioni interattive.