Il clangore dei guanti d’arme che picchiavano l’uno contro l’altro riecheggiò fra le pareti della caverna che soleva ospitare le assemblee del Clan Mors, quindi la figura ai piedi del grande soppalco di roccia lanciò un urlo stridulo in segno di sfida.
“Morirai, verme-canaglia! Ma prima, Queek ti farà contorcere le budella dalla paura, sì-sì!”
In cima ai rozzi gradini che portavano al podio, di fronte allo scranno sul quale spesso prendeva posto Morsofisso, il loro Signore della Guerra, c’era l’oggetto delle minacce di Queek: al contrario di quest’ultimo, un gagliardo esemplare di uomo ratto nel fiore degli anni avvolto nella sua peculiare armatura cremisi irta di spuntoni, l’anziano Sleek era piegato dalla crudeltà del tempo e dalle innumerevoli battaglie, costretto a muoversi con l’ausilio di una gruccia ed a nascondere il corpo avvizzito sotto un gran numero di vesti ormai logore. Eppure, l’unico occhio buono che gli era rimasto ardeva di un fuoco scaltro e ostinato.
I Ratti d’Assalto disposti a semicerchio intorno al vecchio comandante contavano le vittime falciate dal piccolo drappello di guerrieri guidato da Queek Mozzateste: erano consapevoli della fama che si era guadagnato in battaglia, un’autentica forza della natura temeraria e implacabile, e di come fosse giunto alla resa dei conti definitiva con Sleek dopo aver ricevuto l’ordine di prendere parte ad una missione suicida, stretto fra l’incudine degli orchi della Rupe Nera e il martello dei nani di Karak Azul. Invece, non solo aveva sfidato in duello il temibile reggente della fortezza orchesca, Gorfang Panciamarcia, ma era anche riuscito ad attirare gli occupanti della roccaforte nanica in campo aperto, procurando loro considerevoli perdite in termini di uomini e risorse. Era giunta l’ora che l’attuale governatore della Città delle Colonne pagasse per le sue macchinazioni, e la prima linea difensiva aveva già versato un copioso tributo di sangue.
Il condottiero scarlatto puntò il martello da guerra che stringeva in pugno verso i coscritti schierati dinanzi al suo obiettivo: “Sciocchi-sciocchi! Credete ancora alle menzogne di questo codardo! Tuttavia, Queek è generoso e vi offre una scelta: venite con lui e avrete un posto assicurato nel clan, altrimenti restate al fianco del verme-canaglia e farete la sua stessa fine!”
Uno degli scagnozzi sul basamento mosse un passo in avanti, si voltò e disse, con un rauco sibilo: “I-io combatterò per il capitano Queek.”
Gli altri tentarono di colpirlo con le loro alabarde, ma fu più lesto di loro e andò a rifugiarsi nelle retrovie della guardia personale del giovane skaven. Pian piano, altri seguirono il suo esempio, finché la falange di Sleek, rimasto impassibile nonostante gli artigli serrati che tradivano la sua furia, si ridusse a soli cinque esemplari particolarmente massicci, i più fedeli all’ordine costituito. Nessuno, nemmeno i migliori luogotenenti si sarebbero mai azzardati a fronteggiarli testa a testa. Nessuno, eccetto un folle. Il combattente dalla corazza scarlatta digrignò i denti, lasciando saettare la lingua tra di essi mentre pregustava ciò che di lì a poco sarebbe accaduto. Prese nota mentale di quanti avevano disertato, ripromettendosi di trattarli come meritavano qualora fossero sopravvissuti, quindi diede l’ordine: “Uccidete-massacrate! Ma lasciate il vecchio per Queek!”, e una fiumana impetuosa di carne, zanne e acciaio si riversò sulla scalinata, puntando alla vetta. Una dopo l’altra, le indomite sentinelle caddero sotto l’assalto travolgente dei loro simili, compagni con i quali avevano condiviso nido, pasti e vita da trincea fino al giorno prima… ma, del resto, la lealtà è una dote rara da trovare fra gli uomini ratto. L’ultimo guardiano fece piovere un fendente obliquo diretto verso la carotide scoperta del Mozzateste, ma perse l’equilibrio quando questi lo deviò con un istintivo colpo di piatto dell’altra spada che brandiva, per poi venire ghermito, trascinato a terra e fatto a pezzi dall’orda.

Sleek squadrò l’avversario in piedi davanti a lui, che rise beffardo della vittoria appena conseguita. Quanto aveva atteso questo giorno! I due si fissarono a lungo con astio e malevolenza, prima che il giovane levasse in aria l’arma con un gesto eloquente: “Pazzo! Come hai osato usurpare il posto che spetta a Queek di diritto!”
Un battito di ciglia, un comune riflesso involontario, l’esitazione di un istante era tutto ciò che stava aspettando il decrepito veterano per puntare la poca forza rimasta nelle sue stanche membra in un unico, letale affondo: la tunica sudicia esplose in un nugolo di brandelli sotto la spinta propulsiva dei calzari infusi di magia del caos, rivelando al di sotto un giaco di maglia tempestato di Warpietre e unghie insolitamente lunghe che guizzarono alla ricerca di un punto scoperto fra le piastre purpuree. I rivali si trasformarono in un ammasso vorticoso e berciante di peli e schegge di metallo, che si sciolse solo quando Sleek afferrò il lungo pugnale ricurvo assicurato alla cintola di colui che un tempo fu il suo pupillo. Dopo averlo rovesciato al suolo con un calcio ben piazzato in mezzo alle scapole, il vecchio gli fu immediatamente sopra, pronto a sgozzarlo con la sua stessa lama: “Arrenditi, infedele-traditore! Obbedisci al tuo maestro!”
Ma Queek sogghignò, per poi lasciarsi andare ad una risata maniacale che fece gelare il sangue di tutti i presenti. Prima che potesse realizzare quanto stava succedendo, l’anziano e invincibile generale, il flagello delle Montagne ai Confini del Mondo, il prescelto di Lord Morsofisso sentì un dolore lancinante alla base della nuca, poi uno strappo netto… e infine, più nulla. Il Mozzateste continuò a ridacchiare mentre se lo scrollava di dosso, osservandone con estrema soddisfazione gli ultimi, pietosi spasmi: il barbiglio aguzzo infilato sull’estremità della coda aveva svolto il suo compito in maniera egregia.
Percepì l’odore caratteristico del suo braccio destro, che in breve lo raggiunse accanto al cadavere: “La frusta caudale ha funzionato-ammazzato, capitano?”
“Sì-sì,”, rispose il guerriero, intento a separare con cura la testa dal corpo del nemico caduto. “ma ora Queek è un Signore della Guerra, ricordatelo bene. E adesso in marcia! Queek deve tagliare-squarciare ancora tanta carne, e bere-versare ancora tanto sangue! Per Lord Morsofisso!”
TI TRADIRÀ, FIGLIO MIO, COME TUTTI GLI ALTRI
Mettiamo subito in chiaro una cosa: Total War: WARHAMMER II, sequel del primo, straordinario excursus di The Creative Assembly nel mondo creato da Games Workshop, è uno splendido ampliamento di quanto abbiamo già vissuto lo scorso anno. Per quanto gli sforzi di differenziare la campagna principale e le varie modalità di gioco siano tangibili, e il valore complessivo dell’esperienza ripaghi abbondantemente della spesa necessaria per entrarne in possesso, è bene avvicinarsi a questo secondo capitolo della prevista trilogia con la consapevolezza che ci ritroveremo fra le mani una formula non rivoluzionaria ma molto ben collaudata. Detto ciò, la differenza più marcata che si apre dinanzi ai nostri occhi è un drastico cambiamento di ambientazione, che ci trasporta dall’oscura reinterpretazione del medioevo europeo del Vecchio Mondo alle terre esotiche e bizzarre di quello Nuovo, brulicanti di smisurate pianure, nauseabonde paludi, giungle rigogliose e catene frastagliate di montagne, a loro volta popolate da razze molto meno aderenti ai classici stereotipi della letteratura fantastica e, di conseguenza, di gran lunga più divertenti da interpretare.
La meraviglia destata dalla possibilità di costruire possenti macchine da guerra ancorate alla tradizione storica, con piccoli ma inconfondibili ritocchi steampunk, viene qui elevata all’ennesima potenza grazie all’eccentricità che caratterizza fazioni come quella degli Uomini Lucertola, in grado di sfruttare come cavalcature, armi d’assedio e bocche da fuoco un variegato assortimento di dinosauri. Viceversa, se preferiamo un approccio meno battagliero e più furtivo possiamo ripiegare sugli Skaven, ratti umanoidi le cui priorità risiedono nell’accumulare quante più scorte possibili di cibo e nel diffondere la corruzione che rappresenta la loro stessa essenza vitale, onde essere poi in grado di evocare possenti ogre o mostruosità abissali. Ma probabilmente la novità più significativa rappresenta la necessità di conquistare non soltanto quanti più territori possibili, bensì anche quella di impadronirsi di un punto nevralgico rappresentato da un gargantuesco vortice magico, innalzato dagli Alti Elfi per proteggere il mondo dall’invasione del Caos, che alcuni eventi accaduti nell’ultimo periodo hanno oltremodo indebolito. Ciascun gruppo deve quindi accumulare una serie di ingredienti specifici per imbastire cinque rituali allo scopo di rafforzarlo o distruggerlo del tutto, quindi collegare e difendere gli insediamenti prescelti per celebrarli. L’impatto più evidente in termini di gameplay consiste nella necessità di correre contro il tempo e, soprattutto, contro le altre razze rivali, perché un approccio pacato e riflessivo finirà inevitabilmente per consentire ad un’altra fazione di concertare i rituali prima della nostra, o di prosciugare potenziali vene ricche di prezioso materiale necessario per la loro esecuzione. E’ inoltre fondamentale prestare attenzione ai movimenti territoriali degli avversari per non restare confinati troppo a lungo nella nostra porzione di mappa, onde evitare che qualcuno a molte miglia di distanza raggiunga l’obiettivo comune senza darci possibilità di intervenire. Il ritmo è insomma molto più incalzante rispetto al passato, il che stimola le nostre capacità decisionali e ci costringe a monitorare la situazione con molta più accortezza.
I comandanti delle nostre armate si evolvono organicamente, avvicinandosi quasi ai personaggi di un gioco di ruolo piuttosto che a semplici figure funzionali per uno scopo ben determinato grazie ai tratti che ne accrescono le competenze di gestione dei centri abitati o delle attività commerciali, mentre alcuni riti ora sono utili per migliorare le attitudini diplomatiche ed economiche delle fazioni, oltre alle loro capacità offensive e difensive. I luogotenenti di alcune razze, come i succitati Skaven o gli Elfi Oscuri, sono anche proni all’infedeltà, dunque sarà nostra cura tenerli impegnati con incarichi adatti alle loro mansioni se vogliamo evitare potenziali atti di ribellione. Fanno poi il loro ritorno le meccaniche associate alla raccolta delle risorse, legate alla costruzione e allo sviluppo degli edifici che, se trascurati, in breve non ci permetteranno più di sviluppare altre unità o di reclutarne di nuove, come pure l’esigenza di intrattenere relazioni diplomatiche con parte dei popoli con i quali condividiamo il territorio: sebbene infatti il titolo promuova costantemente una politica in un certo senso prevaricatrice, ci ricorda al contempo che è sempre bene sottrarsi a conflitti su più fronti. Sussiste in definitiva un senso di progressione lineare e continua: nuove conquiste equivalgono a introiti più abbondanti, che si traducono in costruzioni, attrezzature e reparti migliori, mentre i tratti e le abilità acquisite dai comandanti offrono loro i mezzi per capovolgere l’esito di ogni battaglia.

I NOSTRI OBIETTIVI NON INCLUDONO LA PIETÀ
E, per l’appunto, è proprio durante i conflitti in campo aperto che risalta meglio lo spirito classico di Warhammer: laddove infatti lo strato gestionale e amministrativo tipico dei Total War stride un pochino con lo spirito ampolloso e belligerante che trapela dalla versione cartacea dell’universo firmato Games Workshop, i campi di battaglia esplodono in un tripudio di violenza e anarchia che gli amanti dell’originale hanno imparato ad amare. Sia chiaro, non si tratta comunque di guerre d’attrito dove vince chi schiera le unità più forti in assoluto: è sempre richiesta una pianificazione adeguata per approfittare dei vantaggi offerti dalla conformazione del terreno, per organizzare le classiche manovre a tenaglia con la maggiore efficacia possibile, per ricavare il massimo dalle cariche della cavalleria e delle truppe d’assalto, e per proteggere i tiratori in modo che riescano a sfiancare la fanteria avversaria prima che quest’ultima possa raggiungerli e trasformarli in carne da macello. Trappole, assalti furtivi e imboscate la fanno ancora da padrone e possono aiutare truppe apparentemente svantaggiate a trionfare su reparti meglio armati e corazzati, al netto di eventuali sciagure impreviste come una bordata di artiglieria mal calibrata che finisce per sterminare la nostra prima linea. E qui torna in gioco la squisita eterogeneità delle nuove razze, perché non c’è nulla di più appagante che scatenare una Minaccia Sotterranea degli Skaven, ossia un’orda di feroci roditori che emerge dal sottosuolo, contro una schiera di baliste degli Elfi Oscuri sguarnite delle appropriate difese, oppure dirigere una carica di Guerrieri Sauri, Stegadonti e Bastilodonti verso gli spiegamenti migliori degli avversari, salvo poi tentare di incanalarne le energie verso altri punti della mappa quando cadono preda della Furia. Elfi Alti e Oscuri possono vantare unità un po’ più convenzionali, ma il sapore epico dei conflitti campali in stile Il Signore degli Anelli viene preservato da una vasta gamma di draghi volanti, idre a più teste, cavalieri e streghe fra cui scegliere. Come se non bastasse, le missioni disponibili al di fuori della campagna principale presentano una serie di sfide che richiedono una conoscenza approfondita delle sfaccettature più articolate per essere completate, aumentando ulteriormente la varietà di situazioni affrontabili.
Al pari del predecessore, Total War: WARHAMMER II è uno strategico ricco, profondo e complesso, che pretende notevole dedizione da parte del giocatore per la comprensione di tutti i suoi aspetti ma, al contempo, ripaga gli sforzi profusi con incredibile benevolenza: la classica sindrome da “ancora un altro turno” si manifesta qui con particolare intensità, ed è facile trasformare brevi sessioni di un paio d’ore nella scusa che il giorno dopo dovremo inventare per aver fatto tardi a scuola o al lavoro. Creative Assembly ha anche migliorato l’accessibilità del titolo, corredandolo da una serie di utilissimi tutorial e da un sistema di consigli, solleciti e promemoria che aiutano a gestire tanto la progressione dei nostri eserciti quanto il corretto avanzamento tecnologico di città e strutture. Serve, in buona sostanza, sapersi destreggiare fra un gran numero di aspetti principali e secondari per condurre con successo la nostra conquista del Grande Vortice magico, e questo per non parlare dell’attesa estensione gratuita che consentirà ai possessori del primo Total War: WARHAMMER di misurarsi in un gigantesco mondo di gioco dove tutte le fazioni di entrambi i capitoli interagiscono fra loro in contemporanea, una prospettiva forse non adatta a tutti per la sua portata ma in grado di garantire ore se non giorni e settimane intere di divertimento a quanti avranno l’ardire di affrontarla.