Per la recensione di Elite: Dangerous abbiamo definito un programma molto preciso, al contempo rispettoso di tutti i giocatori – compresi quelli che non hanno partecipato alla lunga fase di test – e dell’esperienza stessa, che necessità di spiegazioni in più tappe per farne apprezzare l’incredibile e densissima dimensione. Non troverete il voto a fondo pagina, dunque, ma abbiamo comunque deciso di iniziare oggi il nostro percorso di analisi e valutazione, dopo un lungo periodo di prove e spasmodica attesa. Una cosa è certa: dentro a Elite: Dangerous c’è l’intera Via Lattea, esplorabile in prima persona alla guida della nostra navicella, e ciò autorizza a parlare del gioco di Frontier Developments come di una delle space sim più accurate e vaste della storia dei videogiochi, se non della più impressionante in assoluto.
La poetica di un Cobra MKIII
I motivi per essere fiduciosi sono tanti, anche se non compongono il quadro completo. Da un lato, il gioco ha mantenuto nel tempo un’identità di fondo molto precisa, costantemente affinata e arricchita nelle meccaniche fino a mettere in piedi un sistema di navigazione e controllo dell’astronave verosimile, completo e, se vogliamo, anche relativamente accessibile; dall’altro, una porzione considerevole dei contenuti più tecnicamente rischiosi sembra già funzionare a dovere, con la generazione procedurale di nuovi sistemi (accanto alla precisa mappatura di quelli conosciuti, come saprete), missioni collettive per spostare gli equilibri di potere e azioni spontanee da parte di gruppi di giocatori, capaci di dar vita a piccoli movimenti “storici” che potranno in futuro unirsi ad altri, come avviene in EVE Online, per comporre il quadro complessivo della galassia in movimento.
[quotedx]Elite: Dangerous è una delle space sim più accurate e vaste della storia dei videogiochi[/quotedx]
Qualche giorno fa ho riscontrato (non solo io, naturalmente) diversi problemi legati alla connettività, subito dopo l’implementazione dell’ultima fase, la Gamma 2.0, con la sparizione di missioni, l’impossibilità di atterrare nelle stazioni e altre magagne causate da una cronica mancanza di collegamento con il server. Le cose, però, sembrano essere tornate sotto controllo nel giro di pochi giorni, e stamattina abbiamo preso la decisione: l’accordo (in particolare con il Kikko, mio futuro compagno di avventure spaziali, appena saremo riusciti a incontrarci nella vastità del cosmo) era di controllare ancora una volta lo stato dei server e la comparsa di bug dell’ultimo minuto, prima di procedere con la pubblicazione del testo che state leggendo, e fortunatamente non abbiamo incontrato ostacoli. Per gli esploratori spaziali Elite: Dangerous è già un grandissimo gioco, quasi da far mancare il fiato, ma solo una settimana di prove potrà sciogliere tutti i dubbi, magari per poter parlare serenamente di capolavoro.
In qualche modo, anche se non in tutte le sue parti, Elite: Dangerous contiene concettualmente i capitoli precedenti, in termini di dinamiche di base e senso principale dell’esperienza: la nostra astronave è lo strumento attraverso il quale possiamo interfacciarci con una realtà sconfinata, composta di basi, sistemi e pianeti da raggiungere via iperbalzo, di precisi equilibri economici che determinano dinamicamente gli scambi e il prezzo delle merci, di missioni e libere decisioni che ci possono incanalare in una fazione e in un preciso ruolo, tra pirati, commercianti e mercenari, oppure lasciarci liberi di compiere a ogni passo il nostro destino. Ovviamente, la veste classica si è arricchita di caratteristiche al contempo aggiornate e coraggiose, che peraltro non sono andate a toccare gli equilibri classici della serie, insieme alla sua marcata impronta simulativa (mai troppo ostica da digerire, se qualcuno se lo stesse chiedendo): abbiamo precise relazioni tra peso del cargo, potenza del motore, carburante e distanza possibile dei balzi interstellari, giusto per accennare ad alcune caratteristiche della navigazione, a cui si aggiungono fenomeni fisici e cosmologici accuratamente riprodotti, un game design estremamente pulito e, in termini anche visivi, una coerenza stilistica e funzionale che sembra provenire dalle migliori illustrazioni sci-fi degli anni ’80.
[quotesx]la nostra astronave permette di interfacciarci con una realtà sconfinata[/quotesx]
Tra i meccanismi di esplorazione, arricchiti in questi ultimi giorni (finalmente!) dalla pianificazione delle rotte, la velocità Supercruise merita una speciale menzione: sfrecciare a decine di anni luce al secondo, lasciandosi alle spalle soli e pianeti, con un controllo ridotto ma soddisfacente della navicella, è al contempo un metodo molto efficace per spostarsi nei sistemi minori, comunque a rischio di essere intercettati da altre navicelle, e uno degli spettacoli più tecnologicamente sfarzosi a cui mi sia mai capitato di assistere. Dite che esagero? Io dico di no.
Un MMOG grande come la galassia
Il gioco di David Braben presenta tante altre sfaccettature, che lo distanziano dai suoi predecessori e giustificano, almeno concettualmente, la scelta di sopprimere la componente offline annunciata su Kickstarter: ogni nostra azione, dalla più piccola (magari un’infinitesima operazione commerciale) alla più spettacolare (una battaglia mista fra giocatori e IA, per il controllo di qualche sistema), va a riflettersi in tempo reale sullo stato politico ed economico della Via Lattea, in un continuum narrativo pensato per influenzare costantemente missioni e movimenti economici su vasta scala, nel multigiocatore come nelle esperienze in solitaria che si svolgono, appunto, nel medesimo e cangiante universo.
[quotedx]ogni nostra azione si riflette in tempo reale sulla Via Lattea[/quotedx]
È anche vero, però, che questa struttura sottopone costantemente Elite: Dangerous alla dura legge dei server, con il rischio che un prolungato problema di connettività allontani gli utenti e infici la “credibilità” del prodotto, come già abbiamo visto succedere; manco a dirlo, invece, una versione strettamente a singolo giocatore (gli altri utenti contano sempre, anche quando non abbiamo alcun contatto con loro) avrebbe potuto funzionare in qualsiasi condizione, pur con un ridimensionamento non trascurabile delle prospettive di gioco. In questo senso, Braben e Frontier non hanno escluso per il futuro una qualche edizione “depotenziata”, senza però dimenticare che il vero Elite: Dangerous – un vero “director’s cut”, direttamente alla nascita – è quello che abbiamo oggi tra le mani. Lo stesso gioco che ha perfettamente rispettato i tempi di sviluppo promessi, bruciando sul tempo un concorrente che rischia ora di farsi molto male, se qualcuno non ferma la continua sfilata di moda in cui sembra essersi infilato.
Il silenzio di LHS 1933
Per il momento può bastare, è tempo di tornare sulla nave. La sospensione dell’incredulità dominerà le mie prossime ore: per il momento ho una vita da “onesto” contrabbandiere spaziale, che mena le mani (leggi: multi-cannon e burst laser) solo quando viene attaccato e continua ad accumulare crediti, per guadagnarsi un futuro ancora più avventuroso e libero. Il cargo è spazioso, le armi sono potenti: per favore non svegliatemi.
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